La Nina Santa

di Sara Sesti





''E' un racconto sul bene e sul male non sulla sfida, ma sulla difficoltà e i pericoli di distinguerli l'uno dall'altro". Così Lucrecia Martel ha presento a Roma il suo secondo lungometraggio, La Nina Santa.

Argentina, nata nel 1966, la Martel è una delle più promettenti registe della new wave argentina. Dopo il successo internazionale del suo debutto, La cienaga, ha attratto su di sè l'attenzione di Pedro Almodovar, che figura tra i produttori de La Nina Santa.

Protagoniste del film sono due adolescenti, che si riuniscono in chiesa a discutere di temi religiosi: le piccole Amalia (Maria Alché) e Josefina (Julieta Zylberberg) quando non partecipano alla discussione, parlano in segreto dei baci sulla bocca. L'arrivo di un fascinoso medico, il dottor Jano (Carlos Belloso) giunto in città in occasione di un congresso, attira l'attenzione di Amalia, convinta di doverlo salvare per volere di Dio.

Lucrecia Martel mette in scena un racconto sulla difficoltà e sui pericoli di distinguere il bene dal male, passando dalla passione sessuale che distrugge istituzioni e miti, procedendo tra ricordi profondi, bugie accatastate negli anni, paure che fanno vergognare, desideri dannati. In questo processo la religione viene paradossalmente in aiuto come guida nelle profondità recondite dell’essere umano.

Il film è privo di finale e in numerosi tratti risulta statico. “La struttura classica del racconto” spiega la regista “è cosa bellissima, ma io non mi identifico in questo. Per me il finale non è un momento di rivelazione, è un momento del processo, ma non quello che ha più valore”.

13-1-2005