Onora il padre e la madre

di Gianna Beltrami

 


 
Film terribile, avvincente e duro. Potrebbe essere messo nella categoria dei “gialli” perché l’evento centrale della trama è una rapina intorno alla quale si muovono i personaggi, in un racconto spezzettato del prima e del dopo.       

Non è nemmeno una storia di fatti casuali e di fatali coincidenze, ma è un’analisi cruda di personaggi gratuitamente crudeli: quelli che gli intervistati  dalla televisione dopo un delitto descrivono come persone “del tutto normali”, i vicini della porta accanto con una facciata decorosa. Molti recenti fatti di cronaca richiamano questa storia.

Come non ricordare “La banalità del male” di Hannah Arendt?

Per essere in grado di gestire la propria vita – la bella casa, la bella moglie, i versamenti mensili per gli alimenti alla figlia - ai protagonisti serve  denaro su denaro, sempre insufficiente e procurato in tanti modi. E  il denaro non basta, occorre tenersi su anche con l’alcool e con le droghe, assunte in un ambiente asettico e raffinato come un panoramico appartamento di New York.

I due fratelli, protagonisti del film, sono inquadrati nella famiglia d’origine che gestisce una piccola oreficeria: il brutto e grosso Andy  in competizione col padre che non lo ha mai accettato ed Hank il cucciolo bello e fragile, troppo protetto per poter crescere.  Personaggio centrale è Andy, un piccolo uomo che si sogna capace e vincente, esempio della persona banale che scarica  la sua aggressività quasi senza rendersene conto.

Regista del film è l’ottantaquattrenne Sidney Lumet la cui regia è lucida e incalzante. Gli attori sono straordinari e specialmente il padre (Albert Finney) e Andy (Philip Seymour Hoffman, premio Oscar nel 2005 nel film “Truman Capote: a sangue freddo” )

Il film è un pugno nello stomaco. Una spettatrice uscendo dal cinema mi ha  chiesto dove un  uomo vecchio come Lumet avesse potuto trovare una così forte espressione di violenza,  io le ho risposto che si era semplicemente guardato intorno !

 

 

15-03-08

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