Vi ricordate il
cattolicesimo critico?
di Ileana Montini
Agli inizi degli anni settanta venne pubblicato il libro del sacerdote
Arnaldo Nesti (ora docente di Sociologia delle religioni all’Università di
Firenze) con il titolo L’altra Chiesa. Il libro presentava per la
prima volta la realtà italiana delle “comunità di base” o “comunità
spontanee”che raccoglievano laici e preti “critici” verso l’autorità
ecclesiastica e, soprattutto, pieni di speranza dopo il Concilio Vaticano
secondo voluto da Papa Giovanni XXIII. Arnaldo Nesti aveva raccolto molte
interviste a cominciare dal primo convegno nazionale delle comunità a
Bologna del 1969. A quel convegno c’erano le più autorevoli come
l’Isolotto di don Mazzi, il Lorenteggio, e anche, per la prima volta, il
pastore valdese Giorgio Girardet. Da poco era anche iniziata l’esperienza
della “comunità di Bose” per iniziativa del giovane Enzo Bianchi che aveva
raccolto in un vecchio casolare nella stupenda campagna piemontese, alcuni
giovani uomini e donne, tra i quali anche un pastore protestante. Fu il
primo esempio di un monastero ecumenico. Sull’onda del mitico movimento
degli studenti e del Concilio, le comunità ecclesiali cercavano di attuare
una modalità non gerarchica di espressione del culto perché in questa
direzione si potevano interpretare i documenti del Vaticano II che
parlavano del “popolo di dio” e del “sacerdozio universale”.
Ma soprattutto pian piano era emersa una forte critica ad un certo modo di
intendere la religione che, specialmente a partire dalla Controriforma
tridentina, si era consolidato nella Chiesa. La parola che cominciava a
circolare con forza era quella della secolarizzazione: un modo di pensare
a modelli di vita a prescindere dal discorso religioso. In altri termini
ci si poneva la domanda se era possibile distinguere la fede dalla
“religione di Chiesa”. Nelle comunità spontanee si leggevano i libri del
teologo e pastore protestante Dietrich Bonhoeffer, giustiziato dai nazisti
nel 1944. Opere che erano state introdotte in Italia per iniziativa del
filosofo don Italo Mancini prima docente all’Università Cattolica poi
all’Università di Urbino. Don Italo amava ripetere: «Meglio libero a
Urbino che primo alla Cattolica».
D. Bonhoeffer aveva scritto che «Dio ci fa sapere che dobbiamo vivere come
uomini che se la cavano senza di lui» e aveva definito quello della
religiosità tradizionale il Dio “tappabuchi”, ovvero il dio onnipotente
che viene in soccorso della miseria umana. Il teologo protestante tendeva
a considerare la religione non essenziale alla condizione umana, ma che
tale era stata per risolvere e rispondere ai dilemmi dell’esistenza.
Trovava che proprio nel Nuovo Testamento c’era il fondamento della
separazione tra religione e fede.
Ma l’epoca d’oro del “cattolicesimo critico” sembra terminata, mentre è in
auge, soprattutto con il nuovo Pontificato ratzingeriano, la tendenza
della Chiesa a interpretare l’esistenza dei singoli e delle comunità,
ritenendosi incaricata (l’unica) da Dio a difendere la “verità”, le “leggi
di natura” immutabili e intoccabili. La Chiesa respinge l’idea del
tramonto della religione come linguaggio comune, modello comune,
universale che il sapere scientifico e lo sviluppo tecnologico hanno
comportato.
E con la fine del partito ufficiale dei cattolici, è di nuovo più incline
a intervenire direttamente in politica; proponendo una propria visione
antropologica rispetto a famiglia, fecondazione, contraccezione, aborto,
eutanasia.
Ma le tre religioni monoteistiche sono portatrici ugualmente di questa
visione della religione che appoggia, tra l’altro, sull’immagine
patriarcale di Dio: un potere coniugato soltanto al maschile e posto alla
base di altri poteri, nella famiglia, nella società politica, eccetera.
Tra parentesi: all’incontro interreligioso di Assisi organizzato dalla
Comunità di S. Egidio all’inizio del mese di settembre, c’erano soltanto
rappresentanti maschi.
Evidente pertanto è il contrasto con il modello laico delle società
tecnologizzate che alla struttura piramidale tendono a sostituire le reti.
Resta pertanto vera la definizione che della religione si legge nel
Dizionario di Sociologia di I. Gallino (ed. Utet): «In tutte le religioni,
dalle più semplici alle più complesse, è insita la rappresentazione di un
ordine extra-sensoriale o/e sovrannaturale di esseri, di potenze e di
valori ultimi inattingibili all’esperienza comune», che «conferisce un
particolare significato all’Ordine Sociale esistente, non meno che
all’ordine naturale ed agli eventi e condizioni tipiche dell’esistenza
umana» con le interpretazioni di eventi collettivi, individuali e fisici
«fino a farle apparire legittime o ragionevoli, e anzi razionali…».
E’ secondo questo “ordine delle cose” che le religioni della Rivelazione -
l’ebraica, la cristiana, l’islamica - nelle esegesi (interpretazioni)
rigide rifiutano, per esempio, le unioni di coppia non eterosessuali o i
rapporti sessuali prima del matrimonio.
Il noto scrittore e psicologo marocchino Tahar Ben Jelloun nel suo ultimo
libro (Non capisco il mondo islamico, Bompiani 2006) dove immagina
il dialogo tra due liceali: sua figlia e una bolognese, fa dire alla
cugina marocchina integralista: «Se segui le Leggi coraniche, sei salva.
L’Islam è la più bella delle case, bisogna che tu ci entri, bisogna
convincere la tua amica cristiana a visitare questa casa». E a proposito
del velo: «Ora volevo dirti che ho parlato del velo con mio padre: per lui
il velo è solo un pezzo di tessuto che una ragazza può portare sul capo,
però può essere un simbolo politico. Mi ha spiegato che una ragazza con il
velo è una persona che vuole essere riconosciuta come musulmana
osservante. Si inizia con il velo poi si prosegue rifiutando i corsi di
ginnastica (perché non ci si vuole scoprire), quindi si rifiuta il corso
di biologia perché dà spiegazioni scientifiche sull’origine dell’uomo, si
rifiuta il corso di disegno perché l’Islam vieta la pittura (cosa che in
effetti non è vera) e infine ci si rifiuta di sedersi vicino a un ragazzo,
tanto più di stringergli la mano...». A questo punto lo scrittore
introduce il tema della laicità che spiega come la separazione della
Chiesa dallo Stato e allora di nuovo fa dire alla figlia: «Come è
possibile che le persone che l’Europa ha accolto non rispettino le leggi
di questo paese? Se sei musulmano è una tua faccenda privata, è un
problema della tua coscienza, non un fatto pubblico».
Già, anche di questo si discuteva una volta a sinistra.
questo articolo è apparso su
Liberazione del
21 settembre 2006
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