Il canto d'amore di Natalina
di Donatella Bassanesi e Anna Maria Imperioso



 

Natalina Sozzi: premio LiberEtà (incontro tra la rivista mensile del Sindacato dei pensionati della Cgil e la fondazione dell'Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano) per la sua autobiografia: "Il profumo dell'erba tagliata".

Da molti anni nella Libera Università delle Donne, Natalina ci appare, dopo questo suo scritto, in qualche modo diversa. La sua scrittura, ripercorrendo frammenti di storia (quella sua, quella della campagna intorno a Milano), riporta le cadenze dei racconti, delle frasi che ripetendosi si levigano come gli strumenti di lavoro e sono l'eredità che nelle famiglie si trasmettono (determinano l'appartenenza a quella terra, a quel luogo). Ma, ancora più interessante, la musicalità di questa lingua ereditata (raccolta) si incontra con un pensiero che intende svelare i "misteri", si oppone al fato, ha un ritmo serrato, stringente, parla di diritti, quello che si è venuto elaborando nella grande città industriale, nella vita di fabbrica. Le due "scritture" (le due forme di pensiero, le due culture) si intrecciano, si intercalano, si affrontano nel testo.

Sua madre l'avvolge tutta "con quel sottanone colore della notte" in una calda mattina d'agosto del 1936, sul "tombarello" pieno d'erba appena falciata. "Il nero soffice della sottana" non diventa un sudario per Natalina perché sua madre ha voluto così: si è lasciata "andare un poco, solo un poco" al momento giusto per farla nascere sull'erba profumata. Tra le pieghe di quella sottana Natalina nasce e viene catturata dalla "tela dei sogni" di sua madre, sogni d'amore, di speranze, di riscatto che lei impiega una vita a realizzare.

Una vita segnata da grande fatica, dalle forti asprezze che il vivere e lavorare nella terra dei contadini riserva a tutti, donne, uomini, bambini/e e animali. Asprezze ma anche libertà e spazio dove la mente fertile e curiosa di una bambina osserva le leggi immutabili della natura, le regole del vivere quotidiano e la necessità del lavoro. Il mondo poetico di Natalina si forma qui, sulla riva del ruscello popolato da mostri immaginari dove gioca col fratellino, sulla terra percorsa da instancabili formichine che lei chiama per nome e osserva nel loro incessante lavoro, che non le appare mai privo di senso. Ed è affascinata dal lavoro delle api che "per il bene collettivo volano di fiore in fiore, vanno e tornano, instancabili come le formiche".

Natalina ha il cuore aperto verso tutte le creature, la compassione le fa amare anche chi l'amore glielo nega e le fa conoscere il sopruso e la violenza. Sceglie di tacere i suoi sentimenti amari, li cancella dal vocabolario, dove vorrebbe che in ogni pagina ci fosse la parola Amore. Il racconto della sua vita è pieno di questo sentimento come se ne avesse ricevuto tanto e potesse attingere a piene mani a questa misteriosa riserva. O come se la bambina affamata d'amore e di tenerezza offrisse continuamente i suoi doni nella speranza delusa di "….essere presa un giorno sulle ginocchia, di sentirsi abbracciare, di ricevere... una carezza, un bacio….".

Quando si imbatte nell'operaio di Milano che sua madre quarant'anni prima aveva invano cercato, lei sa con certezza che lui è l'uomo della sua vita. E scioglie in suo onore un canto d'amore appassionato, solo mezzo per farsi ascoltare da lui e per salvarsi dall'annientamento che sente incombere se non riesce a dar vita a questo incontro. E' un canto inventato da lei, non ha bisogno delle parole degli altri: "….glielo cantavo quando lo vedevo arrivare il mattino, quando gli portavo le punte del trapano, quando si faceva l'intervallo di mezzogiorno, quando si usciva la sera. E bastava che lui mi passasse vicino, o anche solo che fosse nei paraggi, che subito io prendevo a cantare…."

Il racconto autobiografico sta tra un parlar prima: che è pre-fazione (parlare prima, dal greco faino) e pro-logo (un parlare mostrando le ragioni, a favore, dal greco logos: parola), e un parlar dopo: sono le con-clusioni (un racchiudere, raccogliere). L'orizzonte intimo, misterioso e segreto che si apre con il momento della nascita è visto subito e consapevolmente come l'essere "scagliati" nella girandola della vita. Quella "girandola" , come una giostra ma anche come Ruota della Fortuna , lega ogni più piccolo individuo (e la sua individuale esistenza) agli infiniti mondi possibili. L'incipit sottolinea, con la freddezza del linguaggio anagrafico, l'indifferenza di questo gesto dello scagliare; ma l'io (la prima persona singolare) mostra la volontà di farsi interprete-attrice di quel destino voluto dal caso: "Mi chiamo Natalina Sozzi e sono nata a Rivolta d'Adda il 31 Agosto del 1936, alle ore undici".

Nel parlar prima si spiega, si rende esplicito il movente, il motivo che ha spinto la scrivente: che non si perda un sentire, che possa rivivere, come un trasmettersi della vita stessa (della "voglia", del "coraggio di vivere") attraverso la comunicazione, i percorsi della memoria e del racconto - "l'eredità dei sentimenti", che sono "un bene senza prezzo": sentimento dunque come capacità di sentire, acutezza di percezioni.
L'obiettivo del raccogliere (che è raccolta anche quando è grama, richiede sacrificio, come quella
dei contadini nelle campagne) è anche, simbolicamente, difficoltà del raccogliere per trasmettere un senso. Di questo raccogliere si dice già nella prima pagina quando, come figura artefice del tempo e del destino, appare la fame - "se ne raccoglieva davvero tanta, ogni anno, ogni giorno, con il bello e con il cattivo tempo" - e non si poteva cacciare via da quella "terra dell'uva e della fame".
Al momento delle conclusioni, Natalina consiglia di riacquistare quello sguardo infantile che permetteva, a lei bambina, di fermarsi ad osservare, ad imparare dalle formiche: perché "il mondo intero non è che un grande formicaio" di cui bisogna sentirsi parte, che bisogna imparare ad amare. E con sguardo infantile ritrova i suoi sbagli, che le stanno davanti "come tanti soldatini di piombo", che realmente non l'accusano: "perché li ho pagati tutti, li ho pagati cento volte il loro valore".

Il parlar prima e il parlar dopo si rispecchiano. Le conclusioni, implicite nell'apertura, mostrano come quel desiderio di trasmissione quasi biologico, intimo, è anche un orizzonte ampio, sono "tutti" ed è ognuno, è l'altro, il lettore per il quale, del quale si è scritto: "… se ti racconterò di me, di mia madre e un poco dei miei figli, mio paziente lettore, amico caro, in fondo racconterò di te. Perché se le storie sono diverse, la sofferenza è una sola".

 

Natalina Sozzi
Il profumo dell'erba tagliata
Editrice LiberEtà, 2003
pagg.160, euro 8