Marte alle donne
di Ennio Caretto

 


"Man on Moon, woman on Mars”, l’uomo primo sulla Luna, la donna prima su Marte.
Questo slogan echeggia nei corridoi della Nasa da una decina di anni, da quando l’esplorazione dello spazio diventò in America - incredibile ritardo! - una “equal opportunity” per entrambi i sessi. La svolta fu nel ’99 quando per la prima volta una donna, Eileen Collins, colonnello dell’aeronautica militare, al suo terzo volo comandò lo shuttle Columbia. Al momento lo slogan è solo un sogno: al più presto, la missione americana su Marte partirà dopo il 2030. Ma riflette l’irresistibile ascesa femminile all’interno della Nasa. L’America potrebbe perdere la corsa contro la Russia al pianeta rosso, ma non la corsa a mandarvi una donna. Dice la stessa Eileen: «Una russa, Valentina Tereshkova, fu la prima in orbita nel XX secolo. Una ragazza americana ora sconosciuta sarà la prima su Marte nel secolo XXI». Non è una guasconata, non fosse altro perché in Russia le astronaute sono temporaneamente in panchina.

Che la Nasa voglia dare spazio alle donne è innegabile.
Due anni fa, due sue astronaute guidarono due simultanee missioni, un evento senza precedenti: Peggy Whitson la Stazione spaziale internazionale orbitante intorno alla terra, e Pam Melroy lo shuttle Discovery che vi attraccò. E un “dream team” femminile, di cui fa parte anche la prima nera in orbita, Mae Jemison, è immerso nei preparativi per la colonizzazione della Luna, che nei progetti della Nasa incomincerà nel 2020. Un’impresa storica, il preludio alla conquista di Marte, anche se fosse ancora lontana mezzo secolo. Dalla base lunare, dotata di una centrale atomica, con decine di astronauti, tecnici e scienziati di entrambi i sessi, partirebbe infatti la sonda per il pianeta rosso. La Nasa ha ripreso l’esplorazione della Luna pochi giorni fa, dopo un quarto di secolo, con un “lunar recorder” che la sta circumnavigando per mapparla km per km, e con un “crater observer” che vi atterrerà in modo da analizzare la composizione del terreno e della polvere, potenzialmente nocivi a esseri umani e macchine. A cavallo del Settanta, l’esplorazione della luna fu condotta solo da uomini, dieci oltre Neil Amstrong e Buzz Aldrin, i primi due.

Ma il “Constellation program” della Nasa per la base lunare e il volo su Marte include donne come Jennifer Heldmann, una studiosa della Luna, e Barbara Cohen del “Marshall space flight center», che lavora con il robot Spirit attualmente su Marte. La Cohen è categorica: «Impossibile che in un volo verso Marte non figuri alcuna donna». E con una risata: «E non facciamo battute tipo: attenti, una donna al volante sul pianeta!». Scherza anche la Heldmann: «Nel gennaio 2008, in una foto pervenutaci da Marte si vide una sagoma femminile. Probabilmente una roccia, oppure un’illusione ottica, ma di buon auspicio». Che un giorno atterri un equipaggio misto o no - Buzz Aldrin parla di due soli astronauti su Marte, “Adamo ed Eva” - il “Constellation program” è una grande rivincita per le donne Usa.

Negli anni Sessanta, una loro équipe capeggiata da Geraldine Cobb, asso dell’aria, venne sciolta senza alcuna spiegazione. Solo nell’84, quando Sally Ride cavalcò lo shuttle Challenger, esse salirono nello spazio. E anche le donne hanno pagato con la vita la loro passione: nel disastro del Challenger dell’86 perirono con il resto dell’equipaggio Judith Resnik e una maestra, ospite a bordo, Christa McAuliffe. Le loro eredi vogliono dedicare alla loro memoria la colonizzazione della Luna. E ciò che verrà dopo.


pubblicato su "Il Corrieredella sera" 2 luglio 2009