Miele
Valeria Golino esordisce alla regia di un lungometraggio con “Miele”, tratto liberamente dal romanzo “A nome tuo” di Mauro Covavich (Einaudi) e incentrato sul tema del suicidio assistito. "In questo film non c'è una tesi, un manifesto. Valeria mostra quello che avviene nella vita e noi, seguendola, ci ritroviamo a fare un confronto con noi stessi. Io fatico ancora a uscirne fuori..." . Così Jasmine Trinca racconta al sito del Sole 24 ore il film di cui è protagonista nel ruolo di Miele, una ragazza che aiuta a morire malati terminali. E' un personaggio femminile atipico, che Valeria Golino ha creato con due brave sceneggiatrici Francesca Marciano e Valia Santella. "Io mi sono posta tante domande, come Valeria costringe tutti noi che guardiamo il suo film. Non c'è niente di imposto, di coercitivo. E' quello che per me è lei, questo sguardo così profondo e allo stesso semplice: i suoi occhi sembrano quelli di una bambina e allo stesso tempo hanno una luce di consapevolezza. E il film è lo specchio di questo». Nella trama del film Miele è Irene, una ragazza di trent’anni che da qualche tempo e dietro lauto compenso aiuta le persone che soffrono a farla finita: malati terminali le cui sofferenze intaccano la dignità di essere umano. Chiamata al capezzale di persone a un passo dalla morte, somministra il Lamputal, un farmaco letale a uso veterinario che in dosi massicce assicura l'effetto anche sull’uomo. Un giorno, a chiedere l'intervento di Irene è l'ingegner Grimaldi (Carlo Cecchi), un intellettuale sulla settantina al quale la ragazza consegna il barbiturico dando per scontata la criticità della sua situazione. Quando scoprirà che è in piena salute, andrà in crisi profonda. Dall'incontro di due solitudini nasceranno domande sulla propria vita e scelte nuove. Valeria Golino realizza un film libero e formale senza fronzoli estetici, mettendoci tutto quello che ha imparato da tanti registi in 27 anni di carriera come attrice, curiosa di filmare una donna più giovane di lei e complessa.
6-5-13
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