Quando l'orrore è donna:
identità e violenza

di Agnese Seranis

 

A cinque anni, quando il tronco è ancora arbusto,/La mamma preparò le scarpe.
/E m'ingiunse d'iniziare la pratica./ Le mie dita vennero piegate, il collo del piede curvato;
/E per quanto io invocassi e Cielo e Terra,/Mia madre m'ignorava, quasi fosse sorda.
/ Le mie notti erano tutte un lamento.

(da La signora dai piedi piccoli di Lin Qinnan, 1852-1924)


La prima a fasciarsi i piedi fu la concubina prediletta - chiamata Fanciulla Soave - dell'imperatore e poeta Li Yu ( 961- 975) che glielo impose perché volteggiasse con maggior grazia. Da allora questa pratica si diffuse e persistette nella Cina sino alla Rivoluzione Maoista quando, nell'agosto del 1928, venne emanata un'ordinanza ministeriale contro la fasciatura. Tale pratica perdurò, dunque, per quasi 1000 anni e sue ministre furono le donne della famiglia.

La clitoridectomia e l'infibulazione sono state praticate in Africa da mussulmani, cristiani e animisti per più di 1000 anni. E, oggi, non sono ancora state messe definitivamente al bando. Sacerdotesse di tali pratiche sono state e sono le donne: madri, nonne ecc
Le donne, dunque, sono capaci di violenza quanto gli uomini?, è l'interrogativo di Massimo Gramellini che le autrici riportano nel loro libro. Da quanto ho riportato, chi può avere ancora dei dubbi? Tuttavia vi sono differenze psicologiche che colorano la violenza degli uni e delle altre.

L'uomo ha sempre utilizzato la forza, la violenza come strumenti suoi naturali per conquistare il potere: distruggere, violentare; sopraffare il più debole è sempre stato un comportamento implicito nelle sue attività guerresche: comportamenti che la Storia ha accettato come inevitabili e perdonato ai suoi Eroi.

La violenza delle donne, su cui si interrogano le giornaliste Stefanella Campana e Carla Reschia nel libro Quando l'orrore è donna. Torturatrici e kamikaze. Vittime o nuove emancipate? è piena di sfaccettature, di ambivalenze che rispondono a un'identità femminile ancora insicura, che non si è ancora data - sempre e ovunque - al di fuori dello sguardo maschile ma, troppo spesso, si è piegata ai dettati di una cultura che vuole in Oriente una donna sottomessa e in Occidente una donna che non metta in discussione le sue regole, i suoi modelli.

Le due autrici focalizzano la loro attenzione sulle protagoniste partecipi delle nefandezze ad Abu Ghraib e sulle donne Kamikaze in Palestina e in Cecenia. Nel libro i due fenomeni sono osservati con lo stesso sguardo mentre, nella mia opinione, essi si iscrivono in uno sfondo diverso di cui tener conto.

La violenza di Lynndie England e di Janis Karpinski affonda nel terreno vischioso della condivisione cieca, nella richiesta di riconoscimento e approvazione da parte della società maschile. E' la risposta di un'emancipazione acritica ai modelli della cultura maschile.

Le storie della palestinese Wafa Idris e delle kamikaze in Cecenia si concludono in un tragico finale a causa di una violenza subìta, rispetto a cui si sono sentite impotenti, e di una ribellione che è cresciuta sino a un punto di non ritorno: "E quando la ribellione delle donne emerge è come un fuoco tanto più violento quanto più sotterraneo..." scrivevano Faré-Spirito nel loro saggio Mara e le altre, le brigatiste degli anni '70.

Dal libro di Campana-Reschia, attraverso i vari capitoli, emerge un universo femminile in cui il comportamento delle donne appare così differenziato da disorientare. Le donne islamiche, i cui corpi sono nascosti dal burqa, e le donne occidentali, che espongono seduttive i loro corpi, non sono diverse le une dalle altre ché implicano l'esistenza di un carcere interiore da cui non ne sono ancora uscite.
Il libro non dà risposte ma suscita interrogativi su cui invita a riflettere: tutte, tutti noi.


Stefanella Campana -Carla Reschia
Quando l'orrore è donna.
Editori riuniti, 2005
14 euro