«Noi capro espiatorio»

intervista a Tamar Pitch di Angela Azzaro


Charlotte Salomon


« La mia ipotesi è che da noi - nell'Occidente - da una parte prevalga ciò che chiamo la paura del futuro, piuttosto che la speranza di un futuro migliore, dall'altra che questa paura venga esorcizzata scegliendo "pericoli" più apparentemente gestibili, più controllabili. Allo stesso tempo questa scelta non può che rivelarsi illusoria e generare un circolo vizioso di frustrazione, diffidenza, rinnovata paura».
L'intellettuale femminista Tamar Pitch colloca gli attacchi alla libertà di scelta delle donne in un quadro complesso, in quella società della paura e del controllo di cui analizza modalità, dinamiche, comportamenti. Non prima però di avere sottolineato lo stesso sdegno che tutte proviamo per ciò che è successo a Napoli: «E' un fatto gravissimo».

E proprio con lei, che ha pubblicato per Carocci il saggio La società della prevenzione, proviamo a seguire il filo rosso che porta dal decreto sulla sicurezza approvato d'urgenza dopo l'uccisione di Giovanna Reggiani alla caccia alle streghe di queste ore con blitz dei poliziotti al Policlinico per un presunto reato di «feticidio».
Siamo sempre davanti a corpi che si tenta di espellere, normare, controllare, punire. Un accanimento che porta dai rom alle donne, a tutte quelle soggettività che si stanno affacciando alla storia con la capacità di mettere in discussione vecchi valori, vecchie certezze. Vita patria, dio e famiglia.
E allora ritorna la paura del caos e il bisogno di controllarlo. Si tenta di ritornare a quei valori che si vedono traballare. Costi quel che costi. Alcuni e alcune parlano di biopolitica, di una politica che passa sempre e comunque attraverso i corpi.
Un salto di paradigma rispetto al passato e rispetto alla capacità del potere di intervenire nella vita dei soggetti.

Dai pacchetti sicurezza alle moratorie sull'aborto. Quale è il legame, quale il disegno?
Non parlerei tanto di un disegno politico, ma di un quadro complessivo che è caratterizzato dalla paura. La paura in primo luogo di noi Occidentali, anche se - in parte - lo stesso discorso si può fare per altri paesi e altri fondamentalismi. Che cosa succede? Succede che quando si ha la sensazione di non riuscire più a governare la realtà, quando la paura è troppo forte ce la si prende con chi si ha più vicino e viene percepito come più debole. In questo caso i migranti e le donne.

Donne e migranti: corpi da espellere, da colpevolizzare, da stigmatizzare.
I corpi migranti mettono paura, secondo me, non perché disumani, ma perché troppo umani: corpi invadenti, contagiosi minacciosi, perché visti come totalmente determinati da una cultura e da un passato di cui non son si possono liberare. Le donne vengono prese di mira perché loro è il potere di generare e perché storicamente a loro è stata attribuita la vicinanza con la natura. Dietro la paura delle donne incinte, per esempio, penso ci sia ancora la paura della sessualità, intesa come relazionalità mente corpo, di menti e di corpi inscindibili, di persone concrete incorporate.

Gli altri, quelli che spinti dalla paura diventano aggressivi, minacciosi, come si comportano, come si costituiscono in gruppo?
Credo che possiamo riprendere utilmente una definizione proposta dal sociologo Zygmunt Bauman, quella di «comunità di complici». Davanti alla paura delle catastrofi ambientali, della recessione, della mancanza di futuro, la società reagisce rivendicando valori quali patria, famiglia, dio. Ma la famiglia, come ben sappiamo, si costituisce a danno delle donne.

Il clima contro la legge 194 e più in generale la società del controllo che sta prendendo piede è paragonabile a quello che si viveva prima dei grandi cambiamenti degli anni Settanta? Insomma, possiamo parlare di un semplice ritorno indietro?
C'è una differenza enorme che non può essere ricondotta al piano dei diritti. Le donne oggi sono molto più libere ed è proprio questa libertà che dà fastidio. Prendiamo quello che sta accadendo rispetto alla 194.
Quando fu approvata si aveva un'idea della donna come priva di strumenti, poco informata sui metodi contraccettivi, oppressa. Si pensava che approvata la legge, le donne non avrebbero più abortito.
Oggi è diverso. Si trovano davanti a una donna molto più libera. Anzi, per loro, troppo libera, onnipotente, padrona della vita e della morte. La reazione? E' appunto quella di creare dei capri espiatori, di prendersela cioè con chi si pensa di poter mettere facilmente sotto.

Capri espiatori che spesso diventano mostri. Lo dice in un saggio anche Rosi Braidotti. I mostri spesso sono le donne. Braidotti propone di far diventare la mostruosità un'arma di ribellione. Intanto come avviene questo processo di trasformazione metaforica?
Le donne vengono considerate come la natura che deve essere domata, il caos che deve essere arginato e disciplinato. Di fronte a sconvolgimenti ambientali che prefigurano la catastrofe finale, ci si rifugia nel tentativo di controllare quella "natura" che è a portata di mano, le donne. Il corpo delle donne, come se, riportandolo all'ordine tradizionale maschile, si ripristinasse un ordine che metterebbe al riparo.


articolo apparso su Liberazione del 14/02/2008

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