LA DONNA NELLA SATIRA

di Annamaria Imperioso

Raccolta di vignette satirico-umoristiche sulla figura femminile nei periodici milanesi: 1923/1944, a cura di Rossella Coarelli e Anna Maria Imperioso. Uno sguardo sulla donna attraverso gli stereotipi della cultura fascista, interpretata con gli occhi disincantati e ironici degli umoristi. Questa mostra, ospitata dal Centro donna del comune di San Donato Milanese presso la Cascina Roma, dal 1° al 13 marzo scorso, è la continuazione della ricerca svolta nel 1999 in occasione della biennale di umorismo femminile tenutasi a Ferrara, che ripercorreva il periodo storico dall'Unità d'Italia all'avvento del fascismo.Per realizzare questa raccolta di vignette si è svolta una ricerca attraverso diversi periodici satirico-umoristici lombardi del ventennio, prevalentemente milanesi: "Bertoldo", "Guerin Meschino", "l'Asino", "Settebello", "Il Barbagianni", ecc. assieme ad una testimonianza delle testate più significative a livello nazionale: "Il Travaso delle idee", "il becco giallo", "Marc'Aurelio" di Roma, "420" di Firenze, ecc.



La rassegna offre un panorama ampio di figure che lascia intravedere, dietro i consueti stereotipi, aspetti multiformi e variegati di donne inserite in centri urbani popolati da un ceto medio e piccolo borghese, impiegatizio o bottegaio, cui la maggior parte delle riviste umoristiche erano dirette.
Traspare attraverso l'implicito messaggio morale delle vignette, la resistenza della donna ad aderire al modello passivo, dolce e materno, passato nell'immaginario collettivo attraverso l'abile opera di propaganda del regime. Si intravede, come contraltare, la realtà quotidiana di donne che non stavano più al loro posto, che "alzavano la cresta" e dovevano tener testa ai loro uomini per difendere ciò che avevano faticosamente conquistato negli anni della guerra.
Come sempre, la satira si accanisce contro "l'aspirante elettrice", rappresentata ancora con le consuete ed irridenti attribuzioni che caratterizzavano l'immagine delle suffragiste anteguerra: acide zitelle prive di ogni seduzione, ben tratteggiate dalle vignette di Manca sul Guerin Meschino e di Galantara su "il becco giallo".

 



Col voto amministrativo concesso alle "signore" con legge n.2125 del 22.11.1925 (restavano di fatto escluse operaie, contadine e casalinghe), tra paletti restrittivi, mancata informazione e istituzione del regime podestarile, si rese praticamente insignificante la partecipazione femminile alle elezioni amministrative del 1926: la percentuale delle votanti rispetto al numero reale di possibili elettrici fu talmente bassa (solo cinquemila nella città di Milano) che l'opinione pubblica fu portata ad accettare la tesi che poche "esaltate" lottavano per diritti niente affatto richiesti.
Puntualmente, il "Guerin Meschino" le deride:
"Eravate uno stuolo altoparlante contro il furor maschile che negava le schede sacrosante…. Oh meraviglia: le pugnaci file, nel giorno del cimento, si son ridotte appena… al tre per cento!".L'insistenza con cui i disegnatori sbeffeggiano e inchiodano moralmente la donna che lavora - che sia cameriera, dattilografa, attrice o professionista - la dice lunga sul tipo di disubbidienza e di accanita resistenza opposte dalla donna italiana alle leggi espulsive e discriminatorie emanate dal governo a partire dal 1923, via via fino al 1938, nel campo del lavoro impiegatizio, nell'insegnamento e nell'accesso all'Università. "Via le donne dagli uffici", "Le donne a casa", era il martellante ritornello di ex combattenti disoccupati, in cerca di lavoro impiegatizio, che accusavano le donne di occupare i loro posti "per soddisfare spese voluttuarie e di lusso".



La donna del ceto medio si difende come può contro i licenziamenti:
"Le supplenti postelegrafoniche in missione, coniugate, hanno presentato a S.E. il Ministro delle Poste un memoriale, per chiedere che sia usato loro lo stesso trattamento di revisione usato per le impiegate inabili. Infatti, la loro condizione di coniugate non deve costituire titolo di demerito o d'inferiorità rispetto alle altre impiegate. Chè, anzi, l'essere state scelte a compagne della loro vita da un galantuomo, forma un titolo di garanzia morale nei loro riguardi (….) Si aggiunge poi che non è legittima la presunzione per cui si ritiene generalmente che le maritate godano di migliore condizione finanziaria".
"La donna italiana", diretta da Maria Magri Zopegni, pubblica nel gennaio 1924 questa petizione e, stretta fra la fedeltà alle nuove direttive del regime e la simpatia per la causa emancipatoria della donna, istituisce nei locali della redazione un "Laboratorio pro disoccupate" per accogliervi e riciclare nella "via più adatta" le impiegate licenziate dai Ministeri e dagli uffici pubblici e privati.
La donna che si "mascolinizza" scegliendo le professioni e rinunciando alla "sua vera, naturale, sublime missione" va contro la concezione etica del fascismo che "vede nella donna innanzitutto e soprattutto la sposa, la madre, il pernio, il centro di gravità della famiglia, la detentrice del sacro
retaggio della stirpe (….)"1
Stirpe minacciata anche dalla moda sconsiderata che vuole una donna senza curve, antiprolifica, la cosiddetta "donna crisi" che "tiene lontane le tentazioni, che grado grado induce alle astinenze…"



Boccasile, dalle pagine di "Settebello", diretto da Zavattini e Campanile, con le sue femmine corpose e procaci si inserisce nel nuovo corso voluto dal regime: la donna anticrisi, tranquillizzante, dai fianchi larghi e prolifici dev'essere l'immagine della nuova italiana. La radio trasmette zuccherose canzonette dove abbondano felici mammine in casettine di periferia, il cinema italiano sforna "filme" popolari con personaggi femminili virtuosi e materni, ma nonostante gli sforzi della propaganda di regime le donne italiane continuano a lasciarsi sedurre dai miti hollywoodiani che propongono tipi di donne perdute, sensuali, con trucchi vistosi e marcati, o androgine "Grete" dal viso pallido ed inquietante.
Frequenti i richiami ai giornali che si occupano di produzione cinematografica, attraverso le "veline" di regime, per un sostegno aperto alla produzione italiana e per un boicottaggio della produzione di Hollywood, che contribuisce a divulgare modelli di comportamento "antieducativi, soprattutto nel campo femminile".
La satira, con la sua pungente ironia sulle aspiranti attrici, rivela gli aspetti più gretti dell'ambiente del cinema, tra ricatti di produttori e registi e protezioni imposte da alti gerarchi..
La parte finale della mostra, la più significativa e divertente, ripercorre attraverso la raffigurazione di eroiche massaie alle prese con ricette autarchiche o di giovani e sognanti ragazze di fronte agli eventi della guerra, l'ultimo periodo del ventennio. Dopo le sanzioni, la donna diviene protagonista delle "battaglie" ingaggiate dal regime: da quella del grano a quella contro gli sprechi. La massaia rurale, mito particolarmente caro al regime, impara che "l'agave, raschiata, dà una preziosa fibra per fare tela da sacchi": attraverso il controllo dei consumi e dosando con ingegno le poche risorse a disposizione, ella mette in pratica le nozioni di economia domestica studiate sui banchi di scuola.
Dai rotocalchi alle riviste scolastiche, i giornali rivolti alle famiglie abbondano di consigli e ricette autarchiche (tra cui "finte bistecche" e "fritto di finto cervello"):
"La tua cucina sia basata sulle saporite minestre, asciutte o in brodo, che mettono una buona base all'appagamento dell'appetito. Mentre cuoce il minestrone, nella medesima pentola puoi mettere le patate o la zuppa per la purea, i fagioli e le cipolle per l'insalata, la carne per il lesso e così, con un'unica fiamma, puoi ammanire minestra e pietanza. La polenta deve tenere un posto d'onore nell'alimentazione invernale, accanto ai legumi e agli intingoli vegetali, quando non c'è carne".
Agli umoristi è affidato il compito di ironizzare e sorridere sui disagi della guerra: il razionamento dei viveri, il tesseramento del burro e dell'olio, la sofisticazione dell'aceto sono temi ricorrenti nelle vignette de "Il Travaso delle idee" ed "Ecco Settebello", dove fini illustratori come Albertarelli, Apolloni, Onorato, Molino, Boccasile, tratteggiano argute e straniate figure femminili assorte unicamente dalla materialità della sopravvivenza.
 

Le vignette sono tratte dalle due testate: "Ecco Settebello" e "Il becco giallo".

Per informazioni sulla mostra amimp37@hotmail.com