Non posso guardare la foto di quel bimbo morto prima di nascere

di Maddalena Gasparini


Colpisce con violenza, per uccidere, la donna che amava e ne seppellisce il corpo gravido, quando ancora respirava. 

Il delitto va in cronaca nera, a lato i commenti di giallisti e psichiatri, di fianco le foto della coppia al tempo della felicità: si allunga la lista della quotidiana barbarie di mariti e amanti, padri e fratelli.

Ma non basta. La salma del figlio nato per mano dell’anatomo-patologo e che pietà avrebbe voluto lasciar riposare nel corpo materno, viene mostrata dalle pagine dei quotidiani «per indurre - parole di teologo - a una seria riflessione sul valore della vita».

Critici i giornalisti sull’opportunità, perplesso il presidente del Comitato nazionale di bioetica per la violazione della privacy, sconfortato Massimo Cacciari, il filosofo laico cui non resta che invocare un dio, con la d minuscola. 

L’omicida è stato trasferito a un altro carcere, i detenuti l’hanno emarginato e minacciato. Altri padri, altri mariti, altri amanti, responsabili di altri delitti, non vogliono saperne di un uomo che insieme alla sua donna ha ammazzato il figlio che portava in grembo.

Come ai filosofi e ai giornalisti e ai teologi mancano loro le parole per dire di sé, preferiscono parlare d’altro. La “vita” per esempio, quella che le donne portano nel mondo, separata dai corpi viventi può farsi rappresentare dalla morte.

 «Il patriarcato è (quasi) finito - scrive Franca Fossati su Europa - ma il suo rovinare non è meno pericoloso della sua fase trionfante».

Morto (forse) nelle vite private, è ricomparso nelle sfere della politica, della religione, della scienza, finendo col dar legittimità - seppure allucinata - a una guerra sanguinosa: fra il 28 aprile e il 5 maggio, in una settimana, sei donne sono state uccise da un uomo cui erano, o erano state, legate d’amore.

Se «l’aborto è un piccolo omicidio» (nelle parole dell’ex presidente del Senato), se le donne per legge non possono disporre di sé (come recita la legge 40), se sono più utili quando mettono a disposizione gli ovociti per far cellule staminali, se hanno bisogno di aiuto per scegliere il proprio destino, allora un uomo può pensare di disporne, fino alla morte.

La violenza di questi giorni ci dice qualcosa del rapporto fra i sessi, del persistere della complicità maschile col patriarcato di stato, della necessità che anche gli uomini prendano la parola, vedano quanto ancora la virilità è legata alla sopraffazione, il piacere sessuale al dominio, la sessualità alla riproduzione. Nemmeno i bambini morti prima di nascere ci vengono risparmiati, in nome della difesa della vita.

Solo la madre poteva difendere la vita di quel bambino, e l’uomo che ne era il padre non glielo ha permesso. Vederne la salma può essere d’aiuto per le persone vicine alla donna uccisa, nello strazio della perdita permettere il ricordo di un futuro negato. E forse questo ha indotto i famigliari a chiedere la pubblicazione della sua foto su un giornale.

Ma per me guardarla è un’insopportabile intrusione in un dolore che non posso immaginare.

questo articolo è apparso su Liberazione del 14  maggio 2006