Il ritorno della polizia medica

di
Maddalena Gasparini


Elin Danielson


E’ nella seconda metà del ‘700, nella Lombardia austriaca di cui era direttore generale alla sanità, che Johann Peter Frank (1745-1821), medico viennese, avanza la proposta di schedatura delle donne gravide: “La donna gravida –scrive infatti nel trattato di igiene e sanità pubblica “Polizia Medica”- non è più semplice moglie del cittadino, ma in un certo modo proprietà dello Stato”.

Questa nota deve aver ispirato gli estensori delle proposte di legge di riforma dei consultori, “una riforma che ne faccia lo strumento con cui lo stato e le istituzioni proteggono il diritto alla vita … escludendoli dall’iter abortivo, attribuendo loro soltanto funzioni di consulenza … Lo Stato, conclude Carlo Casini, nel momento stesso in cui rinuncia a punire l’aborto, non rinunci a difendere il diritto alla vita”. Scorrendo i quotidiani che han dato conto del disegno di legge elaborato dal Forum delle Associazioni Familiari e appoggiata dal Movimento per la Vita, sembra di capire che il meccanismo proposto per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza sia che il medico cui la donna si rivolge per avere la certificazione necessaria, dovrebbe segnalare il caso al consultorio che a sua volta chiamerà la donna. Per fornire la consulenza di cui sopra!

Una schedatura insomma delle donne che vogliono interrompere la gravidanza, quando già l’art 2 della legge 194 prevede che nei consultori esista un servizio d’aiuto e consulenza per le donne il cui desiderio di portare a termine una gravidanza si scontra con difficoltà oggettive e soggettive.

Per quanto la legge subordini alla certificazione medica e alla successiva attesa di sette giorni il diritto della donna di essere assistita nell’interruzione volontaria di gravidanza, l’assenza di un percorso preordinato e la possibilità di rivolgersi a un medico di propria fiducia (art 4) ha garantito alle donne un uso liberale della legge, l’assistenza gratuita e nello stesso tempo, laddove lo desiderassero, l’opportunità di spazi di riflessione ulteriore.

Falliti tutti gli attacchi frontali alla legge 194, questa pretesa, giunta a ridosso della richiesta di far entrare nei consultori quali consulenti i militanti del movimento per la vita, è l’ultima tappa di una strategia di accerchiamento che ha accreditato consultori privati, per lo più cattolici, ha sostituito i medici dei consultori con medici ospedalieri (attenti piuttosto alla malattia che disposti a una relazione d’ascolto su tematiche sessuali e riproduttive), ha usato il turn over lavorativo per assunzioni a breve termine o contratti a progetto, minando alla base la continuità di cura e una progettualità di medio o lungo periodo.

Favorire lo svuotamento se non il degrado di luoghi e istituzioni per poi chiederne la chiusura o la revisione è una strategia consolidata della destra, che nei consultori ha trovato come unici ostacoli la passione di chi vi lavora e alcuni progetti innovativi legati ai cambiamenti del contesto sociale: per esempio la presenza nelle scuole, l’introduzione della mediazione linguistico-culturale per la messa a punto di un percorso materno-infantile per le donne straniere. Non nego dunque che nei consultori come nell’attuazione della 194 ci siano mancanze o insufficienze; mi ribello all’idea che ad esse si risponda con un’ideologia nemica della libertà.

Nell’ormai lontano 1981, in un introvabile libricino Laura Conti scriveva: “le dicono, sei un’assassina; la tormentano per farsi, del suo tormento, uno scudo”. In quella fragile congiuntura in cui si sente cambiare il proprio corpo ma non ci si sente pronte ad accompagnare la trasformazione che fa nascere un’altra vita, pretende di intervenire chi sostituisce al riconoscimento che si nasce solo se una donna lo vuole, l’intimidazione nei confronti di chi vuole abortire.

Chiamano cultura di morte la libertà di decidere del proprio corpo, di scegliere quale vita. Sembra riguardare solo le donne, ma è la stessa libertà di scegliere quali preferenze sessuali, quali convivenze, quali trattamenti medici, quali cure per la malattia, quale morte se ormai inevitabile.

Questo ennesimo attacco alla libertà femminile riguarda gli uomini non meno che le donne.

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 29  novembre 2005