Ciao maschi”

Presentazione del n° 113 della rivista Leggendaria

Annamaria Medri


Lucca 26 novembre 2015

 

Ciao maschi” si interroga sulla sessualità maschile, etero ed omosessuale. E affronta ancora una volta la tanto discussa (e falsa) ideologia del genere.

In precedenza Leggendaria si è occupata del tema della relazione e della parola degli uomini nel 2002 e nel 2008. Ora presenta un titolo accattivante, scherzoso “Ciao maschi” con maschi al plurale per evidenziare che le voci sono varie, diverse, appunto plurali.

Uomini e donne si impegnano a mettere in evidenza percorsi, pratiche, avvicinamenti e resistenze. Quasi trenta anni di studi, iniziative, costruzione di gruppi e di reti precede questa pubblicazione. Che infatti non dà spazio soltanto all’analisi dei modelli di mascolinità, mettendo a fuoco ciò che resiste del patriarcato, ciò che è cambiato o è in trasformazione, ma anche a una riflessione sulle difficoltà in cui sembra trovarsi il lavoro politico degli uomini (e di uomini e donne) per la trasformazione maschile.

Stefano Ciccone e Alberto Leiss ricordano il percorso di Maschile plurale*, gruppo di uomini che discute della propria mascolinità con la volontà di misurarsi con stereotipi, paure per trovare vie di uscita rispetto al patriarcato, al sessismo. Rammentano momenti di intesa con le donne, con il femminismo per condividere anche il linguaggio, le situazione di conflitto e di crisi ogni volta che la violenza maschile porta in campo tutto il suo disordine. La necessità di mutuare dalla pratica delle donne un nuovo modo di dialogare, «condividere lo sguardo critico sulla mascolinità», toccando argomenti di non poco conto, come la crisi della politica, la violenza contro le donne, l’«evaporazione del padre».

Come rilanciare una ricerca maschile che sia insieme individuale e collettiva, che guardi alla trasformazione dei modelli di genere facendo perno su un progetto di liberazione? “Il nocciolo”, scrive Alessio Miceli, “rimane quello del desiderio. […] Io non ho iniziato dalla questione della violenza ma dal piacere”. Il piacere, la ricchezza del desiderio, la significazione in positivo di una prospettiva di cambiamento, che non resti ferma alla fase del rifiuto della violenza e del patriarcato ma percorra possibilità di affermazione di mascolinità nuove: questa mi pare la chiave più promettente di un pensiero e un agire che mirino a farsi senso comune, istanza “popolare”.

E noi donne come li vediamo gli uomini in mutamento?

C’è chi li accoglie, soprattutto quando si tratta di interloquire sui temi della violenza, della necessità che gli uomini parlino con gli altri uomini della tragedia trasversale e del desiderio distorto che la anima; ci sono i gruppi di donne che ancora preferiscono la pratica separatista e chi, come Barbara Mapelli, pone domande inquietanti.

Racconta che è emersa da un’inchiesta tra studenti universitari la totale differenza tra le qualità attribuite all’uomo ‘buono’ e all’uomo ‘vero’, intendendo per vero l’uomo colmo delle tradizionali virtù virili  e per buono l’uomo che sta cambiando. Mapelli allora dice “Lì io mi chiedevo, a proposito di interferenze e sguardi femminili sul maschile, noi donne  siamo più propense ad amare o comunque a restare affascinate da un uomo vero o da un uomo buono?
(…) Questa è una domanda seria perché scava nel profondo, non solo dell’immagine che noi donne abbiamo o desideriamo degli uomini, ma nell’immagine che si rispecchia in noi di ciò che significano femminilità e relazione con l’altro sesso. Direi addirittura che riguarda anche le donne che amano le donne, le lesbiche, perché l’impasto di culture che ci ha forgiate è un misto di componenti maschili e femminili che guida gli ideali e desideri di amore e si impone nei rapporti, etero od omo che siano. E le nostre preferenze, la costruzione, immaginaria o concreta, di una storia d’amore, ancora nei suoi primi passi  e non solo – nutrita dei fantasmi dell’amore romantico – influisce profondamente, interferisce nell’intimità di ogni uomo, ne condiziona l’immagine di sé
.”

Quello che emerge da tutti gli interventi è la presenza del desiderio come motore d’identità e contemporaneamente strumento di conoscenza e di cambiamento. Era tanto tempo che non sentivo questa presenza così importante e il fatto che venga posta dagli uomini è ancora più intrigante.

Ricordo quando da giovane ho incontrato il desiderio non come voglia dell’altro, per l’altro, fare sesso, ma come uscita dallo stereotipo della femminilità, crisi, scarto. La sessualità come desiderio attuabile veniva riconosciuta dalle donne attraverso una pratica di presa in carico di sé, una dichiarazione pubblica, un’uscita dal destino della maternità, per riconoscere un corpo e darsi una soggettività diversa da quella maschile.

Il desiderio era l’uscita da una ‘condizione di natura’ per capire che invece la sessualità era una costruzione socioculturale, inserita in un contesto storico temporale. Era un problema di genere. E anche gli uomini vivevano una sessualità e una soggettività costruita su stereotipi.

Il desiderio è ciò che spinge a modificare l’ordine del discorso. Sposta l’attenzione dall’uomo come centro della parola e della legge e assume anche il punto di vista delle donne, permette loro di prendere parola di attribuire significati, insomma le fa uscire dall’indistinzione del processo di natura, in cui erano confinate. Si oppone alla neutralità del termine uomo che ingloba e affoga ogni differenza, propone una narrazione diversa sulla storia degli uomini e delle donne.

E questo numero della rivista si pone all’interno di questa narrazione perché non basta dire le cose come stanno: bisogna raccontare una storia diversa, rielaborarla opponendosi anche alla voglia d’ordine che continuamente viene presentata.

All’interno del ritorno all’ordine patriarcale c’è pure come dice Enzo Palmisciano, il discorso di Recalcati, e di altri psicologi come Zaia, sulla ‘evaporazione del padre’ e la ‘adolescenza liquida’, rivolto tutto al maschile. Il complesso di Telemaco, lascia ancora nelle loro stanze Penelope, la nutrice, le ancelle, e si rivolge al figlio che aspetta il ritorno di Ulisse, il padre guerriero, per ristabilire la giustizia rispetto ai Proci, figli degeneri e dissipatori che amano il piacere immediato e non accettano il limite e la legge. Accettare l’ordine di Ulisse significa riproporre ancora il potere della violenza. Ricordate le pagine dell’Odissea sulla vendetta di Ulisse, la morte dei Proci e delle ancelle infedeli?

Ancora tutto fermo, a livello istituzionale, è rispetto alle problematiche omosessuali dove si cammina a gambero: un passo avanti subito sanzionato, calpestato. Promesse mai mantenute. Omofobia supportata.

L’emergere di un essenzialismo biologico rispetto alla differenza sessuale, come ai tempi del referendum per la legge 40, sulla procreazione medicalmente assistita, supportata da una parte del mondo cattolico che ancora non vuole fare i conti con i costrutti culturali che costruiscono l’identità di genere e che nulla ha a che vedere con una teoria del genere. E con la paura per le differenze viste invece come assorbimento e arbitrio.

Poi la tematica sulla violenza alle donne che, pur con tutto ilo lavoro fatto, è ancora l’inizio di un discorso e, continuerà ad esserlo, fino a quando non verrà guardata, assunta, affrontata dall’universo maschile come proprio problema, come una realtà inaccettabile per se stessi.

Concordo con Alessio Miceli: “sento la difficoltà di questo dialogo e il risorgere di alcuni fantasmi incrociati tra i sessi, trasversale a diversi contesti e generazioni, moltiplicato dalla rete. La scommessa e la capacità di tenere reciprocamente aperto lo scambio profondo rimanda a pochi uomini e donne. È ancora lunga la strada della relazione di differenza, libera.

 

*(Con Maschile plurale si sono fatti incontri anche a Lucca in più occasioni promossi da associazioni e istituzioni (Commissioni PO). Noi di La città delle donne abbiamo promosso nel 2008 il laboratorio “Sessualità e libertà” uno sguardo di genere sulla prostituzione, tre incontri di cui uno con Sandro Bellassai sul lato oscuro del desiderio maschile. Il punto di vista del cliente: desiderio e potere maschile. [La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l’Italia degli anni cinquanta, Carocci, 2006]. Si è avuta la collaborazione di Stefano Ciccone nel 2010 all’interno di un corso di formazione del CESVOT proprio sul ruolo delle donne nel volontariato.)


LEGGENDARIA N.113/2015
CIAO, MASCHI
SETTEMBRE 2015, 92 PAGINE, 10 EURO



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