L'origine del mondo, monologo della vagina
di Valeria Muccifora


 

«C'è un buco dove non c'è qualcosa». L'asserzione di Kurt Tucholsky (Per una sociopsicologia dei buchi, 1931) potrebbe corrispondere alla descrizione del sapere circa il sesso e la sessualità femminili durato - con corsi e ricorsi - per secoli. Storia lunghissima che parla di misconoscimento, negligenza e negazione che hanno fissato l'immaginario delle donne, alternativamente, nei canoni del potere primigenio e orroroso, dell'alterità irriducibile e sempre minore, e del puro e semplice ribrezzo (dal to teras - «il mostruoso» - aristotelico, allo «schifo, puzzo, sepolcro, cesso, mestruo, carogna, febbre quartana, estrema ingiuria e torto della natura» che erano le donne secondo Giordano Bruno).

Si, certo, c'è stata anche la venerazione, ma era la preistoria, oppure il fascino di riti suggestivi e però sganciati dal potere effettivo, preghiere e figure apotropaiche di fertilità e sopravvivenza (peraltro i poteri femminili sono stati oggetto di culto per l'ultima volta nella Creta minoica, circa quattromila anni fa).

È del «qualcosa» collegato al buco di cui sopra che parla Catherine Blackledge nella sua Storia di V. Biografia del sesso femminile, esaustiva (e talora spossante) ricerca sulle rappresentazioni della vagina, dalle vulve paleolitiche incise nella roccia trentamila anni fa, alle teorie più recenti sull'orgasmo femminile, passando per tutta la ricchezza di senso e le vicende - che sono analizzate sotto il profilo antropologico, biologico, chimico e sessuologico - degli innumerevoli frutti - solidi, liquidi, gassosi, culturali e simbolici - custoditi nel vaso di Pandora, il contenitore più potente del mondo.

Blackledge lancia la sua «rivoluzione di velluto» per riconsiderare questo recipiente per ciò che realmente è: non un mero ricettacolo, ma un organo intelligente e attivo, con ruolo e funzioni cruciali nel piacere così come nella riproduzione. La «rivoluzione vaginale» propugnata da Blackledge si gioca in effetti sul terreno molto controverso delle politiche dell'orgasmo femminile. L'attuale primato della clitoride come centro del piacere ha soppiantato faticosamente e (di necessità) revanchisticamente quello della vagina stabilito a suo tempo da Sigmund Freud.

Grazie all'avallo di una vasta letteratura (in modi diversi Kinsey, Masters e Johnson, Hite: nessuno di questi nomi compare nella bibliografia) è quindi divenuto un principio sacro di certo femminismo. Blackledge, di ritorno, sostiene invece l'ipotesi di una maggiore diffusione del piacere: «Se amassi le classificazioni direi che il primo orgasmo è quello clitorideo, il secondo quello legato al punto G, il terzo quello cervicale, il quarto quello vaginale, il quinto quello anale.»

Le rivendicazioni e le liberazioni saranno tutte da discutere, ma l'entusiasmo a tratti colorato di personalismo dell'autrice e la sua ansia dimostrativa talora indiscriminata (veniamo a sapere tutto, tra l'altro, delle cervici delle moscerine), compongono comunque un regesto impressionante, utile e curioso.
 


Catherine Blackledge
Storia di V. Biografia del sesso femminile
Il Saggiatore, 2005, pp. 416, € 18,50
 

questo articolo è apparso su il manifesto dell' 11 agosto 2005