Claudia Alemani, M.Cristina Fedrigotti, Donne e nonne

Marina Piazza, L'età in più


Manuela Cartosio

 

Se le donne, come insiste Chiara Saraceno, sono “la gamba nascosta” del welfare italiano, imperniato più sulla famiglia  che sui servizi sociali, le nonne costituiscono un pezzo consistente di questa gamba. Nel nostro paese, il 68% dei bambini da 0 a 2 anni viene affidato ai nonni, il 60% vede i nonni tutti i giorni. L’affidamento sale al 70% per i bambini tra i 3 e i 5 anni e resta alto fino ai 13 anni. Per una volta si può essere d’accordo con Benedetto XVI che ha definito i nonni “un tesoro”.

Il ruolo dei nonni, addirittura beatificati con una festa ad hoc, è stato indagato da molte ricerche di taglio socio-economico. I due libri di cui parliamo fanno una cosa diversa: concentrano l’attenzione sulle nonne  che negli anni Settanta sono state femministe e, in qualche modo, continuano a esserlo. Quanto il pensiero e la pratica femminista rendono queste nonne “particolari” e “diverse” dal passato?

Per rispondere a questa domanda Claudia Alemani e Maria Cristina Fedrigotti, autrici di Donne e nonne,  hanno intervistato venti nonne milanesi, tra i 60 e i 68 anni, per lo più laureate, di ceto medio, quasi tutte in pensione, alcune ancora con un anziano genitore da assistere.
Marina Piazza, sociologa, femminista e nonna, fa tutto da sola, si interroga e si risponde. La nonnità  è un filo robusto, originario, del suo ultimo libro, L’età in più, narrazione in fogli sparsi sulla vecchiaia.
I due libri convergono su molti punti, non su tutto.

Con gradazioni e sfumature  diverse,  per tutte  la gioia, l’allegria, la felicità del rapporto con i nipotini superano di gran lunga la fatica fisica e i vincoli dell’accudimento.  Lo stato di grazia della nonnità compensa i sensi di colpi d’essere state madri “distratte” e “di corsa”.  “Un regalo tardivo che ci fa la vita”, scrive Marina, “un ritorno alla maternità che abbiamo vissuto poco, furiosamente impegnate a trasformare il mondo”. Nel rapporto con il piccolo Giovanni lei riconosce i tratti dell’innamoramento. Le nonne intervistate, pur non spingendosi a tanto, raccontano il piacere di ”godersi” i nipoti, fatto di pastrugnamenti, giochi, scoperte, complicità. Un amore gratuito, che regala la certezza d’essere ricambiate. Un ultimo giro di giostra, contro il calendario che vorrebbe tutte le passioni ormai spente. Un soffio di eternità,  che aiuta a venire a patti con la morte che si avvicina.

I due libri convergono anche nelle definizioni che le nonne danno di sé.  “Non autorevole, ma amorosa e giocosa”, scrive Marina. Le intervistate fanno eco: “Una nonna che ride”, “Che si diverte un sacco”, “Una nonna sicuramente strana, non tradizionale”,  “Un po’ stupefacente”,  “Una nonna particolare, diversa”, “Una nonna per scelta”.  Queste auto definizioni, in cui si riconosce l’impronta sia dell’antiautoritarismo sessantottino che del femminismo, dicono molto della percezione di sé, ma non esauriscono tutte le sfaccettature dell’essere nonne.

Ed è qui che i due libri divergono. La nonnità di Marina Piazza è una rotonda esperienza di felicità, senza grinze e smagliature (forse perché per ragioni geografiche lei con il nipotino non ci sta tutti i giorni, ma solo nei periodi delle feste e delle vacanze). Il vissuto delle altre, invece, non è tutto rose e fiori, è segnato dall’ambivalenza che le autrici di Donne e nonne individuano come la caratteristica saliente che emerge dalle interviste. Ambivalenza tra la difesa dei propri spazi di libertà e l’essere sempre “a disposizione”, tra il desiderio che le figlie e i figli se la cavino da soli e il non voler perdere un ruolo significativo nelle loro vite, tra l’aver messo in discussione da giovani la famiglia e il salvaguardarne l’unità e la funzionalità da nonne, tra l’aver battagliato per ottenere nidi e servizi pubblici e sopperire ora alla loro mancanza,  tra l’aver contestato la divisione sessuale del lavoro domestico e di cura ed essere costrette a eternizzarla.

Non cadere nella trappola dell’ipersemplificazione, osserva nella prefazione la psicoanalista Gabriella Mariotti, è il pregio di questa ricerca:  le ex ragazze femministe non sono né regredite allo stereotipo della nonna tradizionale, né se lo sono buttate alle spalle del tutto, senza residui.
Sono donne sospese, consapevoli di esserlo.  Irrequiete, non pacificate. Anche nella maturità avanzata, l’autocoscienza non è a costo zero e il femminismo non è il talismano della felicità.
Nello stesso tempo, se si guarda al passato e al futuro, sono nonne privilegiate: appartengono alla generazione dei baby boomers, hanno vissuto il meglio del Novecento, hanno beneficiato delle grandi conquiste sociali dei Trenta Gloriosi, sono state protagoniste di profonde trasformazioni culturali e politiche. Hanno avuto lavori sicuri e paghe dignitose. Hanno pensioni decenti, maturate a 60 anni, sono ancora vispe e in salute, dispongono di tempo per sé e per gli altri e, quasi sempre, di una casa di proprietà e di un conto in banca. Sono nonne di lusso in via di rapida estinzione. Purtroppo.

 

Claudia Alemani, M.Cristina Fedrigotti,
Donne e nonne. I volti di un ruolo sociale
Stripes edizioni, 2012
Pagine 124, € 13,00
Marina Piazza,
L’età in più
Ghena, 2012
Pagine 173, € 13,00

 

 

24-07-2012

 

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