Fare salotti

Liliana Moro

Stendhal nel salotto della contessa Clara Maffei a Milano


"Fare salotto" è quasi sinonimo di parlare a vuoto, chiacchierare come passatempo. Invece i salotti sono stati per secoli - secoli ! - luoghi di diffusione della più recente e avanzata produzione culturale. Gli ultimi libri, le teorie più innovative, e magari censurate dal potere, vi venivano esposte e discusse. Senza avere il problema di decidere chi aveva assolutamente ragione, chi vinceva. Artisti e scienziati stranieri di passaggio in città venivano invitati e ascoltati con attenzione. Una funzione strategica al di fuori di corti e accademie.

Come mai, allora, questo declassamento? questa cancellazione? Perché i salotti erano gestiti da donne: era la padrona di casa che organizzava le riunioni e vi gestiva la conversazione con tatto, intelligenza e cultura. Le donne, escluse dalla possibilità di seguire studi regolari di livello superiore, qui potevano soddisfare il loro desiderio di sapere.

Famosi i salotti parigini del Settecento, centri dell'Illuminismo, tra le più rilevanti 'salonières' Madame du Deffand, Madamoiselle de Lespinasse, Madame Geoffrin.

Nell'Italia dell'Ottocento furono luoghi importanti per il movimento risorgimentale. Quello tenuto dalla contessa Maffei nel suo palazzo milanese fu luogo d'incontro dei 'patrioti' , dei e delle intellettuali che aspiravano all'unificazione e all'indipendenza politica del paese.

I salotti si diffusero ampiamente nella penisola solo dall'inizio dell'800, prima i luoghi di produzione della cultura italiana al di fuori delle Università erano le varie Accademie, associazioni di intellettuali.
“Il salotto sembra rispondere ad una esigenza di socialità più libera, non codificata … Non a caso, è questa l'unica aggregazione culturale in cui le donne hanno piena libertà di accesso” scrive Maria Iolanda Palazzolo in Educazione alla conversazione/educazione nella conversazione in Simonetta Soldani (cura), L'educazione delle donne, Franco Angeli, 1989


28-02-2020

 

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