Massimo Recalcati Le mani della madre

Vittoria Longoni

 

Le analisi di Massimo Recalcati (noto psicoanalista di formazione lacaniniana, autore di numerosi saggi) si basano su casi clinici, su interpretazioni di film, romanzi, modelli mitici greci e biblici. A volte, soprattutto nella semplificata versione giornalistica con titoli ad effetto, le sue idee risultano irritanti perché danno un’immagine della maternità tutta sbilanciata sul versante patologico: è stato il caso di un recente articolo su Repubblica sulle “madri narcisistiche” che ha suscitato dibattito e reazioni critiche da parte di giornaliste e non solo.

La recente uscita del suo testo sulla maternità consente di farsi un’idea più approfondita e rende conto di un lavoro di rivisitazione del pensiero lacaniano. Recalcati intende, in modo programmatico e con qualche sforzo, “essere giusto con la madre. Bisognerebbe provare a esserlo.”
Soprattutto la prima parte del libro rivisita quel versante del pensiero lacaniano che sottolinea l’importanza della figura materna ( ovviamente non coincidente di necessità con la genitrice biologica) nel campo della donazione di senso, del sentimento della vita, dell’origine della parola, dell’ attenzione individuata verso la persona del figlio/a, a cui si presenta come il primo volto del mondo. Le mani della madre, a cui il titolo allude e che sono al centro di un particolare ricordo infantile dell’autore, sono un sostegno indispensabile per non cadere nell’abisso della mancanza di significato e nell’irrilevanza.
L’attesa materna è una struttura del desiderio che dura tutta la vita e che, proprio in quanto desiderio di libertà e di trascendenza, fonda la proiezione del desiderio del bambino/a verso l’apertura del mondo: “Per quanto, infatti, la madre si trovi investita di un potere assoluto nei confronti del figlio, è lei stessa che opera perché il figlio, pur continuando a sentirsi accudito, possa guadagnare la sua autonomia.
E’ la madre- la sua disposizione all’attesa- la prima forma di sublimazione della madre; non è necessario invocare il padre come colui che libera il figlio dalla sua presa asfissiante – come è sostenuto dalle dottrine più classiche della psicoanalisi- perché esiste una sublimazione materna che anticipa, per così dire, quella paterna (p.33)” E, a proposito della metafora lacaniana della “madre-coccodrillo” divorante e ingabbiante, Recalcati sottolinea che “ il paletto tra le fauci del coccodrillo, necessario al desiderio della madre perché esso non diventi incestuoso, non riproduce una versione repressiva e puramente disciplinare (o patriarcale) della Legge autoritaria del padre, ma l’esigenza che la libido della madre non venga sequestrata tutta dal figlio… In questo senso il desiderio femminile è già una specie di Nome del Padre che interviene come agente della separazione sul desiderio incestuoso della madre. La donna che non si esaurisce nella madre mostra al figlio che il suo desiderio è preso in un aldilà, è rivolto altrove, attirato da un’incognita che non coincide con il figlio stesso” (p. 120)

Riflessioni importanti che possono ricollegarsi a un dato che conosciamo bene, il desiderio di essere madri accompagnato dal desiderio di non essere solo madri, il quotidiano e fecondo ( e a volte tragico) conflitto tra la madre e la donna, che genera inquietudine e ricerca del nuovo anche nel figlio/a.
Secondo Recalcati si è passati da una prevalenza della patologia materna legata a una insufficienza del desiderio della donna (che viene risucchiata tutta dalla madre e che rischia di risucchiare il figlio/a) a un riscontro attuale di maggiore inquietudine desiderativa della donna che vive con difficoltà e insofferenza il ruolo materno. Qui sta il fondamento della definizione patologica di “madre narcisistica”.

Sulla difficoltà di essere insieme madri e donne libere, senza sacrificare il desiderio materno ma anzi rendendolo più autentico, abbiamo , e potremmo raccogliere, un vastissimo materiale di testimonianza e di autocoscienza, da accompagnare con le necessarie analisi dei vari contesti storici e socioculturali. E questo lavoro ci porterebbe a conclusioni più complesse, più ricche e più nuove di quelle che Recalcati distilla dai suoi casi clinici e dalla interpretazione di film e modelli mitici.
In fondo si tratta di una limitatezza delle sue fonti, a cui si accompagnano i limiti di una teoria e di una pratica psicoanalitica che, nonostante gli sforzi benintenzionati dell’autore, mantiene ancora la sua impronta patriarcale nelle metafore ( madre- piovra, coccodrillo, chioccia, vampiro, ecc. : chi ha mai designato il padre, per quanto criticato, con immagini così animalesche?) , nelle sue parole chiave (il “ Nome del Padre” per esempio) e in chissà quanti altri risvolti ancora da esplorare.

 

Massimo Recalcati, Le mani della madre
Desiderio, fantasmi ed eredità del materno
Feltrinelli 2015

 

21-05-2015

 

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