Lourdes
                
              di Curzio Maltese 
  
              
                  
                
                
                
              
               
              «Lo Spirito Santo propone alla Madonna di fare un viaggio: "Andiamo a G e r u s a l e m m e ! " "Ma no, ancora Gerusalemme..." "Allora   andiamo a Lourdes" E la Madonna: "Fantastico, non ci sono mai stata!"». 
                E'   questa l' unica battuta di Lourdes, film sinistro e solenne che ha scatenato l'   applauso della critica all' ultima Mostra di Venezia. Girare un film nei   santuari dei miracoli, in particolare a Lourdes, non è un' impresa semplice. 
                
                La   Chiesa esercita un feroce controllo dell' immaginario legato ai viaggi della   speranza e il mercato pullula di fiction e documentari celebrativi. La giovane   regista Jessica Hausner ha impiegato un anno per convincere le autorità   ecclesiastiche a concedere i permessi per filmare i luoghi sacri. Vi è riuscita   sulla base di una sceneggiatura in apparenza devota, una storia che racconta un   mezzo miracolo e una mezza conversione di una scettica visitatrice. 
                
                E' proprio   vero quanto sosteneva Karl Kraus. Il potere censura soltanto la satira che   riesce a capire. Lourdes non è un film dichiaratamente ateo e anticlericale. Lo   è nel profondo e in maniera definitiva. 
                
                La storia che si è meritata i permessi   delle autorità religiose racconta il viaggio di Christine, interpretata dalla   brava Sylvie Testud, una giovane afflitta da una malattia crudele, la sclerosi a   placche, che la rende del tutto dipendente dalle infermiere, anche soltanto per   portare la forchetta alla bocca. 
                
                Sylvie arriva a Lourdes piena di dubbi, non è   particolarmente credente, ripete di preferire «gli itinerari culturali, Roma per   esempio». A Lourdes esiste una sola cultura, quella del miracolo. Ma sarebbe   meglio dire che esiste l' industria del miracolo. 
                
                Lo sguardo di Jessica Hausner   è pietosamente perplesso come quello di chiunque, senza una solida fede, si   addentri nel mistero del santuario sui Pirenei. Si sofferma sui dettagli, l'   atmosfera surreale dei luoghi, dei riti. I megastore dove si vendono souvenir   benedetti, dalle vetrine in tutto simili a quelle dei grandi centri commerciali.   Il pellegrinaggio verso la fontana di un' umanità dolente che spesso va e torna   a Lourdes per tutta la vita, fino alla morte, nell' attesa del miracolo. 
                
                Le   belle infermiere che, finito il duro lavoro, flirtano nei bar fino all' alba con   i militari e gli accompagnatori. Lo squallore degli alberghi, peraltro   carissimi, che mantengono spesso la promessa del nome: La Solitudine, La   Penitenza. In questa via crucis di giorni tutti uguali si agitano i sentimenti   di malati, parenti, accompagnatori, che non sono sempre improntati al messaggio   evangelico. 
                
                L' accidia di molti, l' ira di qualcuno, la superbia degli addetti   alla manutenzione del culto, l' invidia di quasi tutti per chi è misteriosamente   colto dal dono della guarigione. La giovane Christine attraverso tutto questo   con muta e vaga curiosità di turista. Fino a che non cominciano a manifestarsi   progressivi segnali di miglioramento. 
                
                Un dito, una mano, una gamba, la   meravigliosa sensazione di poter tornare a camminare. Perché a Lourdes,   nonostante tutto, i miracoli accadono davvero, sono sempre accaduti. Nessuno è   mai stato capace di spiegarne le ragioni, non la scienza né la statistica, né   gli studiosi atei del fenomeno, ma neppure i religiosi. 
                
                E' un mistero divino,   oppure tutto umano, chiuso dentro un cervello di cui ancora sappiamo così poco.   Ognuno può scegliere l' interpretazione che vuole. Christine si limita a gioire   della scoperta di una nuova vita, volando sopra la gelosia degli altri malati.   Che si materializza in maniera quasi fisica quando Christine riceve il premio   per «il miglior pellegrino dell' anno».
                
 
                Un premio che esiste nella realtà e in   modo sempre poco cristiano non premia il pellegrino più assiduo e devoto, ma   soltanto chi ha avuto successo, insomma il miglior miracolato, come le lotterie.   Il lieto fine della storia ha un sapore ironico e irrisolto. 
                
                La Hausner è   austriaca come il grande Michael Haneke, di cui condivide la passione per i   finali ambigui. Forse Christine non è guarita davvero e gli evidenti progressi   sono temporanei, come spesso accade ai miracolati di Lourdes. Forse nessuno   guarisce davvero, che è una tesi più filosofica. 
                
                La scena del ballo finale   conserva una grazia misteriosa, come tutto il film. Lourdes è il genere di film   destinato a piacere molto alla critica internazionale, che infatti lo ha   premiato a Venezia, e meno al pubblico pagante.
                
 
                L' Istituto Luce che lo   distribuisce forse punta sul malinteso già fatale alle autorità religiose di   Lourdes, nella speranza di catturare un pubblico cattolico allenato al tema da   innumerevoli e terrificanti fiction televisive. Il business dei miracoli del   resto è sempre fiorente, come sanno non soltanto i preti, ma anche i politici, i   finanzieri e i bookmakers. Tutti mestieri che, con il tempo, tendono a diventare   uno solo.