Antenate mitiche, guerriere e maghe:
i Celti d'Irlanda
di Luciana Percovich

Il mito di Macha

Macha vuol dire potente - contiene la radice indoeuropea mah - ed è una manifestazione di Epona; in lei troviamo la sintesi del potere femminile di generare e la sintesi della forza e della velocità del cavallo. Quindi ha in sé l'elemento che possiamo leggere come più antico e l'elemento importato indoeuropeo. La sua storia ha quattro momenti.

La prima volta che si manifesta è quando la foresta copriva tutta la terra e allora arriva Macha e con la sua ascia - vien da pensare all'ascia bipenne cretese - pulisce il terreno per far pascolare gli animali e far crescere il grano: non tanto quindi una dea creatrice ma un'antenata mitica che prepara le condizioni perché il suo popolo, il suo clan possa prosperare.

Più avanti nel tempo, sulla terra che lei aveva ripulito e preparato si sono insediati due fratelli, Cimbaeth il cattivo e Dithorba il crudele, che pretendono di governare, ma in realtà hanno portato disordine e carestia. Come in Cina, quando dall'età della Grande Purezza si cade nell'età del Grande Caos e la dea Qua Nin deve ritornare per rimettere ordine nel caos, Macha li caccia via e regna per sette anni.

Ma i cinque figli di Dithorba ritornano e reclamano il trono, fanno capire che non se ne andranno facilmente e piantano le tende nel bosco vicino. Allora Macha si trasforma in una lebbrosa e va di notte nel campo dove si sono accampati i cinque fratelli che, alla vista della lebbrosa, si tirano da parte e tuttavia la accolgono malvolentieri accanto al fuoco. A un certo punto finisce la legna da bruciare ed il più giovane la porta con sé a far legna. "Ritenendola una sempliciotta", quando sono vicini ad una quercia le salta addosso, la tiene ferma contro il tronco dell'albero ma subito dopo si ritrova ad abbracciare l'albero. Legato all'albero, non più capace di liberarsi.

Macha ritorna con la sua veste di lebbrosa vicino al fuoco, dice agli altri che il fratello minore si vergogna a ritornare perché le ha fatto violenza ed ora si vergogna per averne abusato. Ma dopo un po' ecco che succede la stessa cosa col secondo fratello, e poi col terzo, il quarto e il quinto, finché ognuno si ritrova legato all'albero. E mentre sono così legati, li istruisce insegnando loro con pazienza e calma che non andava bene quello che avevano fatto e come dovevano comportarsi.

Li istruisce talmente bene che i cinque diventano suoi devoti e costruiscono in suo onore il tempio Emain Macha in cui restano per sempre. Ancor oggi esistono due località in Irlanda che si chiamano uno esattamente Emain Macha, ed è un piccolo villaggio, e l'altro Armagh, importante centro dell'Ulster che fu sede di uno dei più grandi conventi in epoca cristiana.

Nella sua quarta apparizione, l'ultima, decide di tornare come una povera contadina e mentre gira in cerca di ospitalità la accoglie nella sua casa un giovane vedovo, Crunnchu. Le offre da mangiare e allora lei si dà da fare in casa, riordina, sistema e lui le dice che bello avere di nuovo qualcuno in casa che mi fa da mangiare e mi tiene le cose a posto e le propone di restare con lui e di sposarsi. Lei accetta perché sta bene con lui, è simpatico e gentile, passano giorni come istanti, ma un certo punto lui vuole un figlio.

Macha accondiscende ed il suo corpo diventa grosso di nuova vita. Nonostante il pancione, la vede muoversi con tale agilità e soprattutto correre come se i suoi piedi non toccassero terra. Proprio a questo punto gli capita di dover andare a corte per certi affari suoi, e là dopo aver bevuto quattro cinque sei birre comincia a vantarsi di questa moglie così incredibilmente agile e veloce che, dice lui, sarebbe sicuramente in grado di battere i cavalli del re.

La corte è quella del re dell'Ulster, nel nord dell'Irlanda. Una parola tira l'altra, un bicchiere tira l'altro, scommettono e lui scommette la sua testa che Macha saprà vincere i cavalli del re. Torna a casa e deve dire a Macha in quale situazione l'ha messa. Macha non crede alle sue orecchie, teme per il figlio che ha in grembo, chiede di rinviare. Ma non è possibile, ne va della sua vita. Allora lei va dal re dell'Ulster sperando che la gente a corte, vedendola in quelle condizioni, la rimandi indietro, ma invece la gente cresce di numero, sono già più di mille e tutti ridono e sghignazzano, e volano le scommesse e i boccali di birra. Conchobar, il re, offeso dall'ardire di chi ha osato mettere in dubbio la superiorità dei suoi cavalli, dà il via alla corsa.

Coi suoi bronzei capelli d'ambra che ondeggiano nel vento come una criniera, Macha taglia per prima il traguardo. Ma subito casca per terra e partorisce due gemelli; e mentre li tiene in braccio, uno da un lato e uno dall'altro, lancia una maledizione terribile su tutti gli uomini dell'Ulster per il loro orgoglio e la loro insensibilità: per nove volte nove generazioni - il numero più magico che c'è - avrebbero sofferto tutti come nelle pene del parto. E detto questo gira loro le spalle e coi gemelli abbandona per sempre l'Ulster.

Voce profetica per la storia successiva dell'Ulster, dove sembra che la maledizione di Macha ancora oggi non sia finita.