Polisse

Laura Putti

 

 

Ci vuole coraggio per girare un film come Polisse. Non è facile da immaginare la faccia di un nonno che ha violentato la nipotina, o quella di un padre che dichiara di provare piacere facendo l' amore con sua figlia bendata, o le lacrime di un professore che racconta le carezze prodigate a un alunno.
La fantasia non arriva a tanto: questa è durissima realtà. Per il suo terzo film (dopo Perdonami e Il ballo delle attrici ), Maiwenn Le Besco ha ascoltato le storie in un commissariato di polizia, Brigata di Protezione dei Minori. E il suo sguardo lucido, mai sentimentale o emotivo, lo ha trasferito nel film: Polisse, come la parola polizia scritta da un bambino.

Premio della Giuria a Cannes 2011, campione d' incassi in Francia (due milioni e mezzo di spettatori), il film sconvolge, indigna, commuove. Ci sono le storie dei bambini e dei pedofili, ma ci sono anche quelle personali dei poliziotti e c' è, infine, la storia tra una fotografa, Melissa ( la stessa Le Besco ) e Fred, il più tosto ma anche sensibile, degli agenti della brigata (JoeyStarr, star del rap francese).

Melissa ha due gemelle con Francesco, un italiano dal quale vive separata (Riccardo Scamarcio. «Volevo un uomo bello, misterioso, intenso con uno sguardo intelligente» dice Maiwenn), ma con il quale ha un rapporto poco definibile. «Esistono in amore situazioni chiare? C' è chi è con uno, ma ama un altro; chi ne può amare due alla volta e chi fa sempre finta» dice lei che nel ' 91 a 15 anni incontrò Luc Besson, a 16 lo sposò e a 17 ebbe una figlia (e si separò nel ' 97).

«Durante il mio stage con la Brigata di Protezioni dei Minori miè accaduto qualcosa di strano: soffrivo ovviamente per i bambini, ma anche i pedofili mi facevano pena. Sono malati molto gravi, e per i malati si ha compassione» racconta Maiwenn. Le storie dei bambini e dei loro persecutori si incrociano con quelle della brigata, una decina di agenti giovani, ognuno con il suo bel carattere. «Ascoltano quelle storie come fossero normali. Nulla li stupisce. Credo che siano costretti a recitare, a nascondersi dietro a un personaggio, se no diventerebbero pazzi».

Fuori o dentro il commissariato i suoi agenti antipedofilia stanno sempre tutti insieme, tanto da sembrare una scolaresca. «Ho scelto di raccontarli così. Avevo voglia di un film corale, dove tutti fossero nell' inquadratura sempre. Un risultato piuttosto faticoso da ottenere».

È andata meglio con i piccoli attori? «Tutti si preoccupano per le storie scabrose che si raccontano nel film. Ma i bambini sono professionali e non si scandalizzano di niente. Spiegavo le scene e loro partivano. Ma anche lì il mio compito è stato tutt' altro che facile». In uno dei momenti più forti c' è un bimbetto africano abbandonato dalla madre che dorme in strada, in preda a una terribile crisi di pianto tra le braccia di JoeyStarr (anche lui in lacrime). Verità o finzione? «Gli ho spiegato la scena e gli ho detto che se l' avesse fatta bene gli avrei regalato un elicottero telecomandato. È stata buona la prima».

 

Repubblica, 24 gennaio 2012