Donatella Massara Un passettino avanti o due indietro


di Donatella Massara

E' molto giusto quanto detto da Sara Sesti: il potere e i soldi sottraggono alle donne l'autorità per decidere come continuare a fare una ricerca della quale sono una parte essenziale.
Se  i dati sono i dati e dicono che le donne sono escluse dai posti decisionali della ricerca scientifica è pur vero che sono le donne da interrogare in altro modo perché emerga
qualche cosa di diverso dai pregiudizi inevitabili con i quali misuriamo il tempo nostro.
Vorrei discuterne per capire: 1. che cosa le donne dicono di sé, 2. che cosa vogliono dal lavoro
Per quanto riguarda il primo punto, io mi domando perché le donne parlino di discriminazione e molto spesso non dicano che non condividono l'organizzazione del lavoro.
La questione è complessa. C'è un atteggiamento di auto-svalutazione e una difesa che serve a individualizzare le donne. Dirsi che non si sa è anche un modo per creare una falsa unità fra le donne e attutire la competizione. Non sempre per modestia ma anche per smussare l'inevitabile slancio alla perfettibilità sollecitata dall'emulazione. Se sottraggo il modello di perfezione o faccio vedere quanto ne sono distante evito anche l'incentivo a perfezionarsi.
Faccio un esempio ho appena avuto la bocciatura al concorso ordinario di filosofia dopo che avevo vinto il primo dieci anni fa. Le mie colleghe che giuravano di non sapere niente e di avere passato gli anni a allevare bambini sono passate con voti altissimi inspiegabili anche per loro stesse. Anche in altri campi mi succede di avere a che fare con donne che danno un'immagine di sé abbastanza falsata rispetto a altri parametri di valutazione.Allo stesso tempo queste donne rimandano un'immagine debole. Non imputabile a loro personalmente ma al riflesso dell'autorità femminile nella società. Come se quell'immagine di debolezza della mia collega si riflettesse da lei su di lei mescolando insieme piatti da lavare e pannolini su una insperata cattedra di filosofia. Come dare autorità a queste donne? Lia Cigarini dice: riconoscendo alle donne il di più relazionale che portano sul lavoro. Ma questo di più relazionale si riflette positivamente sulla situazione di altre donne ? La mia amica ha vinto la cattedra e io ? Riconosco autorità a lei quando se passa per meccanismi così incontrollabili e riconosciuti come erranti ?

Passo ora al secondo punto. Ho insegnato fino all'anno scorso filosofia e storia e quest'anno ho una sospensione sia decisa da me che non. Sono stufa di fare la portabandiera del pensiero e del discorso maschile. Mi sono a suo tempo anche molto identificata nella filosofia. Qualcosa resta fuori. E' il mio interesse profondo e libero per la storia e il pensiero femminile.
Oggi sono quindi molto insoddisfatta di un lavoro che mi dà soldi, discrete relazioni, interessi stimolanti ma che non corrisponde esattamente a quello che ho costruito  in questi anni,
Anch'io dunque sono come le donne che dicono di amare il lavoro e la scuola luogo di relazioni e via dicendo. Al piacere della famiglia che per alcune è causa di distacco dal lavoro quando promette carriera e soldi e potere ho una terzietà che mi fa da ostacolo nel lavoro; è il l piacere di stare liberamente fra donne e di dedicarvi il mio tempo. Mi è stato suggerito di passare a ordini di scuola dove ci sono solo ragazze. Ecco che allora subentra l'organizzazione del lavoro che è penalizzante. Bisogna ritagliarsi spazi in mezzo a resistenze femminili e indifferenza se non ostacoli maschili
Forse c'è qualche vantaggio con la politica delle donne. Forse se le donne stanno quasi tutte fuori dalle ascese di carriera, c'è proprio solo un pezzettino di individualità che fa essere alcune piu' brave di altre per quello che abbiamo fatto o facciamo sul lavoro. Rinunciamoci e riconosciamoci reciprocamente. Oltre la disparità quale disparità ? Se si confondono  i limiti fra  discriminazione, minore capacità eventuale e  non volontà di partecipare a progetti non condivisibili, a mio parere si esce dal giudizio di merito. Questo è molto difficile perchè per le donne  il lavoro è un luogo di riconoscimento che vale con i meccanismi con i quali si propone – nello stesso tempo questi meccanismi sono quelli che vengono lasciati a altre persone (donne  inquadrate, maschi decisionisti e competitivi) -. E' una contraddizione. Quindi per affrontare la domanda del punto secondo: le donne vogliono e non vogliono il lavoro così come è. Alcune hanno tentato di cambiarlo con soluzioni individuali e con altre.
Io dico che comunque la vita delle donne è determinata da aspetti presi insieme alla terzietà rappresentata da: politica delle donne, piaceri soggettivi, figli che fanno inevitabilmente da ostacolo alla carriera. In questa carriera si gioca invece – come sappiamo- la competizione maschile, che vuol dire fra uomini. Uomini che si amano e si odiano. Ma questo aspetto a me non interessa. invece mi riguarda che fra donne ci siano delle scommesse. Non ho paura di dire: altrettanto forti non uguali a quelle degli uomini. Scommesse per le quali la terzietà rappresentata da figli, famiglia, politica, piaceri soggettivi sono elementi cardine del gioco. Forse, questo è il mondo che abbiamo davanti; per riconoscerlo: fare un passettino avanti o due indietro: è lo stesso, tanto la terra è tonda