Da subito bisognerà fermarsi a riflettere
con molta attenzione su quanto è accaduto in Italia alle donne nell'ultimo
anno e in particolare dopo la "pseudo-vittoria" del referendum per
l'abrogazione della legge 40 sulla procreazione assistita. L'apertura di
una nuova fase politica richiede infatti di guardare non solo al cosa
vogliamo, ma anche al come possiamo ottenerlo e alle alleanze necessarie
per ottenerlo. Sarebbe tuttavia riduttivo interpretare
la politica istituzionale come la sentina di tutte le perversioni e
l'altra politica, quella dal basso, come la panacea a tutti i mali. Io
sono una femminista che per fare le cose che amava ha intrapreso un
cammino all'interno delle istituzioni nazionali e sovranazionali, e, forte
di questa mia esperienza, posso dire che la separazione delle due
politiche non ha giovato alle donne, in particolare in Italia. Su questi temi il pensiero delle donne, in particolare di quelle del sud del mondo, da anni influenza il senso di quel boato globale che rimbalza da Porto Alegre a Seattle a Mumbai e oggi a Bamako. Stranamente in Italia questo non viene percepito come un frutto dell'intelligenza collettiva delle donne. Capi e capetti si affannano a relegare ai margini l'autorevolezza femminile. Solo al movimento per la pace è concessa la doppia rappresentanza di sesso. Quindi non è solo un problema di politica
istituzionale, ma ha a che vedere con il modo in cui nel nostro paese
uomini e donne si rappresentano nello spazio pubblico. A tutto questo la
manifestazione di Milano ha dato una bella rinfrescata, sana, decisa e
compatta. Merito della commistione tra idee femministe, capacità di
presenza nel sistema mediatico e capacità di mobilitazione. Da questo dobbiamo distinguerci, noi che
vogliamo la politica delle donne che trasforma la politica. Allo stesso
modo dobbiamo distinguerci dal divenire un movimento che si appiattisce
sulla difesa di una legge che molte vorrebbero cambiare e migliorare e che
si organizza solo sulle piazze. Certo un congruo numero di deputate e senatrici non significa trasformare la politica e neppure uscire dal liberismo che martoria il pianeta, eppure una rete di donne consapevoli fuori e dentro le istituzioni è essenziale all'Italia, soprattutto dopo cinque anni di berlusconismo che ha dato il meglio di sé con la presa in giro delle quote e con un governo a dir poco misogino. Probabilmente le manifestazioni di Milano
e di Roma non sarebbero mai riuscite senza la capacità delle donne di
insistere a fare opposizione, senza le continue e faticose riunioni di cui
il regime mediatico-istituzionale che ci ha sgovernato per cinque
lunghissimi anni nulla sapeva. D'altro canto anche da parte di donne e
uomini dell'opposizione la capacità di ascolto è stata scarsa. Su questo
occorre riflettere, partendo da sé e guardando lontano. questo articolo è apparso su
Liberazione del 22 gennaio 2006 |