Relazione tenuta in occasione del primo " Laboratorio di ricerca  femminista"

Il patriarcato è in crisi ? Pratiche di resistenza e spunti teorici

   
Milano, 13 dicembre 2008

Neopatriarcato

di Paola Melchiori

 

                                          
                                                                                                        

 

Se cerco di rispondere alla domanda sulle difficoltà che vive il femminismo proprio oggi che i suoi temi sono così “evidenti” nello spazio pubblico, e lo faccio dalla prospettiva del movimento internazionale nato sull’onda delle Conferenze ONU degli anni ottanta-novanta, direi che non si può prescindere dall’individuazione di una serie di elementi che rendono il quadro attuale molto diverso da quello in cui il femminismo degli anni settanta si è affermato. 
*Il movimento internazionale delle donne è ‘caduto’ in una certa invisibilità dopo la fine delle conferenze ONU che lo avevano sostenuto e favorito malgrado ciò non fosse nei loro obbiettivi.
*Questo “abbandono del movimento alle sue proprie forze”, che ha significato soprattutto un arretramento  in termini di risorse, è coinciso-ironia della sorte- con un momento storico che ha fatto virare le scoperte delle donne contro di loro.
* Agli aggiustamenti strutturali, che hanno usato la consapevolezza dell’ importanza del lavoro femminile per sfruttarlo meglio, si è aggiunto, inoltre, l’emergere dei fondamentalismi.

 L’uscita delle donne -per iniziativa autonoma- dal posto loro assegnato, che ha significato l’eliminazione dei meccanismi classici di ammortizzazione economica, sociale ed emozionale, si è semplicemente dimostrata intollerabile per tutti, (anche per gli uomini che si dicono  progressisti).
 E’ in questo contesto che va letta l’emersione di una violenza senza precedenti contro le donne, che attraversa, con cifre paurose, i paesi emancipati del Nord Europa  fino all’ultimo “barrio” latinoamericano. E che non può solo essere imputata all’emersione di qualcosa che prima c’era ma non si vedeva.
 Qualcosa è cambiato per sempre infatti sulla scena e questo  ha radicalizzato i termini del conflitto prima oscurato  dal  silenzio di una parte. Questo “silenzio” è finito. Ha iniziato a parlare in modo da non poter più essere categorizzato con altri nomi, né reso invisibile.
 E, tutte, abbiamo  sottovalutato il livello di violenza che tale sottrazione scatena negli  equilibri personali e sociali o quello che, semplicemente, essa mette in evidenza.
Ci troviamo oggi di fronte a un difficile quadro, che definirei  neopratriarcale, caratterizzato da una misoginia dilagante che salda gli elementi di un patriarcato classico e fondamentalista a quelli di un patriarcato moderno, liberale e superilluminato.
Si afferma, infatti, il messaggio che il femminismo sarebbe ormai demodè poichè i “residui” premoderni di cui si occupa saranno spazzati via dal trionfo delle democrazie neoliberali. E questa posizione è condivisa da molte giovani donne nate in un tempo dove alcune libertà sembrano naturali tanto quanto prima erano naturalmente negate.

Questo scenario  configura una scena radicalmente diversa rispetto a quella degli anni settanta, i cui paradossi sono particolarmente evidenti soprattutto nello  spazio pubblico della politica.
* Malgrado il fatto -ad esempio- che oggi la leadership dei  movimenti  sociali sia tutta  femminile, la scena pubblica, decisionale e intellettuale, salvo poche eccezioni, rimane tutta  maschile e,  come nel ‘68 ai tempi degli angeli del ciclostile, il lavoro politico sociale delle donne resta sempre percepito come il lavoro domestico nella società..
* Negli spazi  pubblici, malgrado i corpi femminili circolino “anche” come corpi pensanti , le donne accedono al potere ancora attraverso la protezione di uomini, o in quanto parte simbolica o reale di una coppia, o perché qualche uomo illuminato apre loro la via.
 *Nello stesso tempo destre fondamentaliste e militariste, riescono (in modo molto più abile della sinistra) a usare pienamente i guadagni del femminismo. Il teatrino Palin- Barbie delle elezioni USA ha mostrato in maniera esemplare questa tendenza peraltro evidente anche da noi.
* La destra è capace di giocare la femminilità assoluta, combinata con l’asservimento e la potenza del materno, insieme all’emancipazione.
* Le femministe sono strette in una trappola dove la repressione fondamentalista si salda a un illuminismo neoliberale, ugualmente misogino. Questo rende molto più complesse le lotte  e i messaggi possibili e ciò è particolarmente visibile nella gestione di proposte in uno spazio pubblico che vada al di là delle lotte puramente difensive.
* Le donne che occupano spazi di potere nel pubblico scontano una difficoltà di posizione che è strutturale: la difficoltà di rendere identificabile, nell’uso del potere e nelle scelte politiche, la differenza che le donne  potrebbero e possono fare.

Ci si muove purtroppo in un  terreno dove il nostro lavoro non è stato compiuto. Dove non si è ancora consolidato né concettualmente né nelle sue pratiche o modalità organizzative un nostro spazio, dove la storia- per così dire- ci precede.
Uno degli aspetti di questo lavoro incompiuto è l’illuminazione dei nessi che legano il patriarcato  al capitalismo e alla questione della democrazia, l’altro la valorizzazione di pratiche alternative sul piano della gestione e della concezione del potere.
 Certo, parte delle difficoltà per le femministe di rendere le proprie analisi visibili e praticabili è responsabilità di una sinistra che ha perso il suo orizzonte e non riesce a vedere i guadagni che l’analisi femminista apporterebbe nella comprensione della realtà e nella invenzione di nuovi progetti politici.
 
Esiste  anche una responsabilità nostra: La subalternità delle donne della sinistra ai propri partiti  nell’identificarsi con l’approccio “gruppo  vulnerabile”  rinuncia a quella pratica essenziale degli anni 70 che consisteva nel ridefinire le proprie questioni in mondo autonomo, porre le proprie priorità e conquistare la legittimità di un altro sapere e con ciò di altri paradigmi possibili.
 Compiere quel lavoro di cui parlo sopra mi sembra che oggi significhi la capacità, ove gli altri vedono esclusione, razzismo, capitalismo, di “illuminarne” lo strato patriarcale.
 Nessun altro lo può fare se non chi lo vive e da una certa posizione. L’insieme del confronto tra queste posizioni può creare mappe collettive del loro funzionamento e dei loro legami interni.

Significa guardare la società da tutte quelle zone nascoste che “naturalmente”  scivolano sotto la cura delle donne e come tali stanno nell’ombra.
Significa avere della società o della democrazia e delle regole che la devono sostenere una visione più completa, sia nel senso della complessità-estensione dei fenomeni che nel senso della profondità, perché prende in esame tutti gli aspetti, anche quelli più invisibili.

Le definizioni di democrazia/pace/guerra/giustizia/sicurezza, sono diverse in questa prospettiva, osservate da queste posizioni.
 Dobbiamo mantenere le condizioni e gli spazi per questo sguardo, per un  rovesciamento di prospettive, per una  ridefinizione autonoma delle questioni, delle priorità, delle forme organizzative. Queste sono le condizioni per una ridefinizione della politica. E questo io vedo fare spesso negli incontri così poco visibili del femminismo internazionale.

Significa non cedere sulla nostra  metodologia di conoscenza: esperienziale, complessa, non  frammentata, pluristratificata, molto specifica e molto generale ad un tempo ( il che ci permette anche di ridefinire il concetto di concretezza).

Non dobbiamo accettare la confusione tra  patriarcato  e capitalismo
: dove gli altri vedono  capitalismo, nazionalismo, razzismo, bisogna essere capaci di vedere e far vedere lo strato  patriarcale che è più antico.
Non dobbiamo accettare il ricatto “dell’approccio più globale”. L’approccio più globale è il patriarcato.
Non  dobbiamo accettare l’ alternativa tra  separatismo e lavoro in ambiti misti : le donne oggi lavorano normalmente in ambiti misti , è un segno di influenza e rispetto guadagnato. Tuttavia il movimento e anche coloro che occupano posizioni di potere ancora vivono sui residui delle visioni e  delle posizioni radicali rese possibili da un movimento che ha ridefinito tutte le questioni a modo suo, autonomamente e controcorrente, in un modo che sarebbe stato impossibile e ed impensabile in uno spazio misto e senza la metodologia dell’autocoscienza e il dare valore al confronto tra le  esperienze. Gli interessi maschili non sono gli stessi di quelli femminili e questo è occultato negli ambiti misti.
 
Il desiderio di smantellare tutti gli aspetti del patriarcato è per le donne una condizione di sopravvivenza, per gli uomini può essere condizione di comprensione-empatia.
Ma il sapere non viene dall’empatia, ma dall’esperienza in prima persona. Essa è il nostro punto di partenza  e la nostra forza teorica.