Da "La nonviolenza è in cammino" del 6.3.05
UN'ALTRA
VISIONE E' POSSIBILE?
MARIA
G. DI RIENZO
Al campo
internazionale della gioventù a Porto Alegre, durante l'ultimo
forum sociale mondiale (26-31 gennaio 2005) sono passate circa 35.000
persone di tutti i tipi: studenti e artigiani, femministe e musicisti,
gay e lesbiche, venditori di cibo ed acqua, cd, incensi, tamburi e collane,
e così via. Camminando per il parco in cui si teneva il campo,
si potevano notare le immagini più ripetute su striscioni, bandiere,
cartelli e magliette: Guevara, Marx e Bob Marley. Si potevano anche notare
le mostre di pittura e gli spazi culturali o le persone che prendevano
il sole o meditavano all'aria aperta.
L'apertura e l'accoglienza di questo spazio erano la facciata: all'interno
di esso giovani uomini hanno stuprato donne.
Sembra che a questi Guevara del XXI secolo manchi la capacità di
connettere le proprie azioni personali alla politica che professano, di
vedere la relazione fra la militarizzazione ed il controllo della sessualità
femminile o di capire come le loro azioni o il loro silenzio perpetuino
i privilegi di genere.
Il campo avrebbe dovuto, nelle intenzioni, essere un microcosmo socialmente
progressista, in cui i valori del Forum venivano messi in pratica, ed
ha prodotto 90 casi denunciati di violenza contro le donne. I casi hanno
incluso molestie, intimidazioni, esibizioni sessuali nei bagni (con uomini
che si masturbavano in pubblico ed altri che filmavano le donne nude),
stupri.
La sera del 29 gennaio un gruppo di giovani femministe presenti al campo
ha organizzato una marcia contro la violenza: donne, e uomini in solidarietà,
portavano cartelli con le scritte: "Non vogliamo violenza contro
le donne nel nostro mondo" ed anche "Lottiamo ogni giorno: siamo
donne, non merce".
La marcia non ha ispirato solo sostegno, negli uomini al campo; parecchi
hanno ritenuto di dover reagire con minacce e scherno, tanto che le organizzatrici
hanno dato vita il giorno successivo alle "Brigate Lilla": un
gruppo di donne che portava una fascia di color lilla sul braccio, identificandosi
come volontaria pronta ad offrire aiuto alle ragazze che avevano subito
abusi. In contemporanea, il Laboratorio d'azione femminista metteva in
moto un processo di facilitazione per la denuncia degli abusi stessi.
La mancanza di un'analisi di genere nella progettazione del campo ha creato
quello spazio come "non sicuro" per le donne. Inoltre, la loro
protesta è stata presa ben poco sul serio e uno solo degli stupratori
è stato arrestato. Le donne che partecipavano al campo hanno reagito,
nelle interviste, con tristezza, frustrazione e rabbia: hanno detto che
uno spazio in cui si permette o tollera la violenza contro le donne non
è in grado di lottare per "l'altro mondo possibile".
Erano indignate dal fatto che gli stupratori fossero a piede libero e
hanno testimoniato di sentirsi in quello spazio invase, non rispettate,
abusate. Molti uomini hanno professato solidarietà con le donne
che erano state attaccate e con la lotta femminista in generale, ma altri
hanno detto che era responsabilità delle donne prevenire le aggressioni:
avrebbero dovuto sapere che era rischioso condividere i bagni pubblici
con gli uomini (al campo, peraltro, non erano stati predisposti bagni
o docce per sole donne).
E' urgente che il Forum sociale mondiale riveda non solo le proprie metodologie,
ma la propria visione dell'altro mondo possibile: il sessismo contraddice
in pratica la visione comune. Finché non si smantella il patriarcato,
nella teoria e nella pratica, l'oppressione e la discriminazione continueranno.
Per esempio, il "Manifesto di Porto Alegre", che sintetizza
in 12 punti ciò che il Forum propone a livello globale, è
stato scritto da 18 uomini e una donna. Il Forum è un momento d'incontro
fra persone e gruppi, non è rappresentativo dell'intera società
civile globale e, perciò, nessuno può assumersi la responsabilità
di parlare in nome di essa, come invece coloro che hanno scritto il Manifesto
fanno: questo modo di procedere è asimmetrico, antidemocratico,
sessista e ben lontano dagli sforzi per creare un modello di società
alternativo. Il Manifesto dichiara di voler sostenere politiche che avversino
ogni forma di discriminazione; include anche la cancellazione del debito
nel Sud, il raggiungimento di piena occupazione e protezione sociale,
lo smantellamento dei paradisi fiscali, l'adozione di un commercio più
equo, il diritto all'informazione, la lotta contro i brevetti su esseri
viventi e conoscenza; l'abolizione della privatizzazione dell'acqua, la
democratizzazione degli organismi internazionali, lo smantellamento delle
basi militari straniere, l'arresto della distruzione ambientale: niente
di tutto ciò è stato articolato da una prospettiva di genere.
E non ci sono state richieste di inserirvela, il che suggerisce la comune
credenza che esse siano indipendenti dalla subordinazione delle donne,
sebbene le donne siano metà della popolazione mondiale (la metà
più povera) e siano quelle che suppliranno con il loro lavoro ovunque
i servizi vengano privatizzati.
Riconoscere che "l'altra" esiste è un primo passo (sui
570 eventi della prima giornata del Forum, 25 erano direttamente correlati
ai diritti delle donne), ma non può essere sufficiente per un movimento
sociale; è necessario che si giunga ad una visione condivisa e
all'accordo su quali tipi di azione nonviolenta ci porteranno verso di
essa. Mi pare ovvio che sessismo e violenza debbano stare fuori dal quadro.
E' ovvio solo per me?
6-06-05
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