Progetto Prec@s: giovani donne e uomini nella produzione dei saperi
 

Gruppo Sconvegno


 

L’idea di questa ricerca nasce dall’intreccio di lunghe e appassionanti discussioni avvenute nei più svariati ambiti femministi italiani e dalle nostre personali esperienze lavorative.

 

Nel contesto italiano, di grave precarizzazione non solo del lavoro ma anche della vita, il quesito cui vorremmo cercare di rispondere con la nostra inchiesta riguarda l’ambito della ricerca e della produzione dei saperi dentro e fuori le Università: esiste una specificità di genere nel precognitariato? Ovvero: la precarietà nel mondo della produzione dei saperi, riguarda uomini e donne indifferentemente?

 

Oltre ad indagare gli svantaggi e le eventuali discriminazioni ancora oggi subite dai giovani e dalle giovani donne in particolare, ci interessa soprattutto evidenziare le potenzialità e le ricchezze della realtà delle reti che si sono create in questi anni intorno al precognitariato: le pratiche creative e le innovazioni teoriche che nascono dalle strategie individuali e collettive delle soggettività coinvolte in questi processi, poiché anche a partire da queste sperimentazioni si costruisce partecipazione attiva dello spazio che si vive e si attraversa.

Come ben sappiamo, e come evidenzia anche l’ultima indagine condotta dall’Eurispes il lavoro flessibile, spesso precario, è un ingrediente strutturale nella vita di molti italiani e italiane. In un quadro piuttosto preoccupante di precarizzazione duratura del lavoro, i dati di queste ricerche chiariscono meglio alcune caratteristiche del lavoratore atipico italiano di oggi: il 56% dei lavoratori atipici intervistato è infatti in possesso di master o specializzazione post-laurea e l’83% sono laureati. Il 76% dei lavoratori intervistati percepisce una retribuzione mensile che non supera i 1.000 euro netti, la precarietà economica, la mancanza di sicurezze e lo stress dovuto alla continua ricerca del lavoro incidono sullo spazio di partecipazione che ciascun individuo esercita quotidianamente.

Non a caso la maggioranza degli intervistati si è dichiarato celibe o nubile (90%) e la genitorialità riguarda appena il 6% degli intervistati/e.

 

La precarietà tocca infatti ogni aspetto della nostra vita, e impedisce molto spesso di fare progetti per il futuro che includano, per esempio, la formazione di una famiglia, ma incide anche sulla possibilità di dedicare tempo, attenzioni, energia alla ricerca di uno spazio di partecipazione nel territorio che si abita.

Nel contesto della nostra ricerca, che riguarda il precognitariato – ovvero la precarietà di chi lavora nel campo della produzione di saperi e della ricerca intra ed extra-accademica – la situazione attuale non è molto più rassicurante.


E le donne?

In Europa il crescente interesse per la presenza femminile nei vari ambiti del sapere è segnato, tra l’altro, da grandi conferenze organizzate dalla Commissione Europea. In Italia, dagli anni ’90, si sono moltiplicati stimoli che hanno portato alla creazione di nuove figure ed istituzioni con lo scopo di monitorare e sostenere le pari opportunità e gli studi di genere a livello universitario.

A fronte di questa crescente attenzione, tuttavia, non solo la cultura di genere e i saperi prodotti dalle donne non hanno ancora acquisito un’adeguata visibilità, ma si può osservare come permangano meccanismi di segregazione sia orizzontale – forti stereotipi agiscono ancora nella scelta delle facoltà – sia verticale, registrandosi ancora difficoltà nelle progressioni di carriera femminili negli Atenei, nella ricerca scientifica e più in generale nelle organizzazioni del lavoro a causa del permanere del tetto di cristallo.

 

Combattere la segregazione e promuovere la partecipazione delle donne, a cominciare dalle Università, risulta un passo fondamentale per la diffusione reale di una cultura sensibile ad una prospettiva di genere, che non alimenti e riproduca l’errata equazione secondo cui gli studi di genere riguardano solo ed esclusivamente le donne.


È questo il contesto in cui si inserisce la nostra ricerca, che oltre a nascere da una volontà politica femminista, si basa anche su metodologie che devono molto a questa tradizione di pensiero. La metodologia di ricerca dell’inchiesta–autoinchiesta politica permette di non ricadere nella dicotomia teoria/prassi e di contestualizzare le domande che guidano questa ricerca nella realtà delle nostre vite quotidiane: partendo dalle nostre personali esperienze di precognitarie, individueremo i nodi significativi su cui confrontarsi con altre/i che vivono analoghe situazioni lavorative. Lo scopo di questa metodologia, infatti, non è solo quello della conoscenza della realtà che vogliamo indagare, ma anche la sua trasformazione a partire da quelle soggettività che ne sono a pieno titolo coinvolte.


 

Scopo principale del presente progetto è indagare lo spazio di partecipazione costruito dalle lavoratrici e dai lavoratori della conoscenza che producono saperi gender oriented all’interno delle università e del territorio in cui sono insediate.

La trasferibilità in altri contesti dei risultati delle ricerche che verranno realizzate costituisce una delle priorità strategiche del progetto.


 

Questo è un sunto del progetto che abbiamo presentato –in collaborazione con la LUD e con Prec@s1- alla Provincia di Milano. Vi faremo sapere se abbiamo ricevuto i finanziamenti e soprattutto, in caso affermativo, come procede la ricerca.


 

 

1 Nell’Agosto 2003 a latere della “V Conferenza europea per la ricerca femminista” intitolata Genere e potere, alcune giovani studiose italiane hanno deciso di continuare a vedersi per inaugurare una riflessione sull’evoluzione dei Women’s e Gender Studies in Italia ed hanno dato vita alla lista di discussione Prec@s.