Rosaura Galbiati, Crescere tra oceani

Valeria Fieramonte


 

E’ nata una nuova scrittrice, vissuta clandestina per decenni e ora all’improvviso pronta con decine di scritti e romanzi che, a giudicare da questo primo libro, promettono benissimo.

I soliti percorsi femminili, spesso lenti e tortuosi, prima di emergere dal privato e dalla sua indubbia comodità?

Rosaura è una appassionata viaggiatrice, e si può dire che non ci sia luogo naturale del mondo di qualche interesse che non abbia visitato assieme al marito. Tutta questa conoscenza reale, assieme a una passione per gli animali sostanziata di dati scientifici, fanno sì che quando scrive di animali la sua non sia una semplice fantasia naif, ma qualcosa che lascia persino sconcertati per profondità emotiva e informazioni oggettive.

Crescere tra oceani – questo il titolo del libro editato da LuoghInteriori - contiene tre lunghi racconti su alcune specie misteriose e niente affatto facili da conoscere, diciamo, più da vicino: le balene grigie, le orche e i leoni marini.

Anche la premessa è interessante, non è da tutti pretendere di entrare nella mente degli animali, nella loro vita interiore, certo semplificata rispetto a noi animali umani: ma in un mondo dove ci sono voluti secoli, anzi millenni per riconoscere un’anima anche alle donne, si può immaginare quanto possa essere complicato accettare che anche i non umani hanno forme di coscienza, soffrono, amano e sono legati in complesse forme sociali dentro i loro branchi e raggruppamenti ancestrali.

E’ interessante sapere che, se fossimo pesci, vedremmo tutto in bianco e nero e secondo la scala dei grigi ( in questo caso, anche se la nostra vista è pur sempre limitata, perché non vediamo gli ultrarossi e gli ultravioletti – è pur sempre più ricca della loro), e che i grandi cetacei comunicano assai meglio attraverso le onde sonore e probabilmente gli ultrasuoni, tutte forme di comunicazione che tramite i segnali elettronici noi disturbiamo fortemente: ma è soprattutto interessante osservare come, per qualsiasi specie animale, se i piccoli sono separati troppo presto dalla madre, dove per troppo presto si intende una ‘finestra naturale’, diversa per specie e specie, vanno incontro a irrimediabili difficoltà di relazione con la loro specie. Dunque a un disorientamento e a una solitudine totali, come la commovente vicenda dell’avventuroso piccolo di balena grigia dimostra efficacemente.

Ma anche le orche, responsabili pur sempre - nel secondo racconto - del disorientamento del piccolo di balena causa uccisione della stanca madre, hanno una esistenza molto più complessa di quello che ci immaginiamo: terribili le descrizioni delle orche prigioniere negli acquari per divertire gli umani – e facile capire perché il maschio, un predatore ancora più temibile, un colosso di oltre sette metri, sia diventato un ‘captivus’, ovvero un prigioniero, assassino anche delle ingenue istruttrici che lo amavano.

Le orche, temibili killer anche delle balene, hanno una gravidanza lunghissima, dai 15 ai 18 mesi, e vivono in realtà in società matrilineari, il gruppo è guidato dalla femmina anziana ed è lei a insegnare ai più piccoli le raffinate tecniche di caccia. C’è anche un interessante fenomeno studiato da tempo che viene chiamato ‘effetto nonna’: si è visto che la presenza nel gruppo di femmine anziane non più fertili aumenta la capacità di sopravvivenza e riproduzione della prole. Ancora più sorprendente e persino bizzarro è il fatto che i ferocissimi maschi adulti, che non si interessano dei piccoli, abbiano un più elevato tasso di mortalità se le loro madri muoiono, e continuino ad essere dipendenti da loro per tempi molto lunghi. Le orche possono vivere oltre 80 anni, anche se raggiungono la maturità sessuale a otto anni e smettono di figliare dopo i 15, quindi hanno una brevissima vita fertile.

Per questo sono animali sessualmente precoci e vivacissimi: i loro giochi sessuali durano ore, nelle posizioni e inseguimenti più diversi, il sesso ha un ruolo importante e quotidiano nel rafforzare i legami sociali, e un osservatore umano potrebbe persino scandalizzarsi della loro disinvoltura e assenza di problemi.
Sono anche campionesse di comunicazione sonora, tramite l’uso di ultrasuoni: un gruppo familiare può disperdersi in un’area di 400 km quadri e rimanere in contatto vocale! Quando si riaggregano dopo le battute di caccia si percepisce l’eccitazione della festa per essersi ritrovati….
Dal momento che il loro areale spazia dall’Antartide all’Artico, dal Canada alla Siberia fino al Giappone, c’è da chiedersi, dato che possono mangiare fino a 150 kg di pesce al giorno, se diventeranno anche degli accumulatori di radioattività, a causa del disastro di Fukushima.

Ultimo protagonista di questa saga di mammiferi marini che ogni tanto devono uscire in superficie per respirare, è un piccolo di leone marino, nato già con una vita complicata a causa dell’irregolarità degli allattamenti: la madre per produrre il latte deve cacciare in mare, con tutti i rischi che questo comporta e non sempre riesce a tornare. La dipendenza dalla madre nei primi mesi è un filo d’acciaio a rischio di spezzarsi in ogni momento, la vita del piccolo dipende totalmente da quella della madre: se lei muore anche lui non ce la farà..
I maschi non si occupano affatto dei piccoli, anzi i giovani leoni marini subadulti sono per loro pericolosi, perché possono usarli come giocattoli e anche ucciderli. Capita che rapiscano i cuccioli alle madri e che si comportino con loro come se fossero femmine in miniatura: segregazione, abuso, possesso, perfino tentativi di monta, alcuni vengono portati in acqua prima del tempo e lì annegano facilmente. Tra i maschi adulti quelli dominanti si creano un harem con la maggior quantità possibile di femmine, che poi con grande fatica devono tutelare dalle continue insidie dei maschi più giovani, pattugliando la spiaggia e impedendo fughe e intrusioni.

Piano piano e rischiando di essere divorato dalle orche marine in agguato, il giovane leone di mare, se sopravvive, diventa più indipendente e in grado di procurarsi il cibo da solo, anche se la madre lo abbandonerà del tutto solo quando avrà partorito un altro figlio. Ormai è diventato veloce e può stare in apnea fino a trenta minuti, la sua velocità in acqua arriva a sfiorare i 40 km all’ora, ma in definitiva è solo un animale semiacquatico: la sua vita si svolge per metà sulla terraferma.
Nelle sue evoluzioni marine va incontro ad altri pericoli: gli squali, i pescherecci con le loro reti: non è raro trovare animali con ferite da arma da fuoco detenute illegalmente dai pescatori, cui la concorrenza nella pesca dei leoni e delle orche diminuisce i guadagni.

Rosaura Galbiati descrive le vicissitudini di tutti questi mammiferi marini con una partecipazione emotiva che coinvolge anche il lettore, regalando momenti di vera emozione e scoperta di sistemi di vite sconosciute, e lo fa dopo anni di osservazione attenta delle specie descritte nel corso dei suoi viaggi: del resto, come scrive nella controcopertina, anche gli animali hanno un’anima, - parola che in origine significa soffio, aria che si muove - altrimenti non li avremmo chiamati così.




Rosaura Galbiati, Crescere tra oceani. Racconti,
LuoghInteriori, Città di Castello 2024

1-04-2024

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