«Mauritania, dopo il golpe sono arrivate le quote rosa»
di Stefano Liberti
 

Intervista a Mehle Mint Ahmed, ministra della cultura, della gioventù e della famiglia della Mauritania

Con il suo abito rosso sgargiante, tipico della donne arabe della Mauritania, Mehle Mint Ahmed - ministro della cultura, della gioventù e della famiglia - si trova in una strana posizione qui al convegno di Bamako: rappresenta un paese catapultato improvvisamente dal livello più basso di tutta l'Africa occidentale in campo di promozione delle pari opportunità, a una vera e propria posizione d'avanguardia.

La giunta militare arrivata al potere con il colpo di stato del 3 agosto 2005 e presieduta dal colonnello Mohammed Ould Vall - la cui permanenza al potere scadrà il prossimo 11 marzo, con le elezioni presidenziali che concluderanno la transizione - ha approvato una legge che prevede quote obbligatorie di rappresentanti femminili sia alle elezioni locali che alle nazionali.

 

Una legge per le quote rosa al sud del Sahara. Era davvero necessaria?

Senz'altro. Le donne mauritanie sono sempre state estremamente attive, ma scarsamente rappresentate a livello del potere. Con la legge approvata dal Consiglio militare per la giustizia e la democrazia hanno finalmente il loro giusto posto nelle istanze rappresentative. Oggi, si può parlare di una vera e propria rivoluzione: ci sono 27 parlamentari donne su 94, per non parlare delle migliaia di sindaci donna.

 

Eppure, nessuna donna è candidata alla presidenza della repubblica nelle imminenti elezioni...

È vero. Ma sono sicura che questo avverrà fra cinque anni. Non si possono fare terapie d'urto. Al tempo del regime di Ould Taya (il presidente-autocrate rimasto al potere un ventennio primo di essere rovesciato dagli uomini della sua stessa guardia ndr) c'erano appena sei parlamentari - tre alla Camera e tre al Senato - di sesso femminile. Le donne erano soggetti a diritto dimezzato.

 

E a livello di società civile, qual è il ruolo delle donne?

È un ruolo importantissimo. A capo del Forum della società civile, che riunisce circa 400 associazioni, c'è oggi una donna. Le donne hanno fatto un lavoro straordinario in questo anno e mezzo seguito alla caduta di Taya. Oggi, nel mio paese, si parla liberamente, si possono stampare giornali che esprimono senza censure le loro opinioni e punti di vista, si può criticare il potere. In questo processo di apertura della società - sotto l'impulso della giunta militare transitoria - le donne hanno avuto un ruolo propulsivo, irrinunciabile.