In difesa della legge 194 e dell’autodeterminazione delle donne, in difesa dei Pacs e dell’amore libero, del diritto alla salute e della laicità dello Stato; contro ogni forma di schiavitù e precariato. Centonovantaquattroparoledilibertà sulle gambe di decine di migliaia di persone. Almeno ottantamila, secondo le organizzatrici. C’erano tutte e tutti ieri pomeriggio a Napoli. Da piazza Plebiscito a piazza Matteotti sventolano le bandiere di Rifondazione Comunista, della Cgil, dei Verdi, della Rosa nel Pugno, delle donne Ds, delle mamme anti smog, Arci donna. Spiccano i colori dell’arcobaleno dell’Arcigay ed il rosso di tanti palloncini che si alzano liberi in cielo. Sfilano gli striscioni: “I consultori siamo noi”; “non in nostro nome, non nel nostro corpo”, “non voglio ritornare nel buio”. Qualcuna ha appeso al collo un cartello
con scritto “Maneggiare con cura”. C’è chi ha coniato un nuovo slogan: “Il
nostro corpo a chi ci piace, non certo a Storace”. Il Sud precario -
quella precarietà che avvolge tutti i settori della nostra vita - qui c’è
tutto: il Sud del Belpaese, dove la voglia di una maternità deve fare i
conti con i bisogni negati dalla precarietà, ma anche il Sud del mondo con
le donne africane e latinoamericane che racconteranno dal palco, tra le
lacrime delle presenti, la fuga obbligata dalle campagne, la fame, la
miseria. Ne è passato di tempo da quei faticosi ed
importanti anni ‘70, e si vede. Adriana, ginecologa, ci ride su: «Allora
avevamo gli zoccoli, oggi le ragazze portano il pantalone a vita bassa;
allora eravamo più arrabbiate, oggi c’è più allegria». C’è anche si
rincontra dopo anni. Maria Emilia arriva da Cassino dove ha lasciato di
corsa il suo lavoro. Ma sorride felice: ha appena rincontrato le compagne
dell’Università, non si vedevano da quindici anni. «Abbiamo lavorato in
quel periodo - ricorda - è emozionante ma anche un po’ deludente pensare
che oggi siamo ancora qui a dover difendere quegli stessi diritti di
allora». Vincenzina arriva da L’Aquila, il fisico asciutto, il look da
ragazzina, con gonna a pieghe e calze bianche ed il volto ancora fresco ma
pieno di storie da raccontare. Quasi lo nasconde sotto un enorme cappello
nero. La metafora è fin troppo scontata: «Tremate… tremate… le streghe
sono tornate. La 194 non va toccata, al massimo migliorata». La questione la giriamo poco dopo a don
Vitaliano della Sala, che manifesta accanto a Francesco Caruso: «Ruini ha
il diritto di dire ciò che pensa ma la Chiesa dovrebbe lasciare la
possibilità a tutti i suoi credenti di dire quello che pensano.
Sicuramente non serve né all’Italia né alla Chiesa stessa che i valori
vengano imposti, invece che proposti». Poi aggiunge: «Speriamo che con il
governo di centrosinistra queste persone che oggi manifestano non vengano
deluse nelle loro aspettative». Ci sono anche gli uomini e le donne
dell’Arcigay. «Abbiamo scelto di stare in questa piazza - dice Veniero -
perché questa è la battaglia delle donne, del mondo omosessuale, dei Pacs,
di tutte le battaglie di civiltà e siamo veramente soddisfatti di come sta
andando». E’ una grande festa. Il testimone arriva da Milano. Ma la fiaccola, questa di uomini e donne che lottano per le libertà e per i diritti, deve andare ancora avanti a lungo.
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Liberazione del 12 febbraio 2006 |