L'ultima che ha bussato al centro antiviolenza di Trieste ha portato con sé una storia lontana dagli orrori delle cronache di donne ammazzate in tribunale o buttate nei sacchi della spazzatura: è "semplicemente" la storia di uno che ti picchia e poi dice che ti ama e che non lo farà mai più. In questa vicenda, è stato un carabiniere a fare la differenza. È arrivato in quella casa per la seconda volta e le ha detto: "Guarda che ti ho vista per mano con lui dopo che t'aveva menata. La prossima volta non vengo mica". Lei si è svegliata.
Ha detto basta a un ciclo di violenza che la psichiatra francese
Marie-France Hirigoyen in
Sottomesse. La violenza sulle donne nella coppia (Einaudi) disegna
in quattro momenti che si ripetono. Lui è teso, irritabile - "problemi
quotidiani", dice - e lei diventa la responsabile di tutti i guai. Quella
successiva è la fase di attacco, in cui insulti e minacce fanno da prologo
alla violenza. La donna tace, ha paura di farlo arrabbiare di più, si
ripete che passerà. Poi arriva il pentimento: "Ero sotto stress, avevo
bevuto, mi hai provocato".
L'Istat, nell'indagine nazionale dello scorso febbraio, calcola che
6.743.000 donne italiane tra i 16 e i 60 anni sono state oggetto di
violenza fisica o sessuale nella loro vita, mentre oltre 7 milioni hanno
subito una violenza psicologica e che, nella maggior parte dei casi, la
violenza arriva dal partner o dall'ex. Come il 69,7% degli stupri. E, a
smentire chi vuole giocare la questione esclusivamente in chiave di
sicurezza urbana, ecco l'affermazione dell'Istat: "Il rischio di subire
uno stupro piuttosto che un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto
è più stretta la relazione tra autore e vittima".
Dice la legge spagnola, la più avanzata d'Europa e la prima del governo
Zapatero, varata il 28 dicembre 2004: "La violenza di genere non è un
problema della sfera privata. Al contrario, è il simbolo più brutale
dell'ineguaglianza che esiste nella società. È una violenza che viene
esercitata sulle donne solo perché sono donne, perché sono considerate dai
loro aggressori prive dei diritti elementari di libertà, rispetto e
capacità di decidere".
Sono le donne più forti e autonome - e lo sono - a fare gli uomini più
aggressivi, uomini che perdono dominio e fanno la guerra? È la relazione
tra gli esseri umani a mostrarsi ammalata, imbastardita, privata di idee
condivise sullo stare al mondo? E come e quanto può una legge intervenire
in questa trama, sciogliere i nodi stretti dalla cultura e dalla storia
che spesso avvinghiano le donne e autorizzano gli uomini a dominare con le
buone o le cattive? La nuova legge sulla violenza sessuale voluta dalla
ministra delle Pari opportunità Barbara Pollastrini, che dalla finanziaria
ha ricavato lo stanziamento per l'osservatorio sul tema, è all'esame della
commissione Giustizia.
Ci vorrà molto più tempo per cambiare le teste, premette Gisbert, ma
aggiunge: "La Spagna oggi è un Paese più civile, perché ha rotto il
silenzio pubblico e ha assunto il punto di vista femminista sull'origine
della violenza. Questa questione è diventata un aspetto della nostra
democrazia. Ne parlano il premier, la vicepremier: l'assunzione politica
di un tema che era dei movimenti delle donne è stata decisiva". Per questo
sono stati creati tribunali ad hoc e strumenti penali come l'aggravante se
l'aggressore è legato alla vittima da un rapporto affettivo e
l'allontanamento immediato da casa.
"Il 60% delle donne uccise in Spagna", prosegue Gisbert, "non aveva mai
denunciato le violenze: nessuno ha potuto aiutarle. La legge si occupa
della formazione di poliziotti, insegnanti, strutture sanitarie, oltre che
di media e pubblicità, ovvero di modelli e stereotipi sui ruoli. Ora
stiamo lavorando a un passaggio decisivo: coinvolgere i medici di
famiglia. Sarà importante anche per le immigrate, la cui difficoltà a
uscire dal silenzio è uno dei nostri problemi più gravi. Imma Tromba e Beatrice Biggio lavorano al centro antiviolenza di Trieste. "Dal pronto soccorso alla magistratura", dicono, "vediamo tutti i giorni l'incapacità e la resistenza culturale a leggere il maltrattamento come un "quadro" e non come un qualunque conflitto tra adulti di pari potere. C'è un aspetto simbolico e concretissimo nello spezzare il silenzio e mettere a disposizione leggi, luoghi, risorse per la vita delle donne: la violenza viene alla luce. In quasi un decennio, i casi del nostro centro sono passati da 20 a 200 l'anno".
Articolo apparso su D di Repubblica 29/11/2007 |