F.
de La Motte-Fouqué, I. Bachmann
Il libro raccoglie la favola romantica, scritta nel 1811 dal barone La Motte-Fouqué e "Ondina se ne va" di Ingeborg Bachmann, contenuta nella raccolta Il trentesimo anno e pubblicata su licenza dell'Adelphi, nonché una riflessione di Lea Melandri su queste due figure dell'amore femminile, la ninfa emersa dai flutti, a cui il cavaliere Hildebrando dà un'anima e la Ondina moderna, dalla lucida coscienza di donna che lancia un'invettiva tenera e rabbiosa contro la falsità degli uomini. La loro prossimità sta forse in quel nodo che stringe insieme estasi e gelo, gioia e lacrime, amore e morte, consegnando la favola amorosa ad un'invarianza, che sfida le lucide acquisizioni della coscienza storica per restituirci la figura della Madre amante, l'originaria sembianza di una felicità assoluta, quella singolare unità a due della coppia madre-figlio, dove si condensa l'illusoria speranza che sia l'amore ad aprire un'oasi di innocenza e di accoglimento reciproco tra i sessi. Ma l'isola, su cui Bachmann vorrebbe far crescere generazioni di figli svincolati dall'eredità dei padri, non esiste, così come l'amore totale che lega Ondina a Hildebrando, non tollera abbandoni o tradimenti, pena la morte di entrambi gli amanti
Pubblichiamo l'introduzione al libro Madre
amante di Lea Melandri Che cosa possono avere in comune la favola di un romantico barone del primo '900 e l'"invettiva" tenera e rabbiosa contro gli uomini di una lucida coscienza femminile vicina a noi, come Ingeborg Bachmann? Accanto a matrimoni, famiglie, progenie, con cui ha inteso adempiere ai doveri della sua vita civile, l'uomo non ha mai smesso di celebrare altre "nozze", lontano da parate istituzionali e in sintonia coi richiami antichi della sua appartenenza al mondo naturale. Il sogno di un "amore totale" non poteva che appoggiarsi, nostalgicamente, alle acque da cui è nato e dove ha conosciuto una irripetibile continuità o fusione con un altro essere. Ondina, figlia delle profondità del mare, è figura di una "ragione più alta", estranea all'ordine esistente e vicina all'"estasi". Nulla è più inebriante, ha scritto Luce Irigaray, di quelle "acque immemorabili" che il superuomo nietzchiano vorrebbe trasformare in "altitudine e luce", e da cui ha continuato a distanza, e forse proprio per questa inattingibilità, ad alimentare i suoi sogni e i suoi pensieri più audaci. "Nulla è più inebriante e pericoloso come il mare. E ancora deve venire chi vivrà quell'amore spingendosi dove non si trova terraferma. Lasciando la sua roccia, la sua imbarcazione ( ) per provare l'ebbrezza di quella immensità( ) E penetrando sempre più avanti nei flutti, essi scoprono il tumulto dei sogni più alti. La sete di pensieri più audaci. Il richiamo di verità ancora inaudite. Seduzione che li attira al di là di ogni bordo. Al di qua di ogni riva." (1) L'"amante marina" è creatura dell'uomo, la statua che Pigmalione vede trasformarsi in donna, la ninfa emersa dai flutti a cui il Cavaliere Uldebrando, nella favola di La Motte-Fouqué, dà un'"anima" umana. Ma è anche quel luogo di perdizione e di salvezza, "prodotto dalla follia maschile", di cui parla Otto Weininger in Sesso e carattere: "La donna è l'oggettivazione della sessualità maschile, la sessualità incarnata, la sua colpa divenuta carne. L'amore deve ricoprire la colpa, invece di vincerla; esso innalza la donna invece di annullarla." (2) "L'erotismo non usa della donna che per facilitare ed abbreviare la lotta; essa non vuole da lei se non che sporga il ramo cui attaccarsi più facilmente per salire alla redenzione."(3) "Non si vuole cessare di usarla come recipiente dell'idea della propria perfezione, di immaginare quest'ultima come realizzata nella donna per realizzare poi insieme a lei, trasformata in portatrice del valore supremo, il proprio figlio spirituale, il proprio Io migliore". (4) "Voi
avete sognato di me", dice Bachmann nel momento in cui, disincantata
Ondina, ha deciso di non dire "mai più né 'tu' né
'sì'".
La "sconosciuta" che intona il lamento ai matrimoni e che guarda
dietro la maschera delle abitudini coniugali, la donna nel cui bacio si
potrebbe morire, è, per il sesso che ha imposto la sua lingua e
la sua legge, l'altro, il diverso, lo straniero dal volto duplice e contraddittorio:
prodotto dalle "scorie della storia, delle pulsioni e degli istinti",
a metà tra la "natura selvaggia" e la strada che porta
alla civiltà, ma, per un altro verso, anche potenza originaria,
immane e immutabile come il mare, o spirito custode di verità inaudite. Forse il
nodo che ha stretto insieme estasi e gelo, gioia e lacrime, amore e morte,
consegnando la favola amorosa a un'invarianza che sfida le più
lucide acquisizioni della coscienza storica, sta nella figura della Madre
amante. Le attrattive femminili che l'uomo ha creduto più minacciose
per sé, tanto da giustificare l'esclusione della donna dal "contratto
sociale", sono legate alla seduzione e alla maternità, le
due "armi" che secondo Virginia Woolf fanno da contraltare all'"hitlerismo
inconscio" degli uomini, alla loro passione per il dominio, e con
cui le donne, schiave, cercano "di rendere schiavi gli altri".
"È soltanto grazie a un lavoro continuo, sempre da ricominciare, -scrive Pierre Bourdieu- che può essere sottratta alle acque fredde del calcolo, della violenza e dell'interesse, l'isola incantata dell'amore, luogo di una serie protratta di miracoli: quello della non-volenza, reso possibile dall'instaurarsi di rapporti fondati sulla piena reciprocità, tali da autorizzare l'abbandono e il dono di sé". (5) "L'amore è un'eccezione, la sola, anche se di prima grandezza, alla legge del dominio maschile, una messa tra parentesi della violenza simbolica, o la forma suprema, perché la più sottile, la più invisibile, di tale violenza?" (6)
"Il verde terreno ove era costruita la sua capanna si stendeva ampio, entro un gran lago, e sembrava che quella lingua di terra vi fosse penetrata addentro con violenza per amore della chiara, lucentissima onda azzurrina, e come se anche l'acqua avesse ghermito con braccia innamorate la bella prateria con le sue alte erbe ondeggianti e i fiori e le fresche, ristoratrici ombre dei suoi alberi. L'una era ospite dell'altro." (7) Nel ricevere un' "anima", Ondina rinuncia agli umori mutevoli e ribelli della sua origine per una "timida devozione" allo sposo con cui dovrà accordare tutti i suoi desideri, lascia l'innocente gaiezza degli spiriti marini per caricarsi dei "lutti" e delle "angosce" del genere umano. Al Cavaliere che vede in lei un "paradiso" verdeggiante e fiorito, promette una felicità sconosciuta, ma lascia intravedere anche l'ombra di una pesante ipoteca. L'amore totale non tollera abbandoni o tradimenti, pena la morte di entrambi gli amanti. "Ora io posseggo un'anima, grazie a te, o indicibilmente amato, e te ne ringrazierò se tu non mi farai misera per tutta la vita. Perché che cosa sarebbe di me se tu mi scacciassi e mi ripudiassi?" (8) Ondina può
abbandonare la sua prima indole, che la faceva libera e innocente come
le creature del mare e dell'aria, per diventare "amante e dolorante
donna", ma impone a chi l'ha trasformata a sua immagine e somiglianza
di "tenerla presso di sé", nel rispetto di una legge,
divina o naturale, che trascende la storia e il potere dei singoli. "E quando gli alberi gettavano le loro ombre, mi pareva di udire una voce: Insegnagli il linguaggio delle ombre! Il mondo è un esperimento e basta ripetere sempre allo stesso modo questo esperimento perché il risultato non cambi. Fanne un altro esperimento! Lascialo andare dalle ombre! Sinora il risultato era stato: una vita nella colpa, nell'amore e nella disperazione ( )Io invece avrei potuto renderlo libero per una vita diversa." (10) Nelle "moderne
ascete" dell'inizio del '900, descritte con la stessa enfasi "naturalistica"
-montagne innevate, ghiacciai spendenti-, Sibilla Aleramo cercava quella
"fiamma d'amore" che avrebbe riscaldato gli uomini "inevitabilmente
un po' tristi e un po' smarriti" e rigenerato la coscienza umana.
(11) " essa lo baciò con un divino bacio e non se ne sciolse più, ma lo strinse a sé più profondamente e pianse, quasi volesse esalare col pianto l'anima sua." (12) "Quelle lacrime penetrarono negli occhi del Cavaliere e fluirono attraverso il suo petto in un dolore dolce e caro; finchè il respiro si spense e il suo corpo esanime reclinò giù dalle belle braccia di lei, sopra i guanciali del letto. 'L'ho ucciso io col mio pianto' " (13)
Bachmann
non aspetta che sia un Dio a sollevarla dalla propensione ad amare in
modo assoluto -amori sempre diversi e sempre uguali, presto e mai del
tutto dimenticati, pronti a ricominciare, lo "stesso amore"
e lo "stesso errore", a cui "si è predestinati".
Un'Ondina che non ha più bisogno di un Pigmalione per avere vita
e pensieri, può voltare le spalle e, andandosene, in un ultimo
sguardo pronunciare le parole di un lungo silenzio, togliere la maschera
ai luoghi che le erano parsi pieni di luce. "Sono sott'acqua ( ) E lassù passa uno che odia l'acqua e odia il verde e non capisce, non capirà mai. Come io non ho mai capito. Ormai muta, quasi sentendo ancora il richiamo. Vieni, una volta sola. Vieni!"(14) L' "amante marina", sottratta alla favola che l'ha posta al centro dei sogni dell'uomo, non sembra tuttavia aver perduto, agli occhi della donna che l'ha portata dentro di sé come un destino, il fascino che assume un'esistenza estranea alle bassezze della storia e capace, contro un ordine che conosce solo l'"utile", di far emergere una "grande idea priva di praticità". Pur pagato col prezzo di una eroica dolorosa solitudine, l'incanto di acque rigeneratrici non si eclissa con la stessa rapidità degli amori a cui ha dato alimento. "Né le vostre mogli, malate per la vostra presenza, né i vostri figli, condannati da voi ad avere un futuro, hanno saputo insegnarvi la morte, ve l'hanno solo fatta assaggiare un poco alla volta. Mentre io ve l'ho insegnata con uno sguardo ( ) E tu, mio amato, parlavi con voce più pacata, e, completamente veritiero e in salvo, libero da ogni impedimento, hai rivelato il tuo spirito triste e grande " (15) In questo
passaggio della coscienza storica, che sottrae il femminile all'immaginario
che abbiamo ereditato per portarlo dentro i racconti delle donne, incantamento
e lucidità di analisi procedono spesso insieme. Non c'è
dubbio che le acque, che si sono confuse all'origine lasciando nei corpi
la memoria di un'indistinzione seducente e minacciosa per l'integrità
dell'individuo, esercitano un fascino duraturo, non solo metaforico, su
entrambi i sessi. "Il mare è il mistero dei misteri ( ) una creatura bella che non si lascia accarezzare, una cosa grande che non si può abbracciare; che ride sola, che piange sola, che si riposa e si agita senza nostro consenso." (16)
Note:
F.
de La Motte-Fouqué, I. Bachmann,
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