La guerra continua in Mesopotamia…

di Lauren Raine


4 novembre 2004, da Awakened Woman

traduzione di Giusi di Rienzo

 

Mentre la guerra continua ad infuriare in Medio Oriente, non posso fare a meno di riflettere che tutta questa violenza, questa “guerra al terrorismo”, sta avendo luogo sulle rovine sumere, in Mesopotamia, a Babilonia, ecc., le terre della Grande Madre e della fertile Luna Crescente.

Questa terra era la casa di Inanna, era dove Iside cercò Osiride, dove Lilith volava nella notte, e Nut dava vita al cielo stellato. Molto prima che Eva fosse svergognata e Lilith gettata nel deserto, prima che le donne si coprissero il volto o venisse ordinato loro di tacere, questa era la generosa terra della Dea.

Parlando da un punto di vista mitologico, i “ragazzi” stanno ancora combattendo sul sangue di lei, nel luogo che fu origine del suo potere. E il sangue della Madre non è solo il petrolio.

Dorit Bat Shalom è un’artista israeliana che portò nativi americani ad insegnare in Israele nei primi anni ’90. Ricordo che mi disse: “Noi chiamiamo il Medio Oriente ‘le terre che sanguinano’.” Dorit ha creato le Tende della Pace internazionali, dove ha portato a discutere e a condividere creatività e preoccupazioni donne israeliane, palestinesi e di molti altri luoghi. Durante una conversazione che abbiamo avuto nel 2002, mi chiese: “Come potrebbe esserci pace? La Shekhinah è stata trascinata via da queste terre sacre. Non possiamo guarire senza di Lei.”

La Shekhinah, il volto femminile di Dio, è stata trascinata via non solo dal Medio Oriente. E’ stata bandita da una mitologia che sottrae divinità alla matrice, alla madre sorgente. Pochi riconoscono il perdurante messaggio di violenza che il mondo contemporaneo produce, dalla mente militare che può discutere, in tutta serietà, dell’opportunità di un “limitato scambio nucleare”, alle corporazioni economiche che possono tagliare gli ultimi magnifici giganti delle foreste, alla banale voyeuristica misoginia dei media.

“Le mitologie della nostra presente cultura ci stanno conducendo alla distruzione.”, ha scritto la critica d’arte Suzi Gablik nel suo libro “Il re-incantamento dell’Arte”, “Siamo chiamati/e a partecipare alla revisione delle assunzioni mitiche che seguiamo.”

I miti sono le fondamenta dell’arte e della religione, le “forme” con cui civiltà ed individui nominano ciò che è sacro, e ciò che è profano. Recentemente, mentre ero in un albergo, ho guardato un po’ la televisione: ho potuto scegliere ad esempio fra uno show su un serial killer e un programma che ricostruiva, con dettagli grafici, lo stupro e l’omicidio di una giovane donna. Questo come può essere considerato intrattenimento? La Dea è stata davvero trascinata via, o salteremmo in piedi dall’orrore alle prime notizie del giorno.

Come può esserci pace, ripeto con Dorit, qui o in Medio Oriente, se siamo un’umanità divisa contro se stessa? Come, se le radici mitiche della nostra cultura non ci dicono nulla di diverso? E dove esattamente si separano il mito e la creazione di realtà? Non è un caso che, negli anni ’70, mentre nel campo della scienza James Lovelock formulava l’Ipotesi Gaia, la Grande Madre veniva riscoperta da artisti, teorici e dal movimento delle donne. La Dea concerne le donne, ma è anche una sacralità immanente nella vita del nostro pianeta Terra. “Noi viviamo nel Corpo della Terra - ha scritto l’artista Rachel Rosenthal - non “sul” Corpo, ma nel Corpo.”

Io penso che siamo responsabili del riprendere il nostro ruolo come creatrici di miti. La Dea dai mille volti è stata trascinata sottoterra, ma non ci ha mai lasciato. Vive nelle nostre memorie archetipali, e rinasce nella nostra immaginazione mitica. Con le storie che raccontiamo, danziamo il futuro nel mondo.