Lettera a Pier Paolo Pasolini di Carla Lonzi



© Fondaz. Jacqueline Vodoz e Bruno Danese
 

21 gennaio 1975

Caro Pasolini,

nel tuo articolo sul “Corriere della Sera” ‘Io sono contro l’aborto’, scrivi: “Non mi risulta che gli abortisti, in relazione al problema dell’aborto, abbiano messo in discussione tutto questo”. Io  e le donne del gruppo femminista cui appartengo l’abbiamo fatto e abbiamo pubblicato gli scritti in proposito, che però sono passati completamente sotto silenzio. Gli abortisti, come li chiami, non hanno mostrato di prenderci in considerazione.

Eppure non ci siamo pronunciate contro la libertà di aborto – che rispecchia, sono d’accordo con te, una tappa obbligata del patriarcato che si rinnova per sopravvivere, e in questo senso noi di Rivolta Femminile non abbiamo mosso un dito, ma abbiamo posto dal ’71 il problema della presa di coscienza su ciò che l’aborto legale sottintende: la consacrazione del coito. Il nostro obbiettivo non era negare la libertà di aborto, ma cambiare il suo significato nella coscienza di chi continuerà a subirlo, anche libero, la donna, e a imporlo, una cultura se non vogliamo dire l’uomo.

Il tuo articolo l’ho letto con partecipazione, come se senti la voce di un fratello, e con l’amarezza di constatare che il fratello continua ad arrivare prima della sorella a farsi ascoltare. Non ti dico questo per vittimismo o per sminuire quello che hai pensato e scritto con autenticità, ma perché non voglio lasciare incompleto il gesto di fiducia che faccio a mandarti questa lettera. Da tempo sentivo crescere questa fiducia e adesso ho l’occasione di manifestartela.

Per la verità devo aggiungere che questo tipo di lotte “ritardate” hanno smesso di spingerci verso impostazioni rigide e perciò ritardate. Non possiamo aspettare chi tarda, così andiamo per la nostra strada  e tutto è molto più libero. Con affetto

Carla Lonzi

 

 

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