Non sono una signora
di Lea Melandri


Maddalena Sisto

Dopo il dibattito televisivo di martedì sera tra i leader delle due coalizioni, sappiamo che Berlusconi, oltre a pensare che le donne - definite "signore" per cavalleria o per collocazione di classe - sono naturalmente propense a privilegiare casa e famiglia, le considera anche dotate, ed è questa la novità, di una "intelligenza" intesa "nel senso etimologico di intelligere", saper leggere, capire la realtà. Qualcuno si sarà chiesto come definire invece l' "altra" intelligenza, quella che ha dato così mediocre prova di sé nella forma della più tradizionale contesa tra maschi: il duello. Ma è un discorso che ci porterebbe lontano. Prodi, a sua volta, non è sembrato scostarsi dal senso comune politico, considerando le donne alla stregua di minoranze svantaggiate, bisognose di azioni positive, come le quote. Unico particolare interessante, frutto di quella componente traditrice e indiscreta del pensiero che gli psicanalisti chiamano "libere associazioni", è stato il passaggio rapido, inaspettato, dal problema donne al discorso sull'abolizione della leva militare obbligatoria.

Un approfondimento in questo senso sarebbe sicuramente di grande utilità a una politica che resta arroccata sul potere di un sesso solo, ostentatamente ignara dell'ondata di indignazione, insofferenza femminile che si sta materializzando in tutti i luoghi della vita pubblica: piazze, parlamenti, media, professioni, ecc. Non è la prima volta che un giornalista interpella Romano Prodi su questo tema -sia pure nei termini tradizionali di "questione femminile". Non molto tempo fa, durante un'intervista su Italia Uno, alla domanda come vedesse le donne, sospese nel quotidiano acrobatismo tra casa e lavoro, Prodi rispondeva parlando di assegni famigliari, asili nido, bonus per i figli, politiche sociali di ausilio a un ruolo femminile, ritenuto evidentemente immodificabile, di moglie e madre. La parola donna non è mai stata pronunciata. Nel messaggio inviato in occasione della ricorrenza dell'8 marzo alle "care amiche", il premier della coalizione che vanta il "maggior numero di donne possibili" in un futuro governo si è dilungato, senza avvertire alcuna contraddizione, prima sulla "bravura", l'impegno, la dedizione dimostrati dal lungo cammino della emancipazione femminile, e, subito dopo, sulla "fatica", le ingiustizie, le discriminazioni, i soprusi e le violenze che le donne sono ancora costrette a subire, sia nel privato che nel pubblico. In questo caso erano gli uomini a non essere nominati, se non indirettamente, velatamente, là dove si accenna alla "scarsa collaborazione di chi, esattamente come voi, è chiamato a far funzionare le cose, ma si sottrae alla responsabilità".

Nelle diete dissociate, se si mangia la carne a pranzo si lascia la pasta per la sera, perché insieme i due alimenti fanno male. Così sembra essere per quanto riguarda le donne e gli uomini: mai nominarli insieme, mai dire che l'uno richiama inevitabilmente l'altra, in quanto modellata sulla costruzione che il sesso dominante ha fatto del suo essere "diversa", mai ammettere che lo spartizione dei ruoli sessuali -donna uguale a corpo, natura; uomo uguale a legge, linguaggio, storia- è l'atto fondativo della politica, ragione prima di tutte le violenze, le ingiustizie, le illibertà che si porta dietro, delle pulsioni arcaiche mai spente che irrompono come invariabili eterne nella storia. Quando smetteranno gli uomini di parlare delle donne come se loro non c'entrassero -come se la maternità, l'aborto, la cura di figli e anziani fossero funzioni specificamente o biologicamente femminili? Quando si accorgeranno che la vicenda dei sessi, una volta arrivata alla coscienza, rimuoverla diventa un affanno inutile, la debole rivalsa di chi ha ormai perso la guerra?

"Le donne -scrive sempre Prodi- fanno bene alla democrazia". Strano linguaggio, per parlare dell'altra metà della specie umana. "Far bene" lo si dice di una medicina, di un ricostituente, di una vacanza, pensando alla salute fisica e psichica. Vale, generalmente, per la vita privata, per la persona. "Risorse", in questo senso, le donne di famiglia lo sono sempre state; l'avanzamento, l'emancipazione sarebbe, nell'auspicio degli uomini più democratici, che lo diventassero anche per la vita pubblica e le sue istituzioni. Dietro l'apparenza della laicità, il modo con cui la maggioranza degli uomini vedono il femminile è simile a quello con cui la Chiesa ha guardato alla Madonna.
Da una parte -come scrive Ida Magli (La Madonna, Rizzoli 1987)- il rifiuto, l'odio, la ripugnanza, dall'altro il processo di identificazione nell'oggetto immaginario che sostiene e guida verso la meta desiderata".

Le donne non "salveranno" la civiltà dalle spinte distruttive che l'attraversano, né potranno da sole risollevare la politica dalla mutilazione che l'accompagna da sempre e che è alla base della sua separatezza -in quanto appannaggio di soli uomini, ma anche cerchio chiuso, autoreferenziale, distante dalla vita delle persone e dagli umori sociali. Non possono, perché millenni di schiavitù non danno tanta libertà, perché allevare "creature di sangue" lascia pochissime energie per le creazioni dello spirito. Forse oggi, più consapevoli del ruolo sussidiario, infantilizzante e solo strumentalmente esaltato, che è stato loro imposto, neppure lo vogliono. E' meglio che gli uomini lo sappiano. Antigone, che la letteratura ha voluto "sepolta viva" in una tomba divenuta per lei "culla, nido, casa" , zona di nessuno tra vivi e morti, non è più, come la descrive Maria Zambiano, il luogo dove la storia va a "riflettersi e rigenerarsi", né ha più intenzione di offrire il suo "sacrificio vivificante" perché la politica, che ha cancellato le donne, possa risanare le sue faglie sempre più larghe.

Fuori di metafora: sul palcoscenico televisivo, allestito per la rappresentazione più attesa della stagione elettorale in corso -la sfida tra i due primi attori, come in un classico film western- c'erano solo uomini, è vero, ma un fantasma si aggirava tra i conteggi da consiglio di amministrazione, tra i tecnicismi da specialisti della governabilità, tra le battute a fil di spada che ribalzavano sul contaminuti come scintille appena percettibili: lo sguardo di una presenza/assenza, che nessuna retorica familista o buonista può più cancellare, quella delle donne che oggi manifestano nelle piazze, nelle assemblee cittadine, la ferrea volontà di non lasciare il mondo nelle mani di chi ha dimostrato di farne un così cattivo uso.

Molte, spettatrici loro malgrado, si saranno chieste perché non si sia deciso, come avviene di solito, di far comparire almeno una rappresentante del sesso femminile. Escluse le veline, per l'austerità della messa in scena, si poteva invitare una giornalista. Ma, per la par condicio, ne sarebbero occorse due, una per coalizione. In questo caso però, due donne incaricate di far domande avrebbero fatto risaltare ancora di più che chi "da risposte", e non da ieri, sono sempre uomini. A questo punto ci sarebbero voluti due leader di sesso femminile, una prospettiva decisamente fantapolitica. E' così che la par condicio finisce, platealmente, per svelare l'unica condicio che la storia ha contemplato finora per decidere delle sorti del mondo: appartenere al sesso dominante.

Da Liberazione del 16-3-06