Anche la ministra ombra piddina alle pari opportunità Vittoria Franco, prima di parlare, avrebbe potuto contare fino a quaranta e informarsi meglio. Ieri invece ha aperto a Brunetta - ogni scusa è buona per dialogare e farsi prendere a randellate da Berlusconi, sembra un regime sadomaso ma lei la chiama «sfida» - con un conto semplice semplice: noi ti sosteniamo i 65 anni, tu ci sostieni le nostre proposte per promuovere l'occupazione femminile e favorire la conciliazione fra lavoro maternità e carriera. Così, pari e patta. I conti tornano e il gioco è fatto. I conti non tornano affatto, precisamente perché la questione non va e non può andare in parità. Ecco un bel caso in cui si dimostra che la parola d'ordine - in senso proprio - della parità fra i sessi è un trappolone truccato e truffaldino, che equipara in uscita quantità dispari in entrata, lascia intatte o accentua disuguaglianze preesistenti, ignora differenze di qualità che non vanno né pareggiate né annullate ma semmai valorizzate. Una confusione infernale, spacciata per chiarezza sotto l'ombrello della parola magica «parità». Molte obiezioni, al ministro primo della classe, sono già state portate. Gli è stato rammentato, dalla Cgil e dalla Fiom, che già adesso le donne possono optare per il lavoro fino a 65 anni, che di fatto in molti casi devono optare per questa possibilità se vogliono raggranellare i contributi necessari visto che hanno percorsi lavorativi più precari di quelle maschili; e che la vera azione antidiscriminatoria, che il ministro primo della classe non si sogna di proporre, sarebbe semmai un'equiparazione dei salari e delle carriere maschili e femminili. Gli è stato ricordato, da più parti, che la possibilità di andare in pensione prima è una compensazione irrisoria del fatto che per tutta la vita le donne fanno un lavoro triplo e quadruplo: quello retribuito e quello non retribuito per i figli, i genitori, i mariti, e che dunque al saldo la misura non sarebbe antidiscriminatoria per gli uomini ma ulteriormente discriminatoria per le donne. Quello che non è stato ancora ricordato, al ministro Brunetta come pure alla ministra ombra Franco, è che finché si continua a parlare del lavoro femminile in termini di miseria sociale e avendo in testa solo l'ossessione paritaria, non se ne esce, né da destra né da sinistra. L'immensa ricchezza sociale che noi donne produciamo con il lavoro doppio triplo e quadruplo, pagato e non pagato, obbligato e spontaneo, sottoposto, direzionale, relazionale, non è quantificabile secondo i parametri economici classici e non è compensabile con gli asili nido: e nemmeno chiede di esserlo. E' un eccesso, non una miseria. Un di più, non un meno: che non va in parità.
articolo pubblicato da il manifesto del 16.12.2008
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