Nostalgie e speranze per un papa

di Marta Ghezzi

 
Rachel Ruysch


Ora che Giovanni Paolo II è morto e che su di lui si sta scatenando l’accanimento mediatico di tutto il mondo,celebrandone giustificate lodi,per cui lo vedremo sicuramente Santo (del resto ne hanno fatti meno degni di lui) mi sento di esprimere delle nostalgie e dei desideri.

Con nostalgia, ma forse perché ero giovane e pronta ad ogni novità, ricordo con struggimento Giovanni XXIII di cui, abitando allora vicino a San Pietro, ho seguito l’agonia. Un Papa veramente semplice, umile, anticonformista, che ha per primo (dopo San Francesco e qualche missionario dimenticato) tentato un vero dialogo interreligioso,con i diversi,senza demonizzare nessuno, aprendo le porte e le orecchie della Chiesa agli ortodossi,ai musulmani,agli atei confessi. E nostalgia per Paolo VI che ho conosciuto la prima volta come cardinale alla marcia della pace Firenze-Siena e che come Papa ha coltivato l’arte del dubbio, si è avvicinato alla modernità e alla scienza senza anatemi,senza paura ma con il sincero interesse e voglia di capire distinguendo quello che è dottrina su di un piano etico e quello che è dogma su un piano teologico trascendentale.

E poi vorrei esprimere un desiderio. Mi piacerebbe un Papa nero non solo perché mi piacciono i neri ma perché penso che la vitalità dell’Africa,la sua creatività, le sue capacità di resistenza, di sopportazione del dolore e di espressione di gioia  di vivere, potrebbe dare una buona spallata alla realtà curiale impaludata.

O anche mi piacerebbe un Papa sudamericano, magari indio, o comunque espressione delle Comunità di base che esprimono con la vicinanza ai poveri quella Teologia della liberazione che pur condannata dalla Chiesa ufficiale perché “troppo vicina ai marxisti" non ha ancora estinto la sua vena propulsiva. Del resto, come diceva il cardinal Camara, “quando mi occupo di poveri mi dicono Santo e quando mi chiedo quali sono le cause della povertà e quali rimedi si possono attivare mi danno del marxista”.

Di Giovanni Paolo II si può dire tutto il bene che si vuole e non basterebbe. Grandi sono i suoi meriti nell’aver denunciato gli errori della Chiesa, gli orrori dei totalitarismi (nazismo  e comunismo) ma ha saputo anche denunciare  le colpe del capitalismo, i limiti del neo liberismo più e forse  meglio di persone sedicenti di sinistra  e propense a un riformismo moderato.

Nello stesso tempo non si possono dimenticare il suo conservatorismo, tradizionalismo assoluto, fino all’integralismo, in campo etico ed in particolare in tema di morale sessuale. Molti tra i cattolici stessi, hanno denunciato la sua sessuofobia, la sua estraneità al sentire contemporaneo.

I tentativi di dialogo della società laica  in merito a contraccezione aborto e omosessualità hanno registrato solo una lunga e imperturbabile sequela di no da parte della Chiesa che ha mostrato la sua ferma intransigenza .anche in relazione all’ordinamento sacerdotale delle donne.

Non solo i gay cattolici ma anche teologi come Hans Kung denunciano la “fallibilità del Pontefice e l’incoerenza di Wojtyla  nei confronti della donna , esaltata dal punto di vista teologico e negata sotto il profilo umani (divieto dell’uso della pillola,anche quella del giorno dopo anche degli stupri  e del preservativo anche quando si rileva l’unico antidoto all’AIDS) I cattolici americani denunciano il silenzio sulla questione dei preti pedofili e del celibato dei preti. Pur avendo detto parole chiare e forti contro la guerra e la pena di morte non ha esitato ad allinearsi con i più feroci fondamentalisti in materia di embrioni,aborto,eutanasia.

Così si è presentato non come un amico delle donne ,pur esaltando la Madonna e le Sante  ma come nemico della libertà dell’individuo, della rivoluzione femminile, l’unica rivoluzione non violenta del secolo scorso.

Questo arroccamento istituzionale della Chiesa impersonato dal Papa Giovanni Paolo contro divorzio, aborto, manipolazione degli embrioni  matrimoni omosessuali ,per il celibato dei preti e l’esclusione delle donne  dal sacerdozio può essere letto  come un’altra forma di totalitarismo e come dice il Priore di Bose Enzo Bianchi  può portare da una parte verso il fondamentalismo e dall’altra verso soluzioni religiose di tipo intimistico, Fenomeni come la sete dei miracoli, la ricerca del sensazionale, la bulimia del sacro che va ad occupare il vuoto di cultura religiosa che caratterizzano l’occidente.

Occorre una nuova teologia come quella auspicata da Pannikar, un vero incontro su di un piano di pari dignità tra le diverse religioni

Per questo mi  piacerebbe un  Papa nero o un Papa indio visto che con le papesse  siamo troppo in anticipo sui tempi storici.       

16 aprile 2005