PACE
Riflessioni del gruppo della Libera Università delle Donne di Cernusco sul Naviglio

A cura di Donatella Bassanesi


 

Rispetto alla annunciata guerra contro l'Irak appare chiaro come l'Unum Imperum, l'Impero pretenda obbedienza assoluta (sei con me o sei contro di me), non intenda ascoltare alcun pensiero che non assecondi il suo imperativo, non accetti alcuna mediazione, non intenda ascoltare alcunché turbi la compattezza della sua imposizione.
In Iraq, adesso, ci sono navi dappertutto: un popolo accerchiato. Alla televisione si vedono rudimentali rifugi, donne per le strade, nei mercati, che si procurano provviste di cibo, ritratte nelle case mostrano cisterne con riserve d'acqua.Una vita continua sotto una pressione smisurata, alla quale assistiamo domandandoci: vita fino a quando? Morte quando? E i mass-media, se ci sarà guerra, cosa mostreranno e cosa nasconderanno?
Questo senso di isolamento è anche il nostro, che non sapremo, che non sappiamo.
Se sarà guerra, quelli che potranno scapperanno (gli esuli, ex-sul: gli strappati dalla terra-suolo - da solum - e che rimangono soli - da solus).
E i poveracci resteranno.
Certo. E saranno nel terrore dell'isolamento.
Il senso di impotenza, una confusione che rende oscuro il futuro, e la vergogna per appartenere ad un Occidente che pretende di comandare - di governare gente del tutto diversa.
Eppure gli occhi e le bocche (anche i nostri occhi e le nostre bocche) hanno cercato, ostinatamente, di rimanere aperti.
La parola PACE è corsa, si è trasmessa da finestra a finestra, da bandiera a bandiera. Nelle città del mondo, un movimento di ribellione si è formato spontaneamente, è ha spezzato quell'isolamento fatto di paura, formulando una domanda di pace. Una domanda che presuppone la volontà di venirsi incontro. Ripetuta, si è rafforzata, è diventata capace di condurre (ha condotto, ha prodotto: da pro-ducere).
Una domanda di cui le donne sono state le prime e più convinte portatrici. Molte, moltissime si sono opposte coraggiosamente a chi comandava la guerra (perché la guerra si può solo comandare).
Perché le donne possiedono un'esperienza, uno sguardo altro?
Eppure noi sentiamo di non fare ciò che dovremmo, e continuiamo a sentirci, in qualche misura, impotenti.
Perché l'Occidente sempre più occulta (nonostante, e anche per mezzo, di riconoscimenti di facciata) le donne come soggetto a sé, impedendo loro di essere parte di un dia-logo (di un parlare attraverso)?

Perché non hanno, veramente, voce in capitolo?