Rossana Rossanda e il femminismo
a cura di Lea Melandri

Frammento 2


Da “Anche per me. Donna, persona, memoria”, Feltrinelli 1987



“Ma in questa lunga esclusione, che pure è densa di esperienza vissuta da sempre accanto o al servizio dell’uomo, hanno prodotto una loro cultura? Un sapere specifico, represso o rimosso, che emergendo avrebbe una sostanziale correzione non semplice “in più”, da portare alla cultura come è stato finora -un suo diverso modo di essere? La cultura è maschile, non ci esprime, ci nega (…) Il nuovo femminismo è andato oltre: ha visto, oltre la storicità del sapere come sapere di una classe dominante, anche la sessualità del sapere, come sapere d’un sesso dominante.”

“...l’intuizione femminista è però più radicale e tragica, perché non si limita a chiedere l’accesso a quei diritti e poteri, ma fondamentalmente ne mette in causa la pretesa universalità. Che diritti sono, quali strumenti del conoscere la natura o gli umani rapporti hanno dietro di sé, essendo stati elaborati ed imposti da un sesso solo, e da un settore potente di esso, che storicamente ha tolto agli altri la parola?
Una volta veduto questo, le donne mirano alla rifondazione d’una cultura totale o alla legittimazione d’una propria autonomia non comunicante? Tanto per mettere subito le carte in tavola, io miro alla prima ipotesi: voglio dare alla “differenza” del vissuto femminile il carattere d’un bisturi che spacca l’inconfessata parzialità del sapere dominante e maschile.”


“...è la collocazione sociale che affina una facoltà (…) Non può darsi che se i sentimenti sono collegati alla femminilità, è perché il campo lasciato alle donne è quello in cui poteri, identità e negazione (la triade del rapporto “logico” come rapporto sociale) sono sperimentati nella sfera diretta del conosciuto: la famiglia, i servi, il luogo della riproduzione sociale? E’ questa che spiega la specificità femminile e non viceversa.
La femminilità è indotta dalla divisione dei ruoli. Accettarla come principio di cultura non comporta accettare anche questa divisione dei ruoli?”


“La donna è la sua contraddizione. Essa avrà paura della forza e della brutalità del maschio, il maschio ha paura di lei, femmina, a cominciare dalla sua sessualità, oscura, profonda, non visibile e forse insincera, dietro la quale sta la riproduzione della vita, di cui lei sola ha possibilità e sapienza.”

“L’analogia non potrebbe essere perfetta: l’operaio era pura merce, affatto spersonalizzata, la donna lo è stata solo in casi limite. Il suo sovraccarico di funzioni e simboli delineano se non una cultura, una figura e un modo di essere e, di più, il cardine d’un sistema di relazione che manca a tutte le altre oppressioni. La ricerca di questa storia specifica della “femminilità” presenta dei tratti affascinanti che l’essenza operaia non presenta mai..”




 

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