Tempi di neopatriarcato
Paola Melchiori Abbiamo bisogno di Berlusconi per confrontarci tra noi? Per ri-chiedere ai nostri amici maschi di fare quello che chiediamo loro di fare da quarant’anni? Pare di si. Ma non possiamo, Berlusconi, cacciarlo, tutti, per quello che è, un essere inqualificabile su tutti i piani ? E vedere la sua relazione con le donne come parte perfetta di questa inqualificabilità? Organizzare una manifestazione generale promossa dalle donne per cacciare Berlusconi? Da tempo nel mondo le avanguardie sociopolitiche sono le donne, che prendono in carico, usualmente, questioni spinose. Ma proviamo anche a prendere la questione da un’ altra parte. Usiamo l’emergenza, questa emergenza, anche nel senso di emersione di cose che durano da molto… per domandarci : in che fase siamo per quanto attiene alla liberazione delle donne dalle molteplici schiavitù interne ed esterne? Il femminismo ha operato una rivoluzione culturale ed epistemologica, toccando la biopolitica del patriarcato, cioè gli assetti profondi degli equilibri personali degli umani e della società. I nuovi assetti, odierni, transculturali e trangenerazionli, sia delle vittime che del sistema che hanno scosso, sono il risultato dei reciproci adattamenti, quelli delle donne per sopravvivere comunque ai comportamenti profondamente interiorizzati e la cui scossa ha provocato guadagni ma anche perdite di vantaggi secondari; quelli, degli uomini, per mantenere gli assetti non scomodi e utili ai propri privilegi. Qualcosa è cambiato per sempre e questo ha radicalizzato i termini del conflitto prima oscurato dal silenzio di una parte. Questo “silenzio” è finito. Ha iniziato a parlare in modo da non poter più essere definito o categorizzato con altri nomi, né reso gentilmente invisibile. E le reazioni a quelle che all’inizio erano solo domande di inclusione e che sono pian piano diventate messe in questione radicali di una forma della “civilizzazione”, hanno rivelato quanto questo ordine delle cose non voglia essere messo in questione. Come dice Bourdieu, il patriarcato è uno dei sistemi più “collosi” in cui i nuovi equilibri per cambiare purché nulla cambi davvero sono davvero essenziali. La comprensione della combinazione e della distinzione tra gli elementi permanenti del patriarcato e quelli storicamente mutanti è oggi elemento essenziale per non rimanere intrappolati tra nuovi assetti, comunque svantaggiosi, tra i fondamentalismi emergenti, e la spada di Damocle dell’accusa di insufficiente “modernità”, che renderebbe superflua, demodée perché già raggiunta, la parità. Oggi ci si deve confrontare con uno scenario molto più complesso, e profondamente, non solo per effetto della mutata situazione globale ma anche perché lo scenario è reso più confuso dalla contemporanea combinazione degli effetti prodotti da questo movimento e dalle reazioni ad esso. E in tutti gli attori, vittime e persecutori, per cosi dire. Gli strumenti di risposta del “sistema” sono stati molteplici: violenza, repressione e uso delle scoperte per annullarle meglio. Livelli di violenza contro le donne, inauditi, traversano con cifre spaventose i paesi emancipati del Nord Europa fino all’ultimo “barrio” latinoamericano, e non possono solo essere imputati all’emersione di qualcosa che prima c’era ma non si vedeva. Le istituzioni neoliberali invece hanno usato la scoperta dell’ importanza del lavoro femminile, sia quello produttivo che quello nascosto nel sociale per sfruttarlo al meglio. Non si tratta solo di una regressione ma della rivelazione di alcuni dei fondamenti dei sistemi sociali, resi visibili dalla reazione all’emergere di comportamenti legittimati dai movimenti delle donne, e questo sia sul piano delle vite personali che delle posizioni pubbliche. I fondamentalismi religiosi, che hanno fatto della guerra alla libertà e all’autodeterminazione femminile uno dei loro cavalli di battaglia, hanno reso più evidente la posta in gioco. Le donne devono rimanere al loro posto. L’uscita delle donne per iniziativa autonoma e per ragioni proprie dal posto che è loro assegnato è percepita come intollerabile sottrazione: psicologicamente ed economicamente. La libertà femminile elimina l’ultima risorsa nei meccanismi classici di ammortizzazione economica, sociale ed emotiva. Ridisegna i poteri in modo intollerabile per gli uomini, anche per gli uomini che si dicono progressisti. Il riemergere violento di questa preistoria sepolta sotto le fondazioni della civiltà stupisce gli stessi soggetti che questo movimento hanno creato. Stupisce nel senso che ci ha trovato non pronte a comprendere sino in fondo e a rispondere, anche per stupore e incredulità, alla sua virulenta misoginia. Essa mette in evidenza che in fondo anche qui si tratta di mutare anche “un modello energetico”. E’ la combinazione dei meccanismi di sopravvivenza primari dei due sessi, della violenza primaria degli uomini, dei meccanismi di sopravvivenza delle donne per via di vantaggi secondari, combinata con gli spazi di emancipazione conquistati e da difendere, con il significato di una liberta soggettiva per le donne, che dobbiamo vedere meglio.
pubblicato in il manifesto del 13 febbraio 2011
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