Le donne non sono tutte uguali
di Clelia Mori

Roma, 24 novembre 2007
Il
frutto migliore della manifestazione di sabato è l'aver detto
esplicitamente che l'universo femminile non è uniforme né necessariamente
solidale, e che non c'è bisogno di fingere un bene tra donne che nei fatti
non sempre c'è, ma che viene utilizzato all'occorrenza come velo,
soprattutto per giustificare scelte non proprio cristalline come quelle
sulla sicurezza
A Roma sabato 24,
contro la violenza alle donne c'ero. Ci sono andata, alzandomi
prestissimo, in corriera, con entusiasmo - non avevo mai fatto una
manifestazione femminista pur avendo una certa età - e un rammarico: mi
spiaceva che gli uomini che da anni cercano un altro modo di relazionarsi
con le donne fossero costretti ad andare in fondo al corteo. Sono convinta
che se non si muovono anche gli uomini guardandosi dentro, il problema
della violenza alle donne non cambia.
Considerato che la violenza che nasce dagli uomini e che viene riversata
da alcuni sulle donne esplode perché non si accetta la libertà femminile.
Ma alla fine capivo.
Per il resto la
piattaforma politica e la gestione della manifestazione mi trovava
d'accordo: no a chi ha partecipato al family day, e credo non vada neppure
spiegato, e no a ministre e parlamentari in quanto tali perché la giornata
era di tutte, senza titoli. Anzi ringraziavo in cuor mio queste giovani
donne che avevano trovato la forza di indire una manifestazione a cui noi
adulte non abbiamo pensato, ma di cui c'era molto bisogno.
Certo non basta una manifestazione, ma occorre anche quella se non altro
per incontrarci, rassicurarci di esserci e prendere forza da noi, per
capire dove siamo oltre le pagine dei giornali e delle televisioni e le
riunioni locali o tra amiche. E davvero abbiamo capito che siamo in tante,
che non siamo isolate, che i nostri pensieri camminano nel tempo e che
oggi ci sono anche uomini con noi, alcuni dei quali con cui ho parlato
hanno deciso, in una riunione del mattino discutendo tra loro, di seguirci
a lato o dal fondo per rispettare la volontà delle donne che hanno
costruito la piattaforma, anche se avrebbero voluto stare con noi perché
pensano che la nostra libertà è anche la loro.
I tempi sono
davvero cambiati ed era sotto i nostri occhi.
Poi lo ‘scandalo', quando sembrava fosse filato tutto liscio ed eravamo
ricche di belle immagini negli occhi! Hanno mandato via dal corteo donne
parlamentari del centrodestra e fischiato ministre del centrosinistra su
un palco improvvisato de La 7 a piazza Navona, si sente dire mentre
torniamo alla corriera, tra lo sconcerto e il divertito.
Penso ricordando la piattaforma, che queste donne del Parlamento, forti
del loro essere donne e di potere, non si sono poste il problema del
rispetto delle decisioni femminili sulla manifestazione che si sono posti
gli uomini di Maschileplurale, incontrati ai lati del percorso. E mi si
chiarisce di più il concetto di rispetto che questi uomini hanno messo in
evidenza, anche per noi donne.
Discussione in
corriera tra donne, soprattutto dei centri antiviolenza di Reggio Emilia e
Modena. Mancano notizie certe, si dice, per poter prendere posizione.
Accendiamo radio e tv e ragioniamo, qualcuna dice hanno fatto male: sono,
siamo tutte donne; altre dicono che spesso le donne di potere non lavorano
per e con le donne; che è ora di scegliere anche tra le donne e che non
basta esibire un corpo femminile per rappresentarle.
La discussione va avanti a lungo e la seconda ipotesi prende sempre più
piede ed anzi si aggiunge che non ci si appropria del lavoro degli altri/e.
Mi nasce anche l'idea che abbiamo segnato un passo avanti come donne.
Finalmente siamo uscite dall'obbligo di considerarci tutte uguali in nome
di una sorellanza che poi nella pratica non viene agita dalle donne di
potere. E non vuol dire disconoscere i nostri problemi comuni. Anzi
comincio a pensare che il frutto migliore della manifestazione sia proprio
questo: avere compreso che le donne non sono tutte uguali, non tutte
lavorano per le donne, ma quello che mi piace di più è soprattutto avere
avuto il coraggio di dirlo esplicitamente, senza dover fingere un bene tra
donne che nei fatti non sempre c'è, ma che viene utilizzato all'occorrenza
come velo, soprattutto per giustificare scelte non proprio cristalline
come quelle sulla sicurezza.
E ringrazio
ancora una volta le giovani che hanno indetto il 24 perché, forse, noi
adulte siamo un po' stanche per reagire con tanta schiettezza e
immediatezza - questo è il loro dono - a quello che non condividiamo e ci
viene dalle donne che dicono di rappresentarci. Donne così bisognose di
legittimazione pubblica femminile, da finire come nella favola del ‘re
nudo', delegittimate dalle donne stesse che volevano rappresentare per un
atto di partecipazione irrispettosa del lavoro altrui.
E' questo il
passo avanti che tanti e tante, a cominciare dallo scritto di Miriam Mafai pubblicato
su Repubblica ma anche da altri articoli riportati sui giornali del giorno
dopo, non sanno leggere. Passano interpretazioni del femminismo ormai
superate dal tempo o maliziosamente usate per non interrogarsi oggi in
modo nuovo sul fare femminile, per stanchezza, per interesse maschile
anche quando a parlare sono donne, magari senza rifletterci.
A volte la riflessione non conviene. Resta però un fatto a coloro a cui
non conviene riflettere: avere nascosto la ‘prima' riflessione col loro
fare, quella sulla violenza maschile che la manifestazione voleva mettere
in primo piano e che a partire dalle donne e modulandosi variamente,
permea a fondo il nostro modo di stare al mondo. E a questo proposito mi
torna in mente quello che ha detto la mia amica Carmen in corriera, alla
partenza: "La manifestazione il prossimo anno dovrebbero organizzarla gli
uomini". "Sarebbe bello" le ho risposto, come in un sogno.
E leggo stamattina su
www.donnealtri.it
da A. Leiss, che anche quelli di maschileplurale sabato mattina ne hanno
parlato!
27 novembre 2007
pubblicato da
Aprileonline
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