Cocktail
d'amore
presentazione
di Monica Maggi

Monica
Maggi
QUANDO
UNA PAROLA VIENE PRONUNCIATA, ALLORA COMINCIA A VIVERE (EMILY DICKINSON)
E quindi
se si dice LESBICA, si accetta e si definisce l'esistenza di un SOGGETTO
LESBICA.
COCKTAIL
D'AMORE è il libro che si aspettava, che aspettavo.
Quando CAPITAL, mensile della Rizzoli di taglio e target prevalentemente
maschile, mi affidò a settembre 2004 un'inchiesta, partendo dal
fenomeno glamour del seriale THE L WORLD, sorta di SEX AND THE CITY tutto
vissuto, raccontato e interpretato da lesbiche, mi trovai seriamente in
difficoltà.
Contarle,
incontrarle, raccontarle: dovevo avvicinare e scrivere delle lesbiche.
Potevo forse parlare di me, ma non sarebbe servito né bastato.
Che ci fosse una ricerca del CLI, data 1985, con un censimento iniziato
con 500 copie (e un ritorno di 70) non sapevo nulla.
Vent'anni fa avevo 26 anni, e un libro così era ancora lontano
da immaginare.
Perché lesbica, nell'opinione eterosociale, era una donna che andava
a letto con le donne, e basta.
Invece lesbica, nella mente di chi manifestava e lottava con dolore e
rabbia, era una donna che nuotava con difficoltà in un mondo ancora
contro.
E oggi?
Il libro mi fa venire in mente tre aggettivi: rassicurante (per gli etero);
chiarificatore (per le donne); impegnativo (per le lesbiche).
RASSICURANTE
Nelle sue intenzioni COCKTAIL, rivolgendosi al mondo etero, colpisce.
Bene, fino in fondo, con chiarezza e tranquillità, e forse è
TROPPO rassicurante.
Le lesbiche devono ancora mettere paura, devono spaventare, devono essere
(in parte) quello che sono state le femministe: le streghe. Le lesbiche
devono destabilizzare, e mi piace molto il fatto, chiaro nel libro, che
essere lesbica è un modo per sfuggire al potere e alla classificazione
del potere.
Una lesbica è colei su cui non possono essere applicati schemi
e stereotipi maschili. Spesso non è una donna che fa solo sesso
con le donne, non è brutta, anzi. E' intelligente, realizzata professionalmente
e, soprattutto, non aderisce allo schema prioritario: la riproduzione.
Però questo libro le conta. Sono 700, 700 soggettività che
non legano assieme sesso biologico, genere e scelta sessuale. Cani sciolti,
individui che (con dolore e difficoltà) hanno sovvertito le regole.
Quella secondo cui un individuo di sesso femminile deve appartenere al
genere femminile e quindi deve amare un uomo.
Credo che il contesto eterosociale debba leggere questo libro, assorbirne
profondamente numeri e risultati, e poi interrogarsi su stereotipi, figure
macchiettistiche, immaginario trasgressivo o colpevolizzante.
CHIARIFICATORE
Ricordo quando tanti anni fa me ne andai, solitaria e perplessa, al Mario
Mieli cercando una risposta alle mie nebbiose domande.
Imporre su me stessa la definizione lesbica era insultante e repellente.
Ma un dato era certo: mi stavo ponendo domande. Nessuno a rispondermi.
Il massimo che si potesse auspicare era l'orgasmo, e se averlo era una
speranza, capire con CHI era addirittura una chimera.
Perché poi alla fine questo era una lesbica: una deviata, una che
mandava all'aria l'investimento della famiglia, una che svergognava il
buon nome e che deludeva aspettative. Tutto il resto di una persona, tutte
le qualità, gli attributi, le doti (o i difetti) venivano in secondo
piano. Alla fine era l'orientamento sessuale che comandava e definiva.
E' vero, come dice il libro, che ad una donna che si intuisce lesbica
(e poi chiarirò perché dico INTUIRE) veniva affidato (oggi
meno di prima, ma con maggiori sfaccettature) un compito doppiamente doloroso:
smontare pezzo per pezzo la struttura imposta di lesbica, per ricostruirla
e affermarla in modo tale che l'orientamento sessuale non diventi un parametro
di giudizio e di classificazione.
Perché non si fa la stessa cosa per gli obesi? E per le persone
alte? E per quelle bionde? Chi si interessa di loro? Eppure un obeso magari
potrebbe imporre il suo stile di vita in maniera più incisiva e
prepotente di una lesbica.
Perché alle persone dovrebbe interessare chi amo? E' vero, potrebbe
NON interessare, ma deve interessare nel momento in cui il mio essere
lesbica diventa un modo di lottare contro il predominio maschile, e contro
gli stereotipi che schiacciano il mondo femminile.
Le donne ch'eleggeranno questo libro troveranno altre donne come loro,
e diverse da loro. Un mondo di individualità e differenza nell'uguaglianza
dell'essere donna.
IMPEGNATIVO
Le lesbiche non sono libere, non più di prima. Anzi, prima c'era
il sostegno politico a dar loro forza. Forse oggi sono più visibili,
e magari solo in certi locali e in certe situazioni. Si è libere
se si aderisce a degli schemi che vogliono le lesbiche belle, intelligenti,
affermate. Oppure esattamente al contrario. Quello che da una parte può
essere una rassicurazione per il mondo etero, diventa una gabbia per le
lesbiche. Libere di essere accettate. Perché essere accettate?
Non si è portatrici di malattia, e non bisogna dimostrare di essere
vaccinate e non contagiose.
Perché la lesbica deve aderire ad una figura che tranquillizzi?
Se una lesbica accetta di vestirsi da femmina, lo fa perché ha
il desiderio di farlo, e magari per la sua compagna. In questo modo non
scimmiotta il mondo maschio - femmina, ma risponde ad un desiderio di
piacere e compiacere alla persona amata, e di sentirsi più attraente,
secondo canoni individuali.
E' significativo che dal 1985 ad oggi, ci sia una paura, un'ostilità
e una rimozione del proprio lesbismo per paura di aderire ad una figura
che non ci piace e che non ci appartiene. Come se essere lesbica fosse
solo portare pantaloni ed essere mascoline, quando invece sono peculiarità
generalizzate.
Anche l'alta percentuale di donne che si sentono di non poter vivere apertamente
il lesbismo potrebbe corrispondere a questo rifiuto.
Questa è una ricerca che per assurdo, potrebbe finire con l' essere
rassicurante per gli etero e destabilizzante per le lesbiche.
Potrebbe, ma non deve, se si imbocca (come mi auguro) una strada ben precisa.
Se è pur vero che l'orientamento sessuale non deve essere una discriminante,
è altrettanto vero che in questo caso la "differenza"
(termine volutamente provocatorio) deve invece essere impugnata per camminare
verso una consapevolezza.
Non si può affidare la crescita dei coming out a personaggi noti,
non si può lasciare che il disinteresse politico ricada anche sul
lesbismo e sul femminismo. E non si può lasciare che le donne discriminino
le altre donne lesbiche o quelle che stanno cercando di individuarsi.
Non si può lasciare che si giudichi secondo parametri maschili.
Il rifiuto di una donna del proprio lesbismo, perché ha davanti
a sé un profilo di lesbica butch, ad esempio, è quantomai
irrispettoso e umiliante. Il lesbismo è qualcosa che si avverte,
e faticosamente emerge (non è un caso che la consapevolezza piena
arrivi intorno ai 40 anni). Ad una donna come una butch va riconosciuto
il merito di aver osato portarsi addosso questa dichiarazione e questa
manifestazione di sé. Far conoscere il lesbismo.
E' vero quindi
, che non è giusto giudicare per l'orientamento sessuale, ma è
altrettanto doveroso rivestire di politico un fatto altrimenti solo privato.
Frammentarsi vorrebbe dire rituffarsi in un mondo di specchietti creati
da uomini per la rassicurazione del potere.
Roma, 29/4/2005,
sede del Coordinamento Lesbiche Romane.
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