Sessualità
e politica
di Lea Melandri

Cindy Sherman
Quando la politica si trova ad affrontare questioni che riguardano la
sessualità, il punto d'approdo quasi fatale è lo scontro
tra laicismo e religione, come se fosse scontato che tutto ciò
che riguarda i corpi, la nascita, l'amore, la morte, appartiene alla sfera
del "sacro".
Anche la guerra e il terrorismo, per legittimarsi, sembra che non possano
prescindere dall'appello a un qualche Dio. Di fronte all'invadenza crescente
del fondamentalismo religioso, la risposta dei laici è quasi sempre
soltanto quella di arginare, mettere divieti -come nel caso della legge
francese sul velo-, oppure di garantire delle libertà: libertà
di generare usando tutte le possibilità offerte oggi dalla scienza,
libertà di abortire, di contrarre matrimoni tra persone dello stesso
sesso.
Nella polarizzazione tra Stato e Chiesa, si dimentica che la politica,
pur nella sua astrattezza, non è mai stata esente da pregiudizi
sessuali e morali, e nemmeno tanto separata dalla vita e dalle persone
concrete quanto lascerebbe intendere la figura astratta del "cittadino".
Oggi è tutto più "scoperto" che in passato: più
scoperti i corpi, i sentimenti, i gesti dell'amore e dell'odio, le ferite
della povertà, le macerie della guerra.
La storia assiste alla sovraesposizione spettacolare delle sue "viscere"
e ancora una volta, nel silenzio e nell'indifferenza delle sue istituzioni
e dei suoi saperi, sono i "rappresentanti" di Dio in terra a
ricondurle sotto la giurisdizione del Creatore. In mancanza di un'etica
pubblica e di una cultura della vita, una vasta zona di esperienze, tra
le più universali, finisce per restare sospesa, come una invariante
senza tempo, tra "natura" e "sovranatura".
Se a scoprire il vaso di Pandora sono state le esigenze del consumo e
dell'industria dello spettacolo, a rimettere ordine nel "caos sessuale"
interviene, con la voce del Papa o con quella di un fedele suddito come
Buttiglione, una normativa calata dall'alto, necessaria e indiscutibile
come il seme che è chiamato a rendere fertile la terra.
Nel voluminoso Compendio di dottrina sociale, da poco presentato
a Roma, una "fede d'assalto" si dichiara intenzionata non solo
a "raggiungere l'uomo", il singolo, la sua coscienza, ma a "fecondare
la società stessa con il Vangelo". Principio e fine della
legge morale che ogni legislatore è chiamato a rispettare, è
Dio stesso.
Molti tra i cittadini più "illuminati" si sono stupiti
che un parlamentare, chiamato a rivestire un delicatissimo incarico sulla
scena politica europea, si fosse sentito autorizzato a esprimere pubblicamente,
con ingenua arroganza, un'opinione "personale" sulla donna,
la famiglia, l'omosessualità.
E' lontana, evidentemente, la consapevolezza di quanta "storia non
registrata" si sia sepolta via via nella memoria unica e nello stesso
tempo collettiva dei singoli, quanto di un cristianesimo spesso malinteso
si sia andato confondendo col "senso comune", e quanto a lungo
sia destinato a restarci in assenza di un agire politico che lo metta
la centro della propria attenzione.
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