Ma a quali forme
dell’appartenenza posso affidarmi?
E’ solo un problema
di forme giuridiche, di leggi, di diritti, che dovrebbero ridisegnare la
percezione della società e dare vita a nuove forme di consapevolezza (ad
es. la modificazione costituzionale del principio della strutturazione
sociale della famiglia basata su una sessualità finalizzata alla
riproduzione) o c’è qualcosa di più? Perché 50 e 50?
Può darsi sia una
forzatura, ma una forzatura necessaria, come da molti/e, nel senso
comune, è percepita forzatura la legge che riguarda le unioni civili,
asserendo naturalmente che sì, il diritto dev’essere preservato, bisogna
essere democratici, ma quello di tipo individuale, non si può riconoscere
legittimità e riconoscimento sociale, simbolico, a relazioni diverse da
quelle eterosessuali.
Dobbiamo allora
essere consapevoli riguardo alla gestione del potere, ripensarlo, non
basta chiamarlo “autorevolezza” perché le cose cambino davvero.
L’idea di
trasversalità, di creazione e messa in atto di alleanze anche
imprevedibili, in realtà, è la sola che può dare una svolta alla politica.
Per quanto quest’idea comporti forse dei rischi sarebbero però di natura
diversa da quelli conosciuti fino ad oggi.
Il conflitto di
genere è ancora pesantemente presente, con uno svantaggio evidente per il
genere femminile, ma ancora poco “visto” nei luoghi istituzionali. L’appartenenza ideale sarebbe dunque al nostro genere, a un movimento in grado di ripensare le strutture profonde della società. Sarebbe interessante che nel nostro formarci alla politica, fossimo in grado di svelare, come alcune parlamentari del Nord Europa hanno fatto, attraverso quali meccanismi, messaggi e pratiche, anche non verbali, gli uomini svalorizzano la parola e il pensiero delle donne proprio nei luoghi del potere e delle scelte.
Il 50 e 50 darebbe
di certo una forza contrattuale in grado di ottenere risorse per la
formazione e la promozione di azioni in grado di far circolare il pensiero
e le pratiche politiche, i saperi delle donne, quello che a me sembra il
“cuore” del nostro impegno.
Nell’ambiente in cui
lavoro ho sperimentato, se pure in termini molto limitati, la differenza
che c’è quando le donne, numericamente, sono in numero paritario, o poco
meno che paritario, rispetto alla presenza maschile. E non c’è niente da fare, per quanto nel Parlamento ci possano essere uomini avveduti e più consapevoli rispetto ad altri, la maggioranza adotta atteggiamenti neppure troppo nascostamente maschilisti, rimane in silenzio riguardo alle grandi questioni sulla sessualità, la ripartizione dei ruoli e dei tempi nella cura, l’educazione civica, continuando a trasmettere valori oppressivi dell’individualità, un’offesa spesso inconsapevole nei confronti delle donne, che sono attaccate, più facilmente dei loro colleghi maschi, sul piano “personale”, legato alla rappresentazione tradizionale di una certa femminilità. E qui si vede quanto è importante la decostruzione dei generi, quanto ciò che sembra sia più lontano dalla politica, la condizioni pesantemente. Il 50 e 50, dal punto di vista simbolico, potrebbe spingere le donne e gli uomini a una riflessione su che cosa significa maschile/femminile, famiglia, potere, su quanto certe rappresentazioni tradizionali abbiano necessità della complicità e del contributo delle donne per perpetuarsi; avremmo la possibilità, come ho sentito dire in sede di discussione ad alcune, di confliggere o trovare invece delle linee comuni sulla base delle quali creare alleanze per delle azioni in grado di influire concretamente sulla vita pubblica. Alla fine, si tratta della possibilità di ripensare la qualità delle nostre relazioni e delle istituzioni strappandole alle logiche familistiche dell’inclusione/esclusione, della tutela e del controllo, di chiedersi cosa voglia dire essere libere, vivere in comune, che cosa fa tessuto sociale, la qualità insomma del nostro stare nel mondo.
|