Se le madri-e-mogli fanno politica
di Ileana Montini

 

Trascorsa la Pasqua e anche ” pasquetta” è come se s’iniziasse veramente il dopo Elezioni con le pubblicazioni sui quotidiani dei primi nomi degli e delle elette. Così ci accorgiamo che le donne sono sempre una minoranza irrisoria che conferma, peraltro, l’Italia come un Paese ancora fortemente segnato dalla tradizione patriarcale.

Lidia Menapace, eletta al Senato sia in Friuli che in Abruzzo, ha raccontato che  le donne del Forum di Rifondazione Comunista hanno faticato ad imporre la sua candidatura come capolista in Abruzzo dove l’elezione era data come molto più sicura che in Friuli. Ha anche  scritto che le candidate non sono quasi mai andate in televisione dove, in realtà, si è svolta la maggior parte della campagna elettorale. Da Ballarò a Porta a Porta, compresa le trasmissioni  di Ferrara-Armeni e di Gad Lerner, le donne hanno continuato ad essere marginali se non addirittura assenti.

Dopo il gran parlare di quote rosa e leggi  bocciate regolarmente, la battuta di Berlusconi al primo faccia a faccia con Prodi sulle “signore” che è difficile convincere per il Parlamento in quanto faticano ad abbandonare mariti e figli, è suonata troppo come affermazione sgradevole detta da un vecchio signore con piglio mussoliniano, distante mille miglia dagli altri, soprattutto del centro sinistra. E no! Sono state parole dal cuor uscite senza il controllo della ragione, ma specchianti la realtà del Paese e il sentire più diffuso.

Cominciamo con la storia. Dopo la guerra le donne che nella Democrazia Cristiana volevano “fare politica” e magari anche aspirare a candidarsi nei vari turni o livelli elettorali, erano in maggioranza nubili. Il Movimento Femminile annoverava nel Comitato Centrale pochissime donne sposate.

L’on. Benigno Zaccagnini, un costituente della sinistra morotea tra i più sensibili e aperti, ogni volta che parlava ad un convegno del M.F. ravennate amava ricordare che alle mamme e alle nonne la Resistenza (anche lui era stato un partigiano) doveva molto perché erano state nelle retrovie delle case a confortare, cucire e ricucire abiti, cercare il cibo, nascondere qualcuno ricercato e così via. Un modo come un altro per far passare un messaggio: continuate così!

Un altro messaggio condiviso dagli “uomini politici” all’insegna della divisione dei ruoli, è stato sempre quello che alle donne comunque si addicono incarichi quasi esclusivamente nell’ambito del sociale: dalla scuola, alla salute e così via. Ora possiamo aggiungere gli anziani e gli immigrati e così poi, come ha detto Rossana Rossanda a Brescia il 13 aprile, quando mai interverranno per dire il loro pensiero in politica estera?

L’Italia è uno dei Paesi dell’Europa che ha meno asili nido, scuole materne e soluzioni pubbliche per handicappati, malati cronici e anziani. La Politica –sia a sinistra che a destra- è più propensa a concepire aiuti “alla famiglia” sotto forma di una tantum piuttosto che a progettare e finanziare servizi come anche recentemente ha fatto notare Chiara Saraceno. Mediamente una donna madre-moglie lavoratrice impegna tre, quattro ore al giorno per la casa e la famiglia. Gli uomini padri-mariti una mezz’oretta all’incirca.

Se una giovane donna prova dolore all’idea di rinunciare alla professione parzialmente o totalmente all’arrivo del baby, lo dice al massimo allo/a psicoterapeuta perché teme il giudizio terribile delle famiglie, dalla madre alla suocera, dal padre agli altri parenti e anche da parte delle amiche e colleghe.

Interroghiamoci di più, approfondiamo di più, sia sul versante socio-politico che su quello antropologico, ma anche psicologico per capire la permanenza di stereotipi, ruoli, mentalità che permeano ancora  anche i/le giovani, altrimenti restiamo sul piano dell’ideologia, intesa come falsa coscienza

23 aprile 2006