Hai ragione, camminiamo insieme discutendo
di Fausto Bertinotti


Jeanne Hebuterne


Cara Lea,

nella tua lettera poni temi molto impegnativi che meriterebbero non solo una risposta ma una lunga e approfondita discussione. Tu critichi il programma delle primarie sostanzialmente per due motivi.

Ne rilevi una parzialità e una contraddizione là dove non vengono nominate né la sessualità, né la religione, né l'immaginario, e denunci la invadenza di un economicismo come "orizzonte unico di relazioni materiali e simboliche".

Anche il programma di Rifondazione comunista, insomma, non sfuggirebbe a quella politica astratta che pretende di comprendere tutto, ma non arriva a cogliere fino in fondo la condizione reale (non solo materiale) degli uomini e delle donne. E non avrebbe accolto nella sostanza la lezione di quel movimento femminista che sui temi che tu sollevi indubbiamente ha avuto molto da insegnare.

Ti dico subito che l'economicismo non mi appartiene. Ma non voglio rispondere a queste critiche semplicemente dicendoti dove le ritengo sbagliate e in che cosa invece colpiscono nel segno, ma introducendo nella discussione fra noi anche la mia esperienza, il mio vissuto in questa lunga, ma - ti assicuro - umanamente intensa campagna elettorale per le primarie.

Ho incontrato molti uomini e molte donne, ho visto la loro fatica di vivere, e anche i loro volti, i loro corpi, ho parlato con loro e loro hanno parlato con me in un rapporto concreto, vero nel quale c'era tutto il loro vissuto, non solo il loro salario, lo sfruttamento, la difficoltà di tirare avanti.

Questo per dirti che il programma di rifondazione comunista non sono le poche pagine scritte, che pure rivelano una ricerca ed un approfondimento che merita attenzione, e non sono neppure i miei e i nostri discorsi. Esso è anche, e direi soprattutto, la concretezza di quegli uomini e di quelle donne, è la relazione forte che si è creata con loro, la sintonia intorno ad un progetto. Il programma per me è stato soprattutto questo incontro. A me pare difficile parlare di una programma a prescindere da esso anzi credo che proprio a partire da questa relazione esso vada valutato e naturalmente criticato. Il programma - per quanto mi riguarda - è innanzitutto quella relazione e ovviamente quei conflitti, quelle contraddizioni che essa ha rilevato.

Si tratta di un approccio parziale, limitato rispetto ad altre grandi questioni che oggi ci stanno di fronte e che travalicano la sfera economica? Non esito a risponderti di sì. Quel programma (insisto, inteso come incontro, relazione e quindi concretezza di quegli uomini e di quelle donne che ne hanno voluto discutere) esprime una parzialità. E' una parzialità delle loro e delle nostre vite che sono fatte e sono ricche di molto altro ancora. Della ricerca della felicità e non solo del benessere, di una armonia con se stessi con gli altri e con la natura, di un senso da dare a ciò che si fa.

Hai ragione: è quello che oggi le religioni - non solo la religione cattolica - danno riempiendo lo spazio della crisi della politica e della democrazia. Ed è quello che la destra - a cominciare da quella americana - ha offerto per mantenere e accrescere un consenso anche fra coloro più colpiti dalla crisi economica e dalla globalizzazione neoliberista. Insomma è vero, nella vicenda umana c'è una politicità che va al di là dell'economia e che riguarda la vita, la nascita, la morte, l'amore che spesso la "politica-politica" non riesce a cogliere.

Ma ora sono io a farti alcune domande: siamo sicuri che fra quel vissuto che si riferisce alle "problematiche economiche" e le altre, quello che tu e il femminismo definite "problematiche del corpo" non vi sia proprio nessuna connessione? Io credo che non sia automatica, che non vada sempre in una direzione, ma che ci sia. E che sarebbe comunque un buon esercizio per tutti e tutte scoprirla, disvelarla, capirne le connessioni.

E ancora: sei sicura che la politica intesa anche nel senso più alto e nobile del termine, possa davvero comprendere tutte quelle tematiche e quelle esigenze che tu citi? O non dobbiamo dare ad essa un significato e un ruolo certo molto importante, ma limitato lasciando ad altri soggetti il compito di creare pensiero e di influenzarla e modificarla? Non credi che sarebbe o potrebbe essere persino pericoloso un partito o un programma che pensasse di comprendere tutto?

Vorrei che non mi fraintendessi. Non sto sottovalutando l'importanza dei temi che il femminismo ha avuto il merito di immettere in una sinistra spesso asfittica. Non sto dicendo che essi sono stati assunti e che oggi riescono a modificare la politica e la politica di un partito pur interessato ad essi come il Prc. Non sto neppure negando dei limiti evidentissimi nella sinistra, in Rifondazione e anche nei singoli soggetti maschi di questo partito. Sto solo dicendo che essi non si superano in un programma che li assuma che li potrebbe solo enumerare, enunciare, ridurre, eliminando di fatto la loro ricchezza e il valore propulsivo.

La parzialità che tu giustamente lamenti non è superata né da un partito né da un dirigente di partito impegnato in una campagna delle primarie, pur molto interessato ad esse. E' superata, a mio parere, da un confronto e da un conflitto anche duro fra soggetti che mettono in gioco la loro parzialità. Senza recriminazioni e senza ipocriti atteggiamenti cavallereschi. Ma con la voglia di scontrarsi per costruire. Ho apprezzato la tua lettera perché contiene questa aspirazione. E spero che sia solo l'inizio di un fecondo conflitto.

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 12 ottobre 2005