Stimolata da Lea Melandri, sua insegnante
di italiano, Amalia ha cominciato a scrivere con una sorta di passione
inarrestabile, prendendo spunto dagli elementi culturali che le venivano
forniti, per rileggere la propria vita, dando voce a un mondo interiore
ricchissimo, nel quale convivono cultura contadina e consapevolezza di
sé come donna.
La
prima parte del manoscritto contiene il racconto, abbastanza omogeneo,
dell'infanzia e della giovinezza di Amalia, trascorse in un piccolo paese
dell'Appennino piacentino. La vita grama, il lavoro dei campi, l'impatto
frustrante con la scuola elementare e le pratiche religiose, le credenze
e i riti contadini, la prima esperienza di lavoro lontano da casa, come
mondina nel Vercellese. Poi la guerra, la fame, il matrimonio e l'ingresso
nella famiglia del marito, unica donna tra molti uomini adulti che le
affidano completamente la gestione della masseria che hanno rilevato.
Infine, la venuta a Milano, dove il marito ha trovato lavoro, e la solitudine
della città, interrotta da frequenti viaggi in campagna, dove il
suocero e i cognati contano unicamente su di lei per il governo della
casa. La sospirata nascita di una bambina, dopo dieci anni di attesa,
non fa che aggravare il pesante fardello di Amalia.
A questo punto, c'è una cesura: Amalia non racconta che a cenni
i vent'anni che seguono, privi di eventi significativi e affogati in una
quo tidianità metropolitana che non ha spazi di libertà
e di benessere per una casalinga incolta e sradicata dal suo mondo. E'
alienazione e depressione vera, fino alla decisione di iscriversi al corso
delle "150 ore".
Il tono del manoscritto cambia: non più ricordi, i "pensieri
vagabondi" si incanalano ora in un alveo fecondo, quello della
comunicazione con le compagne e le insegnanti, della presa di coscienza
femminista, del serrato confronto con le materie di studio. Non soltanto
avviene, questo confronto, con la lingua e la letteratura, materie preferite,
ma anche con le materie scientifiche.
Lucida e ironica (anche nei confronti di se stessa), Amalia parla di antropologia,
fisica, chimica; ragiona con Pitagora e Galilei, cita Freud e Roland Barthes.
E con una semplicità non priva di autorevolezza, trasporta "metaforicamente"
i grandi personaggi che incontra nei libri di scuola fra le pareti di
casa sua, misurandoli con la propria vita e con la propria esperienza.
Entusiasmandosi alle nuove conoscenze, Amalia non perde però un
suo istinto, nativo e contadino, di disincanto. All'annuncio glorioso
delle sue vittorie in campo culturale, fa sempre da contrappunto un borbottio
sommesso di pena e di fatica per le miserie quotidiane dell'umanità,
per il fardello che non è mai lecito deporre.
Non mi illudo, con quanto ho scritto, di aver reso seppure in minima parte
la ricchezza e l'efficacia di questi "pensieri vagabondi".
Il personaggio che sta dietro alla lunga esposizione (una enciclopedia,
o forse una "summa" filosofica) è certo un personaggio
particolare, dotato di una originalità di vedute che oggi forse
è permessa solo a chi, essendosi formato al di fuori dell'istruzione
ufficiale, può pennettersi di ignorare la parcellizzazione del
sapere, e guardare alla conoscenza come a una grande sfera intatta che
è possibile agguantare una volta per tutte.
Per ingoiare questo frutto succoso, Amalia non rinuncia a quello che già
sa, vale a dire a quel sapere contadino che di solito viene posto fuori
dalle porte del "vero" sapere. Per questo, quando prende in
mano per la prima volta nella sua vita la penna, dando vita a un fiume
irrefrenabile di parole scritte, e non più solo pensate, Amalia
resta se stessa, non patisce scissioni, non soffre di sensi di inferiorità
e trova il coraggio per dialogare con la storia, con il mito, con la cultura
"alta" senza deporre le sue semplici armi, e senza perdere il
gusto dei divertimento e dell'ironia.
A dare spessore alle pagine di Amalia c'è, oltre alla personalità
straordinaria della scrittrice, anche l'esperienza straordinaria che le
ha favorite: l'esperienza dei corsi "150 ore" per le casalinghe.
Leggendo i pensieri di Amalia si può avere un'idea di cosa siano
stati - non solo in termini di istruzione ma anche di evasione dai ghetti
familiari e di socializzazione - quei corsi per le donne che li hanno
frequentati.
Esistono
altre testimonianze, scritte o filmate, su quella esperienza. Ma i Pensieri
vagabondi sono più di una semplice testimonianza. Non solo
per quello che vi è scritto, ma per come è scritto.
Alcune pagine (soprattutto all'inizio) sono bellissime, si leggono con
istintiva partecipazione, come i racconti o le poesie ben riuscite, e
non si taglierebbe né si aggiungerebbe una virgola, tanto la forma
è perfetta nella sua apparente facilità, nella sua felice
immediatezza.
Naturalmente,
essendo il manoscritto una specie di quaderno di appunti, o un brogliaccio
di vita, non sempre la forma è così luminosamente compiuta.
Inoltre, la divisione degli argomenti (che segue semplicemente l'ordine
temporale di scrittura) è caotica.
Maria Attanasio
Segnaliamo anche la
recensione di Elena Urgnani pubblicata sul sito "donnestoria"
Amalia Molinelli
I Pensieri vagabondi di Amalia
pag.120,
5 euro
Il
Libro è
disponibile presso la sede della Libera Università delle
donne di Milano e presso la Libreria delle donne
di Milano
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