Nipoti di Nefertiti, non di Mubarak
Gisella Evangelisti


Randa Achmawi


La incontriamo alla prima Convention internazionale delle reti indipendenti di giornaliste con ottica di genere e delle associazioni mediterranee “Cronache Migranti: Donne fuori dai luoghi comuni”, realizzata a Roma dal 4 al 5 marzo, promossa dalla Associazione Stampa Romana e dalla Red Mediterranea.

Randa Achmawi, egiziana fuori dal comune di 48 anni,  commuove l’uditorio con i suoi occhi lucidi e il suo sorriso raggiante quando parla della rivoluzione egiziana, delle sfide sorte dalla piazza Tahrir, dove i suoi figli hanno preso parte alle manifestazioni che a partire dal 20 gennaio hanno portato alla caduta di Mubarak. L’8 marzo, a scendere ancora una volta nella giá mitica piazza della Libertá, sono state le donne che si sono viste escluse dal processo della riforma costituzionale.  Puntavano a una manifestazione oceanica, ma solo qualche centinaio di loro é riuscito a congregarsi nella piazza, affrontando l’ostilitá dei passanti. I loro cartelli con slogans libertari sono stati buttati a terra, fra  strattoni e insulti. Il cammino verso la paritá fra i sessi sará lungo e difficile, ed é meglio saperlo, commenta Randa in Facebook. Ma un’altra manifestazione si prepara per il 16 marzo. L’oscuritá in cui é caduto l’Egitto di questi ultimi 30 anni, ed é penetrata profondamente nella societá, non si potrá scuotere in una sola mossa, come un po’ di polvere dal mantello: dovrá essere sconfitta giorno per giorno, da piccoli gesti di luce.

Randa é una giornalista freelance che vive tra Londra e il Cairo. Ci racconta la sua storia in portoghese, una delle sette lingue che domina.
 “Grazie a mio padre ingegnere prima, e a mio marito diplomatico poi, ho avuto la fortuna di vivere in paesi diversissimi, dalla Svizzera al Burundi all’Iran o Libano, e in questo andare e venire fra nord e sud, oriente e occidente, ho cercato di capire chi ero e  in cosa valeva  la pena credere. Ogni paese mi ha dato qualcosa. Il Brasile é straordinario, accetta tutti gli stranieri senza battere ciglio. Nessuno mi faceva domande sulla mia religione, e se lo spiegavo a qualcuno, questi invariabilmente commentava: “Musulmana? Legal ! (magnifico!). La mia vicina é  evangelica, mio cugino é espirita”, e il discorso finiva lí.  Mi affascinó l’ottimismo dei brasiliani, che nonostante la povertá, trovano sempre motivi per essere felici. “Se cadi alzati, scuoti la polvere, e avanti”, dice una loro canzone. Della Francia appresi il gusto della riflessione, dell’approfondimento filosofico. Non sono stata oggetto di discriminazione nel circuito di intellettuali che ho frequentato, al contrario, ho fatto buone amicizie. Ho apprezzato la raffinatezza e l’arte iraniana, e l’allegria cosí mediterranea del Libano; in Burundi ho toccato con mano la povertá assoluta, di chi non ha nessuna oportunitá di studiare o essere curato.

Alla fine, chi sono io? Mi sono chiesta dopo tanti passaggi, paesaggi, gente diversa. Mi sento un’egiziana musulmana, che crede nella libertá dello spirito, e puó interpretare il testo sacro senza intermediari; che crede nella democrazia e vuole contribuire perché il suo paese possa uscire dalla sua lunga notte. Mi sento nipote di Nefertiti piú che di Mubarak. L’Egitto e il mondo arabo hanno una lunga storia, piena di alti e bassi. Cosí come quella dell’Occidente, dove ci sono stati geni dell’arte e della scienza, e i roghi dell’Inquisizione. Le donne erano trattate meglio all’epoca dei faraoni, o nell’epoca colta e tollerante de El Andalus, (terminata nel 1492), che negli ultimi cupi 30 anni di storia, dove é prevalsa la manipolazione, la tortura, il furto delle risorse dello stato. I valori islamici che mio padre mi ha trasmesso sono quelli originari, di quando  ancora imam e ayatollah non avevano confezionato una versione arcaica dell’islamismo a uso e consumo del potere maschile: anzitutto, il rispetto per la dignitá umana, (indipendentemente da sesso o casta sociale). Nella mia famiglia ragazzi e ragazze avevano gli stessi diritti, allo studio e al lavoro.
Quando sono tornata in Egitto dopo la morte di mio marito in Libano,  ho sentito la durezza di una societá che vede di mal occhio una donna sola. Pensai che il pozzo delle atrocitá in cui era caduto il mio paese fosse senza fondo. La polizia torturava o faceva sparire i giovani. Poi, all’imporvviso, la scintilla. Nel giugno dell’anno scorso ad Alessandria un giovane fu bastonato a morte davanti a tutti in un internet café perché aveva filmato un poliziotto distribuendo droga. Nel giro di una settimana sorse un gruppo in internet, chiamato “Tutti siamo Khaled Said”, i cui 300.0000 iscritti, anonimi, mandavano in rete torture e abusi. La polizia li cercava ma non sapeva chi erano. Adesso sono quasi un milione. Quando furono manipolate le elezioni, aumentó la rabbia. Il governo cercó di sopravvivere alimentando la paura, creando divisioni, come l’attacco a una chiesa cristiana, attribuito ad Al Kaeda. Ma quando cadde Ben Alí in Tunisia, (ricordo ogni minuto di quella giornata), sentimmo che era cominciato il conto alla rovescia. Il governo cominció a pagare intellettuali  e giornalisti perché inneggiassero alla stabilitá, ma l’onda della ribellione portó uomini. donne, giovani e anziani nella piazza Tharir.

Lí abbiamo visto una rivoluzione festiva, fatta anche di musica e poesia. E’ riapparso l’Egitto creativo e festoso dei suoi anni migliori. Ma sappiamo che  tutto si giocherá sull’articolo 2 della Costituzione, quello che dopo l’emendamento voluto da Sadat  afferma che la sharia non é “una delle”, ma “la principale” fonte legislativa.
Come donna democratica e  madre vorrei che questo processo di  riforma costituzionale possa svolgersi nel dialogo, senza altre violenze. Forse non sará cosí, ma contro vento e marea, adesso é il tempo dell’ottimismo. Se siamo depressi, la realtá sognata non arriverá mai con un panierino dal cielo.
Cosa posso dire ai giovani italiani? Credete di piú in voi stessi.
Agite per quello che credete, nella vita personale e in quella collettiva,  con tutto il vostro talento, perché credere é creare la realtá”. 

 

22-03-2011

 

home