Report della riunione Donne e Politica

coordinato dal Comitato SIAMOPIUDELLAMETA’

26 marzo 2006
Casa Internazionale delle Donne di Roma


Nadia Mangiabosco

Ilaria:

Comincio prendendo atto della scarsa presenza di oggi (domenica 26 marzo 2006). Il comitato SIAMOPIUDELLAMETA’ ha scelto di coordinare oggi la riunione. Partiamo dal punto che è importante definire: ciò che abbiamo fatto da ottobre fino ad oggi. Percorso personale che ha segnato le ns vite negli ultimi mesi. Dal corso donne politica ed istituzioni, istituzioni dalla Prestigiacomo in tutta Italia, ci siamo trovate nella condizione di riflettere sulla ns posizione di giovani donne e non; sul mercato del lavoro in un contesto culturale che ci siamo dette essere stretto. Ci siamo riunite alla casa, noi giovani. Giovani vorremmo eliminarlo, sembra che ci sia meno autorevolezza quando facciamo gli interventi. Il comitato SIAMOPIUDELLAMETA’ è nato per le cosiddette quote rosa come riporta liberazione oggi, anche se poi non corrisponde alle nostre parole. Crediamo che le quote siano uno strumento di accesso allo spazio pubblico. La nostra riflessione su che cosa è femminismo oggi. Il problema della politica delle varie soggettività che possano coniugarsi in una politica differente. Stare qui oggi è politica. Se si è costituito a Milano le donne in assemblea permanente, a Roma c è stato il movimento che ha accompagnato Milano. Oggi poniamo la domanda come mai Roma è difficile come piazza? Abbiamo fatto dei sit-in davanti al senato. Quando si agisce la politica le donne ci sono, ma quando c è il confronto con le istituzioni le donne spariscono. Io personalmente non ho vissuto il femminismo. Ora c’è necessità di fare la politica e agire in un contesto pubblico. L’idea è quella di creare un gruppo forte di donne.

Natascha:

Vogliamo partire da noi, come facciamo a diventare di  più? Vorremmo capire qual è il problema che osta ad un maggior numero oggi? Dobbiamo essere prima movimento. Dobbiamo occupare lo spazio pubblico qui a Roma, in occasione della sentenza della cassazione sullo stupro, avremmo dovuto organizzare un sit in in piazza. Avremmo dovuto partecipare alla manifestazione sulla pace come movimento. Perché siamo qui e ci vediamo una volta al mese? Vogliamo contare qualcosa?

Ilaria:

Il discorso che ha fatto Natascha lo condivido molto. Il problema delle donne e la politica, capire i nessi che ci legano e ci escludono. Voglio vivere questa parola politica, come ognuno di noi sente di volerla coniugare. Se il tema  di oggi fosse stato un altro, forse la presenza sarebbe stata maggiore. Penso che tutti i temi, il corpo la differenza, devono coniugarsi sotto una questione che sia forte. Vi invito a riflettere sulle tante cose che possono uscire dal dibattito di oggi.

Bianca:

la domanda del perché siamo poche ha a che vedere con differenti questioni. Perché siamo poche qui a Roma o altro. Io penso che questa cosa ha a che vedere con la storia del movimento delle donne, con la casa, e con l attualità dell’oggi. La prima ha una storia gloriosa e travagliata. Si è aperta all’esterno in occasione dell’aborto, ed è finita nella sua capacità di attrazione negli anni del caso Moro, (‘79), con la normalizzazione dei movimenti, che era nei fatti la repressione, è finita la possibilità di fare una pratica. Gia a Roma c’era la casa del via del governo vecchio che ogni 3 giorni lanciava una manifestazione. Negli anni ’80 sono andate avanti altre pratiche, i centri studi (Virginia Woolf). I movimenti sono rientrati in una forma di associazioni. La casa è stata toccata da questa storia, rispetto al movimento dell’autonomia del femminismo, ha iniziato un negoziato con le istituzioni, in occasione della ristrutturazione. C’e una forte presenza di associazioni vicine ai partiti. E quando ci sono questi scoppi di autonomia violenta, in qualche modo fanno i conti con le istituzioni sul territorio. Una delle cose che noi scontiamo a Roma è anche lo scontro con le istituzioni locali,  e allora Roma diventa piccola piccola. La stessa casa spesso proprio perché dipende dagli enti locali, cade in questa estrema localizzazione, e perde di vista la questione di mettersi in rete come il movimento milanese. Il tema vero è che questo discorso dell’autonomia è difficile da declinare a Roma. Perché apparentemente abbiamo l’autonomia del luogo, ma non c è una autonomia vera, perché non ci siamo poste delle pratiche autonome. Il negoziato in qualche modo ha situato una verve femminista politica critica dentro tante scatole che sono le pratiche locali, il circuito provinciale o regionale. Tutta una serie di cose che creano conflitto che io vivo malissimo. Quindi io non riesco ad avere una relazione con questa casa, che non riesce a riprendere quel respiro di mettersi in rete, ad eccezioni di momenti seminariali. Ad esempio come rete di Bologna abbiamo fatto dei seminari e con la Melandri, e che sono stati lasciati cadere nell’indifferenza. Ed è stata sottovalutata la forza veicolare, di ingresso nello spazio pubblico. Il 14 di gennaio è frutto di una serie di incontri che a Milano sono stati fatti ogni anno tra femministe. Oggi quell’assemblea arriva a 500 e 600 persone. Io credo che di questo modo di fare presenza nello spazio pubblico, dovrebbe riappropriarsi anche Roma. Si dovrebbe riappropriare anche del femminismo lesbico. Sono nati una serie di gruppi lesbici sempre più A-femmisti. E questo ha creato anche divisione. E la riflessione ad un certo punto si è bloccata. Ora in questa casa viviamo in condominio. Sul discorso “libertà di vivere, libertà di convivere”, non abbiamo avuto la presenza dei collettivi lesbici romani. Siccome esse rappresentano una grossa potenzialità, io credo che fare politica, noi cioè questa assemblea deve porsi anche queste domande. Come vogliamo stare in questa rete di usciamo dal silenzio, perché siamo originate da questa rete. Con quali gruppi cerchiamo dialogo sul territorio, e qual è il nostro valore aggiunto a livello nazionale. L’ incontro di Bologna ha reso tangibile certi problemi. Dobbiamo ospitare una riflessione, dopo le elezioni, vadano come vadano,  per vedere se abbiamo la capacità di fare quello spostamento sui media, che ha garantito il successo di Milano. Non credo che possiamo fare una manifestazione. Tra elezione e governo possiamo fare una riflessione e passarla verso l’esterno. Perché noi non riusciamo ad essere attrattive, sul discorso dei media. L’immagine del femminismo a Roma è frantumato.

Mirella:

io mi sono politicizzata nel ‘66 sul bisogno di asilo nido per mio figlio. E poi mi sono avvicinata al discorso sul femminismo. Poi mi sono iscritta al PCI e dal governo vecchio mi cacciarono perché militavo in un partito. Ma ero attratta comunque dal femminismo. Poi la mia politica è stata quella di relazione e di lavoro per quello che concerneva le donne. Io guardando indietro, come faceva Bianca, ho un percorso diverso. Poi mi sono tirata fuori da tutto. Ma nel ‘95 (con Pechino) sono rientrata a far politica. Ho iniziato ad aver entusiasmo, la voglia. Oggi milito in un partito, perché credo che non ci sia possibilità al di fuori del partito. Il famoso empowerment bisogna stare dentro il partito, anche se si ha paura di essere strumentalizzate. E’ la politica che decide i percorsi che si fanno. Roma è una città estremamente dispersiva. E’ difficile avere un punto di riferimento fisso. Bisogna proprio avere un impegno autentico. Dovremmo riuscire a far parlare e far nostri, le esigenze delle donne che sono in giro per Roma, e che non sempre ci possono raggiungere alla casa.

Antonella:

Non appartengo a nessun partito politico. Mi sembra che ci sia una pericolosa involuzione del femminile. Perché siamo represse e messe in un angolino. Come incidere di più? Penso che sia complessa la situazione, soprattutto per come è stata posta anche la legge elettorale che è blindata. Non è più scelta di candidature. Anche la sinistra, rifondazione ne ha il 40%, il problema è come vengono messe in lista. E’ chiaro che una percentuale del 40%, con i posti bassi, si passa ad una percentuale molto più bassa. Se il centro-sinistra vince le elezioni cambierà la legge elettorale. Altra involuzione è l attentato alla costituzione italiana. Dove 33 articoli sono stati stravolti sotto questa devolution. Questo è un paese in cui non c è più liberta di pensiero. Le donne hanno poca rappresentanza politica. Bisogna fare lo sforzo per farsi ascoltare. Come diventare di più? Proporre, a esempio, come è nato il femminismo. Cosa significa. L’ approccio con i media si può fare con spunti riflessivi che siano appeal per i media. Noi donne siamo considerate un numero… un pacchetto da mettere in agenda. La visibilità è importante, delle iniziative con un riparto dei compiti, proporre un seminario, con un relatore. Coordinarci con le donne di Milano e Bologna. Cercando propositi comuni e comuni interessi. Altrimenti ci sarà sempre il terrorismo del potere maschile che ci reprime. Ci stanno prendendo in giro su questa questione delle quote rosa. Troviamo soluzione anche di tipo mediatico.

Cristina:

Mi è difficile parlare con un assemblea che non sento come assemblea. Quando ero nelle assemblee erano stracolme. Dire che questo è un’assemblea è forte. Il problema di rispetto per chi si era preparato che si era denominata assemblea delle donne di Roma. Io ho partecipato al movimento delle donne a Roma, nel ‘66 all’università, per motivi personali sono entrata ed uscita dalle occasioni che mi sono state date. Ho giocato al gioco delle donne. Adesso sono tranquilla. Sono inquieta ed arrabbiata, perché le cose non vanno per niente bene. C’è stata la legge sulla parità, poi l aborto. Ma è come se negli ultimi tempi, e non da poco, sembra quasi che Pechino abbia messo paura a molti.

Tutto ciò che era una conquista rischia di rivoltarsi contro. L ultimo è l’affido congiunto. Mi sembra che siamo tornate indietro. Le giovani devono prendere in mano il loro destino, ma non possiamo lasciarle sole. Ricordo la violenza che io subivo a 14 anni. Mi volevo costruire la mia strada, senza percorrere la strada che altri mi indicavano. Sono stata oggetto di violenza familiare non molti giorni fa. Mentre subivo, oggi invece reagisco. Non ho permesso a nessuno di farlo, e non solo. Non c è solo chi violenta, ma c è anche il contesto  che fa sinergia con chi ti fa violenza. Roma è una città difficile, polimorfica. L’assemblea di Roma deve essere polivalente. Quando penso alla manifestazione a Milano le donne si sono viste in una sede del sindacato. Lì c è stata una grossa manifestazione. Chi ha preso la testa del corteo, ha mediato una posizione per i gruppi di donne che erano li in tante.

Luciana:

La cosa più importante da fare  è la costruzione simbolica del femminile. E stato ritrovato il sito delle amazzoni, tra la Turchia e l’Ucraina. Le amazzoni sono delle donne a cavallo. Cerchiamo di costruire al femminile con un po’ di forza. Dobbiamo mettere una donna che vuole stare a cavallo. Come per togliere l’immagine maschile dell’uomo cavaliere. I consigli sono di mantenere il movimento e poi di costruire il nostro partito. Per quanto riguarda quello che dobbiamo fare giorno per giorno. E fare le solite cose che facevamo sempre, ad es., volantinaggio nelle scuole, promuovere la parola in tutti i posti. Come facevamo un tempo, ritrovare la parola perduta, non lo spazio. Rafforzare e migliorare la presenza delle donne. Rispetto al femminismo a Roma è stato molto impetuoso. Noi abbiamo fatto la lotta contro la prostituzione. Roma non è una città morta, anzi.

Ilaria:

La domanda del comitato SIAMOPIUDELLAMETA’ è sulla difficoltà di parlare di politica. Ora parlare di politica non significa dare indicazioni di voto. Ma parlare del significato di cosa è politico. Capire se c’è una esigenza per chi sta qui dentro da incidere sul governo che verrà. Bisogna creare un movimento di donne. Io voglio contare in questo contesto maschile. E’ necessario relazionarsi con la parola, con il contesto e con  la società.  

Natascha:

dite che cosa pensate? Al fine di uno scambio.

Letizia:

Dopo questi gridi di dolore su quanto siamo poche qui oggi dico che non è mai stato un mio problema. Io vengo qua perché ci sono donne che io riconosco, rispetto alle quali mi metto in ascolto. E un opportunità che mi viene data e che mi va benissimo. Parto da me. Noi siamo in una situazione in cui l’ antipolitica di Berlusconi stia tramontando, ma il nuovo stenta a nascere. Cosa è successo e cosa sta succedendo? La cosa pubblica è in mano maschile. Le donne vengono considerate come una cosa che non se ne può però fare a meno. Prodi e Berlusconi si inseriscono sulla questione delle donne. Berlusconi risponde con la gaffe della categoria. Prodi dice…le quote rosa… ma le faremo. Il tema è nell’aria. Il tema è declinato in tutta Europa… Norvegia. C è una sensazione di colpevolezza da parte maschile per cui vorrebbero far qualcosa. Io in questo momento accompagno un’amica che fa campagna elettorale. Leggo i suoi interventi. Succede che i partiti del centro sinistra, ci sono almeno 6 o 7, che mettono le donne che le mettono a parlare delle donne. Quando si è in provincia in generale le donne il massimo che riescono a fare è dire che c è la famiglia. C è un’idea condivisa un po’ da tutti  che il femminile ci deve essere, ma al di la di questo non sanno cosa fare. Vediamo cosa accadrà. Al di là delle dichiarazioni di Berlusconi sul 30% delle quote. Ci si deve ammodernare, secolarizzare. C è però un problema. Quando il  PCI fece la sua svolta. Un gruppo di donne fece la 4° mozione. Di quel gruppo di donne ad oggi, l’unica che non è andata in parlamento, sono io. Io ho un problema diverso. Cioè le donne che sono femministe, o che fanno la pratica politica di donne, nel momento in cui decidono in cui scelgono le istituzioni, abbandono questi luoghi perché non sono più attrattivi. O c è un modo di collegamento. Il modo che si è delineato, sui casi specifici, mi lascia insoddisfatta. La politica è fatto ampio.  A me piacciono questi luoghi perché qui non circola potere. Ma se una donna vuole realizzare dei progetti, deve andare anche nei luoghi dove c è circolazione di potere. Su questo tra l'altro non c è chiarezza estrema. Chi ha ansia di fronte al  potere se ne sta fuori. Oggi non ci sono quelle donne che fino ad oggi erano qui. Io non mi chiedo, rispetto agli articoli apparsi oggi su Liberazione. Le donne della 4° mozione  hanno fatto un elenco degli obiettivi. A me non interessa, a me interessa aggredire il modo in cui sono organizzate i partiti. Io non ne posso più di Unioni, e di non trasparenza della politica. E di come hanno scelto le candidature per questa campagna elettorale. Però noi dobbiamo chiedere di più. Siccome stanno lì 8 ore al giorno, queste donne vengono travolte. Ma il tipo di rapporto tra il luoghi istituzionali e il movimento delle donne io non lo vedo. Io amo la politica, e la guarderò nel suo complesso.

Natascha:

Le donne di Milano l’8 marzo hanno organizzato un incontro. Io penso che le candidate si siano sentite autorizzate ad andare, e a confrontarsi con loro. 

Laura:

Credo di essere quella con meno esperienza politica di tutta la sala. Il mio parere è che la politica italiana è maschilista. A Bracciano,  è da 30anni che candidano la stessa persona. C’è una visione della politica che corrisponde a 30 anni fa’. C’è il cosiddetto nepotismo. Questi 60enni si cercano delfini che sono in tutto e per tutto uguale a loro. Parlano uguale a loro. Anche se si svecchiasse, secondo me la faccenda non cambierebbe molto. Questo porta ad un maschilismo. Io volevo cercare una cosa alternativa al partito, perché speravo che nella società civile ci fosse un organo che non sia per forza un partito. A me non stanno bene le logiche di partito. Da dicembre, e per via traverse, ho saputo della casa delle donne. Qui il problema mi pare  sia prima diventiamo fattive per far numero? o prima facciamo numero e poi diventiamo fattive.  

Isabella:

Rispetto a quello che diceva Letizia, io sono d’accordo, in gran parte. Ma vorrei dire anche che se si  vince le elezioni, il prossimo governo deve fare scelte che ci riguardano da subito. Scelte istituzionali che riguardano il Ministero Pari Opportunità, persone che metteranno, il dipartimento PO, che oggi è incardinato nella Presidenza del Consiglio. Mi hanno detto che stanno facendo le nomine per la commissione PO. Tutte cose che possono anche determinare un senso di fastidio. Sul femminile di cui parlava Letizia prima, che i partiti fanno, senza una nostra voce, la faranno anche dopo le elezioni. Su questi temi ed altri. Per es. sui temi istituzionali abbiamo intenzione di pensarci e di dire la nostra? Nel ‘96 il Ministero PO fu inventato, ci andò la Finocchiaro, ci andai io. Era un gruppo molto legato al femminismo. Poi piano piano fu anche molto attaccato. Vorrei che interloquissimo anche su questa problematica. E’ assurdo che ci escludono, ma vogliono anche decidere su questo femminile che è in noi.

Bianca:

Io volevo rispondere a Letizia che ha posto un tema che va discusso qua dentro. Ed è come procedere anche rispetto ai percorsi di usciamo dal silenzio. Vorrei dire che sono in parte d ‘accordo, ma non ho solo l interesse a far si che le donne che sono entrate in Parlamento, ma ho interesse a fare in modo che questa frattura, che questa massa critica di donne, di spezzare di fare politica, che non  è solo in Italia. Che è un modo di pensare la politica nel mondo. Io sono una delle 300 persone che ha contribuito a scrivere la piattaforma di Pechino. In quel caso abbiamo fatto casino, io ho fatto l’anello tra femministe trasnazionali che hanno posto una serie di argomenti. Vi posso assicurare che la piattaforma di Pechino non fa paura a nessuno. Nel 1999 sono stati decisi i bombardamenti in Kosovo, anno in cui finisce anche il tentativo di pensare una politica globale. Il femminismo storico di qui mi sento partecipe e responsabile. Tuttavia credo che il nostro femminismo si debba anche interrogare con il dialogo di rifondare la politica. Penso che il pensiero politico delle donne in Italia, il pensiero della differenza quello di Lea, certe cose che sono state portate avanti da noi, siano a livello globale delle cose molto interessanti da dire per trasformare la politica. E’ come un tesoro di saperi per rendere possibile il famoso salto di civiltà. Credo che la globalizzazione abbia talmente accelerato i rapporti che toccano ovunque la politica. In Italia c è una vorticosa tendenza al riassorbimento della cultura del mediterraneo. Non è possibile non situare la nostra azione dentro questo discorso. Il patriarcato ha usato i bambini, per il tramite anche di Livia Turco. Perché servono i bambini? Perché ricacciano le donne dentro il ruolo di madri. Nella mia visione della politica, la soggettività politica delle donne nasce incarnata, nasce dentro la politica istituzionale. Se non prendiamo atto del fatto che c è una deviazione profonda. Il pensiero laico liberale è liberista. Il pensiero laico tout court, ragiona però sempre in termini di diritti, che è asessuato. Che ci fai con la legge 194 che difende il diritto di una persona sessuata? Sullo sdoppiamento come si interviene? Quando vado in sud africa e vedo che le donne sono il 30% in Parlamento, accanto a questo che è una bellissima costruzione, c’è poi la povertà delle donne. Noi italiane siamo riuscite in un paese cattolico, che non ha mai raggiunto effettivamente l’Europa. Noi in questi 10 anni abbiamo fatto un grande mutamento nella relazione tra donne e uomini e poi ci siamo fermate. Che vogliamo fare? Vogliamo ripartire a spostare, sulla base di essere donne e uomo. In questo paese e nel mondo. Bisogna creare delle reti. L’uguaglianza è un punto di tensione. Preferisco  creare delle relazioni. Io sono femminista perché mi piace la potenza. Questo della casa è anche un luogo di micropoteri stressanti. Anche qui sono dei piccoli  serbatoi di voto. Essere autonomi significa recuperare il linguaggio della potenza. La manifestazione di Milano ha messo in scena la potenza delle donne, e ha tacitato tutte le sciocchezze sulla 194. Le politiche di genere sono importanti. Le donne dei DS non hanno osato andare contro la Prestigiacomo perché aveva dei buoni rapporti con la stampa. Io dico esiste un modo per recuperare la politica delle donne come potenza?

 

Rina

La Casa internazionale delle donne ha dato la possibilità e ha costruito un luogo di confronto e insieme si e’ arricchita, cioè si e’ aperta perché non nascondiamoci che tante hanno avuto verso la Casa una ostilità perché la vedevano come un luogo chiuso, autoreferenziale, un luogo delle associazioni e di una pratica vecchia. Quindi non penso che ciò che abbiamo costruito sia un fatto da non tenere in considerazione. Io penso che ci sono vari fattori che hanno portato oggi a una giornata al di sotto delle mie aspettative: ci siamo date appuntamento a distanza di un mese dall’ultima assemblea, il comunicato di invito non e’ apparso sul sito della Casa e l’e-mail che e’ circolata e’ arrivata soltanto giovedì. Quindi anche l’organizzazione ha inciso. E poi il tema: donne e politica. Siamo in un momento elettorale e molte non sono qua perche’ temevano probabilmente la strumentalizzazione di alcune donne che fanno parte di alcuni partiti e che forse avrebbero potuto venire qui a mettere un cappello sul discorso che si vuole portare avanti. Altre considerazioni: io non mi trovo a mio agio qui piu’ che altrove: a volte mi trovo bene qua, a volte mi trovo a disagio. Le assemblee precedenti sono state faticose anche per noi che non riuscivamo a trovare un modo di comunicare, una forma da dare a questi incontri per andare avanti. Quindi non e’ che sia un agio ritrovarsi qui dentro o che non ci siano, come dappertutto, conflitti rispetto ai poteri. In piccolo ci sono ovunque. Ma torniamo al perche’ io tengo a questa assemblea permanente e al tema, le donne e la politica. Io appartengo al Forum delle donne di Rifondazione ma non mi basta, voglio costruire un’altra politica che vedo possibile solo se c’e’ una soggettivita’ femminista in grado di ridare un segno alla politica. Percio’ dedico tempo a questo luogo perche’ penso che occorra ricominciare a mettere in moto alcuni percorsi di dialogo, di confronto anche all’interno dei luoghi istituzionali. Abbiamo verificato che quei luoghi di potere ci hanno permesso alcune cose, ma solo parzialmente e comunque per quanto mi riguarda quella e’ una parte con cui mi voglio rapportare. Io lavoro per questo: ricreare una forte soggettività politica femminista in Italia. Attraverso quali strumenti si puo’ fare? Mettendosi in rete tra piu’ soggetti. La prima cosa che interessa a me e’ la legge 40. Deve nascere dall’esterno, da noi, dal movimento delle donne, a partire dal grande strumento che ci hanno fornito le compagne di Milano, deve ripartire da noi il mettere al centro subito la legge 40. Non mi basta di avere all’interno del Parlamento delle femministe, e non basta nemmeno a loro. Il grande obiettivo che ci dobbiamo dare e’ creare un laboratorio nuovo.

  

Lea:

La presenza si è allargata. Ci sono anche delle ragione informali. Io vorrei dire sulla questione del 14 gennaio….perché c è un po’ la tendenza a dire che  è nata una cosa nuova. C è sicuramente un contesto di lunga durata che l’ha preparata. Il femminismo non è mai sparito. E c è un contesto più immediato, a ridosso del 14 gennaio. Che  è l intervento su materie e terreno di esperienza che ci toccava da vicino. La procreazione assistita etc. Famiglia nuove relazioni, omosessualità…abbiamo visto temi entrare nel cuore della politica. Nel cuore delle istituzioni e dei massimi poteri pubblici. E con pratiche anomale, il lavoro sui sapere, il corpo e la sessualità che ci ha occupato negli ultimi 20 anni. Penso alle ns riviste. Ci ha spiazzate il fatto che queste tematiche entrassero cosi prepotentemente  negli interventi pubblici. Abbiamo voluto riaffermare queste materie con la nostra pratica. Abbiamo tentato di mettere insieme donne che hanno prodotto pensiero su quel tema. Quindi la difficoltà che abbiamo incontrato sulla legge 40 e che referendum è stata una grossa frustrazione nel modo in cui è stata proposta dai media. L’ingerenza della Chiesa è stata prepotensissma. C è stato un crescendo che ha creato frustrazione e noia. Questo contesto non va dimenticato, al fine della presenza di piazza di Milano. E stato anche fatto nuovo. Lo dice la genesi della manifestazione. Non ho fatto altro, negli anni, di mantenere viva la rete di relazione. Alla fine dello scorso anno ero scoraggiata, pensavo che le donne non volessero tanto incontrarsi. Io cominciavo ad avere il dubbio che il desiderio di incontrarsi fosse scemato. Ma ricontrarsi dopo 20-30 anni anche con frustrazioni non era così facile. La novità del 14 gennaio è anche la novità con cui è uscita. Quando Assunta Sarlo mi ha chiamata, e mi ha detto mando una mail…e nel giro di 2 giorni c’era una adesione enorme. Ma lì sono state singole persone che si sono organizzate con le loro reti di relazioni costruite negli anni. La prima novità è che non è sempre un’associazione di femminismo che crea e muove la società. Si rompevano alcuni schemi di previsioni. Mi aspettavo che la ripresa del femminismo provenisse da associazioni femministe. Ma questa cosa mi ha spostato che venisse da singole donne, anche istituzionali e non. Io sono stata sempre anti-istituzionale. Per la prima volta ho lavorato con donne con istituzioni, e ho visto che si poteva lavorare bene insieme. Il 14 gennaio ha costretto anche le associazioni femministe di dislocarsi anche diversamente. Ci siamo rimescolate di più. Il discorso dell’appartenenza e dell’identità riguarda anche le associazioni…Noi abbiamo vissuto questa frammentazione sulla base dell’identità e del differenzialismo. Il fatto che se tu non eri della stessa idea la criticavi. Negli anni ‘80, io criticavo con abbondanza di analisi, e non sono stata più invitata in alcuni città. Per 20 anni ho fatto esercizio critico e sono stata anche messa la bando. Poi l’atmosfera è un po’ calata e mi hanno riabbracciata. Il fatto dell’appartenenza ha segnato anche il femminismo. E i segni ce li portiamo dietro. Il 14 gennaio ha rappresentato il fatto di un leggero dislocamento rispetto alle nostre identità. Per me incontrare donne che stanno nel sindacato, nelle istituzioni è stato importante. I gruppi si sono ampiamente rimescolati. Oggi altri decidono, parlano per noi su cose che ci riguardano direttamente. Questa è la molla delle 500 donne di Milano nelle assemblee. A me non basta. Negli anni 70 noi volevamo riportare un terreno non politico alla politica:il personale. Oggi questo movimento guarda alla scena pubblica, che non è solo elezioni e rappresentanza. Anche qui rappresentanza dobbiamo discuterne…cosa significa? Anche le nostre assemblee a Milano hanno questa urgenza. Però non deve diventare il polo che assorbe. Credo che questo nuovo orientamento, possa essere definito ripresa, perché non è uguale al passato. C è qualcosa che ci rimanda indietro, … aborto, ma anche apertura verso nuove soluzioni. Oggi sono temi intersecati con il lavoro della vita pubblica. Oggi il tema è la connessione…i nessi anche tra ciò che abbiamo vissuto. Anche qui il rischio è che quando si guarda la scena pubblica,  e legiferano, la Chiesa interviene, abbiamo l’impressione che questi argomenti ci vengano sfilati di mano. Se c è una difficoltà di ripresa di movimento è che il discorso della vita pubblica rischia di non avere il tempo e la pazienza di recuperare anche la memoria che abbiamo alle spalle. Il rischio è quello della ripetizione, stesse logiche degli obiettivi. Bisogna anche tenere il passo sulle scadenze. Quindi l ‘esito delle elezioni è importante, il contesto è importante. Uno dei gruppi di lavoro sarà sulle funzioni comunali. L’altro è che su questi temi parliamo anche della sessualità e dei corpi, ma anche delle guerre. Credo che questo movimento deve produrre una presenza continuativa, che ha parola analisi ed iniziativa. Il discorso di Letizia, ognuno sceglierà dei modi. Ma con le donne che saranno presenti nel parlamento, bisogna avere un rapporto continuativo. Il movimento che c’è fuori. Sarà anche il rapporto  che queste donne stabiliranno nel partito. A me interessa anche un rapporto di reciprocità. Dobbiamo scardinare l’idea che la politica sia un vertice, abbiamo costruito delle pratiche, e chi è nelle istituzioni deve scambiare ed incontrarsi. Sono convinta che l’autocoscienza sia importante, non è una fase del femminismo è il femminismo stesso. Ma ci vuole invenzione di pratica, che sia in grado di leggere tutti i segnali della vita pubblica. Bisogna lavorare sui nessi tra privato e pubblico, tra sessualità e politica.

  

Claudia:

Vorrei rispondere sulle questioni del destino delle donne romane. Io credo che questa assemblea deve continuare a parlare delle donne. Sia a livello nazionale, sia  sul mercato del lavoro. L’8 marzo credo sia detto che Roma è la città delle donne. Ma io credo che ci siano anche dei problemi. Io propongo che questa assemblea diventi uno dei punti di riferimento per i problemi delle donne romane ed attivare associazioni che si muovono sul territorio. Cmq abbiamo la specificità di essere donne romane.

 

Laura:

Donna è politica è vago. Donne non sono una categoria, e la politica cos’è? Allora parto dalla politica delle femministe. Il contenuto è fondamentale, e deve  essere inserito in un’ottica di genere di lettura della realtà. Il paradigma del corpo delle donne rispetto alla società e al mondo, e non solo rispetto alla politica e alla religione. Questo per i contenuti. Ma è anche una questione di  metodo. L’ottica di genere pone anche un problema di relazione. Noi siamo un piccolo gruppo. Cerchiamo di agire delle forme politiche che non riusciamo a realizzare altrove. Da una parte ci può essere rispecchiamento, ma anche conflitto…Rispetto al potere volevo dire che il potere esiste. Bisogna ragionare insieme sull’esercizio. Non so se la parola potenza possa risolvere questo problema. Ma forse la potenza esprime più un lessico maschile. Noi lavoriamo sulla possibilità della decostruzione. Questo sovvertimeno dell'immaginario può essere applicato sulle questioni donne e politica. La cosa che possiamo fare è eliminare le quote rosa. Perché esse non rappresentano altre donne, non necessariamente. Le donne in Parlamento in Italia sono donne cooptate. Ci sono basse percentuali e si passa per cooptazione ed è per derivazione di movimento. Pensare di ragionare in termini di democrazia inclusiva. Può aiutare proposte di 50 e 50. Questo per dire che se riuscissimo a sfondare la porta dell’immaginario potrebbe nel tempo cambiarlo. Cosa significa essere  qui (movimento) rispetto allo stare là (istituzioni). Siamo ancora troppo indietro? Perché non ci sono le migranti? Dobbiamo trovare dei canali. Attiviamo contatti.

  

Antonia:

L’argomento è molto ampio. Si è delineato un panorama rispetto all’inizio della assemblea. Il numero non mi sembra un problema. Forse si possono tentare altre formule e vedersi magari la sera. Tentare di cambiare la fisionomia dell’assemblea. Io sono in difficoltà perché è  da un po’ di tempo, dopo il 14 gennaio, gli interventi di documenti, tra femministe navigate, io in questo ultimo anno non ho questa  ansia di intervento immediato nella realtà. Una rabbia crescente legata all’ultimo periodo di riflettere, e di guardare le cose con maggiore distacco. Il problema è che stiamo andando avanti con una crisi del pensiero politico, e non tanto della politica. Categoria vecchie e moderate. Io ora ho sempre più disagio a questi richiami alla potenza, all’intervento. Il dopo Milano non mi ha interessato, Bologna, le donne nelle istituzioni non mi interessa perché lo do per scontato. Non trovo passione, perché non vedo nulla di nuovo. C’è una strana voglia di recuperare la scena del passato. Io ho voglia di chiedermi perché quello che succede in Francia non succede qui? Come mai in questo paese non riesce a passare questa contestazione.? Io dico che c è un tappo, un ceto di movimento che lo cavalcherebbero. Io sinceramente dopo il post Milano mi sento lontana. Ci siamo immiseriti politicamente, perché non c’è un pensiero che dica cose nuove, non ce lo abbiamo neppure noi. Penso che sia un percorso molto faticoso, in cui non mi sento di fare un documento sui  cui controllare la politica e le istituzioni. Più che dire che i movimenti si sono impoveriti e che questa è la nostra attualità politica.

 

Rossella:

Io ci tengo  a stare qui perché voglio esserci con la mia soggettività intera. Voglio praticare la mia differenza e la mia uguaglianza. Mi chiedevo il 4 giugno del 95 abbiamo fatto un altro filo diretto, che poi è sfociata alla manifestazione nazionale di donne in Italia. Ci sono poi voluti altri 10 anni. Perché 10 anni di silenzio? Io sono molto grata a molte donne, Lea. Sul suo lavoro dell’interiorità considerandolo lavoro politico. Lea questa sera ha fatto autocritica, ha denunciato degli errori. Parla della necessità di lavorare sui nessi. Un recupero di intreccio con le istituzioni. Dico questo perché è difficile costruirsi una soggettività singola e collettiva. Il rischio di un essenzialismo, e integralismo di un femminismo che elabora la differenza come un valore assoluto. Vedere cosa possiamo scambiarci è un passo super necessario. Io mi porto dentro una storia politica molto complicata. Sono nell’UDI e mi chiedo sono emancipata o femminista? Bisogna aver fatto l’esperienza dell’autocoscienza del femminismo per esser definita tale? Andiamo fuori dalle contrapposizioni sterili. Andiamo nei gesti e nelle pratiche. Perché non facciamo dei laboratori? Uno su come si sono costruite le nostre identità singole, quanto di positivo c’è in noi. E vedere cosa possiamo fare anche rispetto all’esterno di noi. Costruire dei ponti con le istituzioni è indispensabile. Che ponti costruiamo, non solo con le nuove generazioni.

Silvia:

La proposta che voglio fare è quella di cercare di dare forza ad un laboratorio sul governo delle città, sulle politiche urbane. Dal 2002 cerco di instaurare una relazione diversa con le istituzioni. Facemmo una bellissima assemblea, da cui uscì un documento, che si affossò non appena lo portammo alla discussione con le politiche. Ho incontrato una serie  di donne. Forse ci sono le condizioni per riprendere questo percorso. Con attenzione a porre il problema delle relazioni con le istituzioni. Se c’è questa disponibilità….io ci sto…. io faccio parte anche delle donne in nero….bisogna trovare anche altri spazi.

Antonella:

Io volevo parlare delle cose che ho sentito. Quello di Antonia mi ha colpito, perché la sento anch’io. Perché non siamo come i francesi? Perché non la rivoluzione? La rivoluzione è pericolosa. Sovvertire ciò che si abbatte è difficile, perché il nuovo non è disponibile. Con Berlusconi si è andato verso il controllo. Roma è particolare anche perché c’è la Chiesa. La Chiesa ha ripreso un sistema di controllo di potere sul femminile. La legge 40 non è passata perché la Chiesa ha detto non votate. Finchè ci sarà una cultura del patriarcato sarà difficile che le donne emergano. Vorrei ricordare della Morabito solo perché ha fatto un figlio fuori dal matrimonio….. la mafia esiste e non ha desiderio che le donne entrino in politica, così la Chiesa. Per la rivoluzione non ci sono le spinte. Il coraggio di scendere in piazza. Sì può tentare con gruppi di lavoro, far circolare idee. Sul movimento femminista, ad esempio. Capire chi siamo dove siamo, e dove vogliamo andare.

Angela:

Mi sono appassionata al soggetto sessuato, questa riflessione ha aumentato la mia passione politica. La vita pubblica e la politica riguardano altre questioni. Quando si tratta di politica è fuori di me che parlo, altri argomenti.

Ilaria:

Io sono interessata ad un laboratorio che si occupi di donna e politica. Rilanceremo delle parole chiavi e gli obiettivi che l’assemblea si deve dare…deve proseguire il collegamento tra Milano e Roma. L’idea di mantenere in vita questa assemblea, anche cercare di spostare orario e giorno, a seconda del desiderio di tutte di ampliare questa rete. La riflessione che avevamo messo a tema è abbastanza ampia. Il materiale può essere sterminato. Per noi è stato interessante anche farlo qui. Il discorso delle quote rose non è il nostro obiettivo e vorremo cancellare la parola anche dal punto di vista dialettico, l’abbiamo patita. Possiamo vedere anche di vederci a maggio per un incontro nazionale a Roma….un momento di confronto e di rilancio dei nostri obiettivi.

Lea:

il sito usciamo dal silenzio da’ notizia di tutte le iniziative in tutte le città. Consiglio di mantenere il collegamento anche con questi mezzi. Importante anche il contatto con giornaliste locali. Ci sono delle alternative con degli spot, farsi intervistare da radio locali. Questo è stato fondamentale per un allargamento delle presenze.