Articolo pubblicato su Delt@ Anno II, n. 15- 16 del 23- 24 gennaio 2004

 

Sguardo critico

Eleonora Cirant


Camille Claudel

 

Sguardo critico: con questo nome un gruppo di donne milanesi ha voluto connotare la propria ricerca nel mondo dei messaggi pubblicitari. L’idea è nata nel corso di una delle tante manifestazioni contro la guerra avvenute nella primavera scorsa: alcune di loro si erano trovate a commentare animatamente un manifesto terribile che giganteggiava allora all’ingresso di Corso Buenos Aires: la pubblicità del giornale Marie Claire; testo del messaggio: Non mi serve la testa, mi basta il cuore. Sono una donna.

La discussione, dominata da un senso di frustrazione per l’uso sempre più avvilente dell’immagine femminile nei messaggi pubblicitari, è stata raccolta da Maria Nadotti, che all’analisi dell’immaginario espresso dalla pubblicità si applica da tempo; insieme ad Anita Sonego, della Libera università delle donne, ha proposto la formazione di un gruppo che stabilmente si occupasse dell’argomento, analizzando le immagini con un duplice scopo: esercitarsi alla critica della pubblicità ed organizzare una resistenza creativa.

La resistenza creativa avrebbe dovuto esplicitarsi in una serie di azioni "invasive" rispetto ai manifesti esposti nelle vie cittadine; l’esercizio critico non avrebbe dovuto essere fine a se stesso, ma produrre entro un certo periodo una raccolta di materiale da esporre al pubblico in occasione di una mostra.

Così è stato, non senza difficoltà, ma anche con molto divertimento.

Un piccolo drappello si è avventurato per le vie cittadine, dando vita ad azioni di manipolazione dei cartelloni ritenuti offensivi; alcune di queste azioni sono state fotografate ed esposte nel corso della mostra/dibattito che si è svolta sabato 17 gennaio nella sede della Libera università delle donne, in Corso di Porta nuova 32, alla quale ciascuna delle partecipanti ha portato un esempio concreto di sguardo critico in azione. Il racconto delle "opere" è stato anche l’occasione per un dibattito sulle forme e i contenuti della pubblicità e i possibili strumenti per reagire ad essi, individualmente e collettivamente.

Due donne hanno esposto una serie di pubblicità proponendo, appesi accanto, mazzetti di fogli in stile libretto assegni nei quali erano rappresentate le stesse pubblicità con il testo originario sostituito da parole che, con ironia e grazia, ne mettevano in luce l’idiozia o lo stereotipo sottostante.

Un’altra ha manipolato graficamente alcune immagini in modo da fare risaltare quanto il genere maschile e femminile fossero ideologicamente connotati (un esempio: famiglia felice a colazione, il papà legge il giornale, la mamma abbraccia e guarda il bambino che a sua volta ha lo sguardo rivolto al giornale; testo: io capisco; l’autrice ha invertito la faccia dell’uomo con quella della donna, mettendo a nudo i ruoli precisi che connotano entrambe le figure).

E ancora: qualcuna ha reinventato la campagna pubblicitaria della Omnitel e della Magnum rendendone esplicita la sostanza con un fotomontaggio di immagini pornografiche impiantate sull’iconografia della pubblicità originaria, proiettate sul muro in loop.

Chi non invecchia è già morta. Più rughe più vita: in un altro fotomontaggio questo testo è stato sovrapposto alla pubblicità di una crema antirughe nella quale la faccia di una donna non più giovane in primo piano vorrebbe rappresentare la percentuale di riduzione delle rughe ottenuta con l’uso della crema stessa.

C’è stata anche chi, di ritorno da un viaggio a Parigi, ha portato documentazione fotografica della forma di protesta di un gruppo attivo nella città, che periodicamente realizza "invasioni" a tappeto, coprendo di contro-messaggi i manifesti di intere vie o stazioni metropolitane.

Una parte consistente dell’incontro è stato dedicato alla visione della carrellata di immagini raccolte e montate da Maria Nadotti; decine di pubblicità divise in categorie appena abbozzate: dalla sezione morte a natura selvaggia, da macelleria (pezzi di corpi) a etnica, passando per la dominatrice e la contorsionista (per citarne solo alcune); una galleria di corpi/manichini eroticamente, seducentemente ammiccanti, culminata nell’esibizione a raffica delle bocche, che Maria ha voluto ritagliare e montare in unica sequenza per rendere tangibile il filo conduttore della comunicazione pubblicitaria nostrana: l’ossessione del sesso profferto.