A Siena, con “Se non ora quando”, 9-10 luglio 2011

Ornella Bolzani

 

Sono tornata da Siena in macchina con Silvia Freschini, una ragazza boyscout di Verona, che tre settimane fa  è riuscita a formare una nutrita associazione di “Se non ora quando” nella sua città e portarla alla chiamata di Siena per il 9 e 10 luglio (e non è l’unico episodio italiano). La sua determinazione a battersi per il raggiungimento di una vera cittadinanza delle donne mi ha reso ulteriormente felice, dopo l’ebbrezza quasi dionisiaca vissuta nella due giorni di Siena.
Due giornate luminose e non solo per il cielo terso e le facciate dei bellissimi palazzi illuminate dal sole, fin troppo caldo per la verità, ma anche per la qualità degli interventi. Ho ascoltato i discorsi tutti appassionati, noti e meno noti, le speranze e le proposte innovative recitati (spesso da vere attrici) con toni e parole potenti, incisive che marchiavano la mia pelle e lasciavano una cicatrice: per ricordarmi  che non potevamo più tornare indietro. Mai più! Il clima era magico, circolava molta energia, ci si sentiva a casa propria: ecco, lì, nel grande prato di S. Agostino, una piazza di  donne, 2000 circa,  120 comitati e molte adesioni di singole donne, ci siamo sentite cittadine a pieno titolo, dentro la Polis, nostra era la città.
L’obiettivo è organizzarci costruendo una rete nazionale autonoma e inclusiva che ci rappresenti tutte e dialoghi con le istituzioni per concretizzare le nostre richieste. Speriamo che le vacanze estive non diluiscano questa determinazione.

E ripenso ad uno dei primi interventi  proprio riguardo al corpo e alla Polis scritto da Francesca Comencini che ha fortemente voluto e organizzato, insieme alla sorella Cristina, l’incontro di Siena, e che ha letto insieme a Fabrizia Giuliani, filosofa del linguaggio. Trascrivo dai miei appunti:
“ Il 13 febbraio è stata una esperienza fisica. L’appello, col suo nesso tra dignità e cittadinanza, già conteneva la centralità del corpo. Dalle varie mail ricevute si evidenziava la presa di coscienza che la dignità offesa non era una questione di morale o di decoro ma fosse il sigillo che sanciva il nostro non essere cittadine di ogni paese. Ma è stato l’impatto fisico a rompere l’argine e i corpi hanno trovato sintonia e assonanza ed è così che i corpi hanno capito che le brutte immagini che disegnavano il centro della città e delimitavano il perimetro delle piazze non ci rappresentavano. Abbiamo capito che sono le immagini di quei corpi che ci allontanano dalla sfera pubblica ed è da qui che bisogna ripartire. Le nostre rivendicazioni economiche, sociali e politiche restano scatola vuota se non sono riempite dalla consapevolezza pratica e simbolica di cui il rifiuto del corpo delle donne è oggetto nella nostra società: esso si arrocca su due punti, maternità e desiderio. E’ il corpo in gravidanza cacciato dalle fabbriche, dalle università, dai call-center, dagli uffici, dalla sfera pubblica. È il corpo nudo, fatto a pezzi nel significare di sé solo la sua disponibilità. E’ un corpo fissato nella sua staticità non attraversato dal tempo e quindi dalla vita. E’ la fissità di quei corpi a segnare l’impossibilità di ogni cambiamento: sociale, economico, politico e simbolico. Le forme della vita che il tempo scandisce sono contraddette da quella fissità dei corpi. Ed è questa fissità a preservare quest’ordine da qualunque cambiamento. Donne chiuse in una corporeità al di qua del linguaggio, quindi ‘naturalmente’ estranee all’esercizio pieno della cittadinanza. Si cerca di oscurare le trasformazioni del tempo che segnano la vita del corpo, col succedersi delle sue età. Il tempo inscritto nel corpo è il segno della sua vita e della sua libertà”

Ho voluto condividere questo discorso così bello e così vero quasi integralmente, anche per vanificare la tentazione, che spesso ci sfiora, di imbalsamarci in un non tempo e in un non luogo.
Questo dà anche la misura di quanto sia importante, oltre che in rete, incontrarci anche fisicamente. Solo i corpi in relazione possono svelare la realtà del mondo.

Sulla rappresentazione delle donne nei media, sulla loro rappresentazione di corpi desiderati e che ha spinto molte donne ad approfittarne per uno scambio sessuo-economico, visto che il titolo di studio non garantisce la sopravvivenza, se n’è parlato abbastanza.
Sabina Castelfranco dice che nella stampa estera non esiste nei giornali stranieri, come anche in Grecia e Spagna una simile rappresentazione delle donne,  in cui il corpo della donna nuda conta più di un buon curriculum. Ci vorrebbe una rivoluzione culturale, dice Sabina, e dopo il 13 febbraio ci siamo già messe sulla buona strada.
Ylenia De Bernardi  irrompe sul palco con un grido: come ci vediamo noi giovani che siamo bombardate da queste immagini nei media? Vogliamo ricostruire un nuovo immaginario, ricostruendo parole nuove, pratiche nuove e ripartire tutte assieme.

Seguono i moltissimi interventi, forse s’è sfiorata la soglia di 150. Le relazioni sono condotte a quattro mani per sottolineare il riconoscimento reciproco, il rispecchiamento che è alla base delle relazioni tra donne e hanno la durata tassativa di tre minuti.
Dietro il palco vengono proiettati i video  del 13 febbraio, in basso a destra lo striscione delle Ragazze del Rubi(y)cone, il sottofondo è quello di Patti Smith, in prima fila le donne del Comitato Di Siena che ha organizzato e accanto le politiche, Buongiorno (class action delle donne), Perina, (essere trasversali), e poi Turco, Concia, Bindi e Pollastrini. Applausi non viscerali e anche qualche critica. Applaudita pure la Camusso anche se la sua scelta di condividere il contratto nazionale con Uil e Cisl, non è stato da tutte digerito. Anzi, una neonata “snoq” della Calabria, che ha ottenuto il punto più alto del referendum sul legittimo impedimento, parla di tradimento.
È stata una maratona incredibile, ma senza pesantezza, fluida, gioiosa , condotta in modo intelligente dalle promotrici e il pubblico era attentissimo, (c’era anche qualche uomo) condivideva per la maggior parte e applaudiva. Tutti in piedi con una grande ovazione quando,  il 10 mattina, è apparsa Lidia Menapace dentro un’aurea di intelligenza, sapienza ed umanità.

 

Dal 13 febbraio è partita una grande sfida

Francesca Izzo apre la rassegna degli interventi. Ribadisce il successo del 13 febbraio, tutte insieme senza simboli e bandiere, la maggior parte senza aver mai partecipato prima ad alcuna manifestazione. “Siamo uscite dall’isolamento, dall’impotenza della sola denuncia, è fondamentale il segno impresso dalle donne che annuncia la nascita di un sommovimento nel profondo della società. E’ un movimento politico che valica molte frontiere, da quelle partitiche-ideologiche a quelle delle associazioni femministe ed esprime un forte desidero di stare insieme, vivere la frammentazione che ci penalizza tutte. E’ questo desiderio di stare insieme che annuncia un cambiamento radicale profondo. Si è già verificato l’impossibile nelle elezioni amministrative, nei referendum. Certo nei consigli comunali non ci sono ancora donne presenti al 50% e questo anche perché c’è una diffidenza antica che bisogna superare: le donne non votano le donne e sarebbe ora di pensare in grande”. Vorrei anche ricordare ricordare come l’ideologia individualistica si sia impadronita di noi per decenni facendoci credere che ogni forma di organizzazione collettiva sarebbe nemica delle eccellenze e fonte di debolezza e abbia pure provocato la dispersione di una delle acquisizioni più importanti della cultura delle donne cioè l’idea che uguaglianza e differenza vanno assieme. La differenza non è un dato biologico né solo storico, ma una delle manifestazioni interne alla società capace di esprimere tutto il suo genere.  Vogliamo costruire una società a misura di uomini e di donne. A Siena si parlerà  delle donne italiane perché i nostri problemi riflettono un mondo bloccato una società senza desideri e il13 febbraio abbiamo espresso una energia straordinaria aiutando l’Italia ad uscire dal tunnel della depressione. Tiriamo fuori tutta l’energia necessaria perché le donne possano arrivare a governare l’Italia”.
 Molti gli interventi su questa lunghezza d’onda (grazie al cielo). Noi donne ora non vogliamo più abbandonare la determinazione ad esserci, almeno mi sembrava questo che aleggiasse su tutte, a partire dalla eterogeneità e diversità che esprimiamo ovunque.

Linda Sabbadini, direttrice generale dell’Istat, sciorina tutti i dati che mostrano la discriminazione delle donne sul lavoro di produzione soprattutto precario, che conosciamo già bene dai giornali e,  cosa interessante, a proposito di part-time come imposizione o scelta spiega che il part-time non scelto in Italia è cresciuto il doppio rispetto agli altri paesi europei. Se non sbaglio questo significa che viene utilizzato a profitto delle imprese anche se molte lo considerano una buona occasione  (secondo me a torto) per conciliare casa e lavoro, come suggerisce buona parte del femminismo.

Non un partito ma un movimento protagonista nello spazio pubblico, quindi politico
Fa da protagonista la determinazione delle donne ad entrare nella Polis, governarla, non stare fuori come antipolitica. Comune è la consapevolezza che la politica siano i cittadini, cioè noi. Nessun desiderio di sostituzione ai partiti ma la pretesa che la politica ufficiale, i partiti valutino le proposte che vengono dal basso e verifichino le loro: si vuole  solo che i partiti tornino a fare politica sui bisogni delle persone e  sullo stato del Paese. Si prendano tutti  la responsabilità di fare politica, ciascuno per la propria parte. (Anche le donne del Pd esprimevano, a parole, questa intenzione).
Il movimento ha espresso la realtà di tutte le donne sul territorio che fino ad oggi non hanno fatto massa critica perché non in comunicazione quindi senza consapevolezza, coscienza collettiva, come dice Maria Serena Sapegno, di cui trascrivo per esteso l’intervento  - “E’ stato fatto un passo politico molto importante che manifesta la grande ricchezza e varietà del movimento che ci caratterizza in realtà da tempo.Una ricchezza e una forza sia come singole che come associazioni che esprime differenze antiche e lontane ma anche nuovissime per le giovani e le aggregazioni recenti che fanno domande nuove.
Esiste una difficoltà oggettiva crescente di pesare nello spazio pubblico. E’ importante sapere questo se si vuole partire, prendere atto delle realtà di tutte le donne sul territorio che fino ad oggi non hanno fatto massa critica perchè non si sono comunicate, impedendo soprattutto consapevolezza, coscienza collettiva.
La SFIDA ora  è rilanciare un grande movimento delle donne il più possibile organizzato, inaugurare un processo di tessitura, metterci insieme valorizzando ciò che le donne sanno fare meglio, partire da nodi concreti (es: nesso tra corpo, maternità, rappresentazione delle donne).
Così si riuscirà a relazionarci  a costruire delle specificità nei vari territori e collegarci per stare insieme.  E sconfiggere tutto quello che ci ha messe le une contro le altre.
Importante l’incontro delle donne fisicamente coi loro pensieri renderà possibile costruire reti territoriali, proprio sulle affinità per rendere possibile  una circolarità d’informazione tra le reti territoriali e il comitato nazionale e poi dialogare anche coi partiti e le istituzioni”.
N.B.: Le richieste delle donne, le loro domande, solo sulla scena pubblica diventano politiche.

Valorizzazione delle differenze  e trasversalità  La portavoce del “Punto G” di Genova  non vuole appiattire la differenza per cui si è lottato tanto (tra cui destra e sinistra). “Sono fiera di fronte alla trasversalità ma può essere anche pericolosa. Non perché i diritti non siano condivisibili ma perché queste differenze sono rilevanti sia sul piano sociale che politico. Poi credo che sia importante dire che non è sufficiente avere una vagina per essere elette”.
Anche Lidia Menapace invita, dopo aver riconosciuta che la democrazia è trasversale,  ad attraversare criticamente la trasversalità. E io vi  invito a leggere il suo intervento. Altre, come Pia Locatelli di Torino sostengono decise che per essere efficaci dobbiamo essere unite e strategiche che dobbiamo includere le donne di destra nella chiarezza perché penso che condividano con noi i a separazione tra pubblico e privato, lavoro di produzione e riproduzione ecc.

Tento un  riassunto delle due  giornate perché si fa lunga:  gli interventi sono ruotati prevalentemente attorno ai temi della politica e del potere, e di questo mi rallegro molto, di rappresentanza politica e di dialogo tra dentro e fuori i partiti e le istituzioni se n’è parlato soprattutto negli ultimi interventi che ho annotato e che trascrivo in un allegato a parte. E poi attorno ai temi della precarietà, del lavoro, della conoscenza, della cultura, della ricerca. Delle discriminazioni. Di pubblicità sessista. E poi di inclusione, di superamento delle differenze non per annullarle ma per farne fonte di migliore  radicamento nel territorio e quindi avere più forza nell’unità nazionale per il raggiungimento degli obiettivi comuni.
C’è una forte domanda partecipativa e l’esigenza di un tavolo strutturato tra esperienze di governo e del movimento,  come si è inaugurato a Milano. Le proposte sono tante e determinate a sviluppare strategie orientate a concretizzarsi.
Le donne non vogliono essere costrette a scegliere tra maternità e lavoro.

S’è parlato molto dell’Italia Welfare che dà per scontato il compito delle donne di supplire ai tagli sui servizi sociali, gratis perché fa parte del lavoro di riproduzione e sottopagato quando diventa l’unica possibilità di sussistenza per le migranti, che, tra le donne, sono le più discriminate.
S’ è discusso di linguaggio, dello slittamento del senso delle parole anzi del loro stupro che hanno potenziato la perdita di dignità per cui bisogna ripartire anche dalle parole e dalla conoscenza. “oltre ad essere critiche possiamo essere trasformative” raccomanda  la filosofa di Verona Olivia “I nostri esperimenti non saranno solo critici ma creativi. Il nesso sapere-potere è cruciale per un agire politico:dobbiamo agire sulle parole stuprate,. Soprattutto noi che lavoriamo dentro le Istituzioni dentro l’Università”
E le tecnologie? Per Giorgia e la sua amica“ grazie al web le voci si incrociano, esso è uno strumento politico Grazie anche a Facebook il personale, soprattutto per i giovani, è già politico”.
Si è parlato anche di  violenza e la richiesta  agli insegnanti di impegnarsi ad informare i giovani che la sessualità non è violenza (dopo le ripetute pratiche di  violenza di alcune bande giovanili).
Non ho registrato conflitti intergenerazionali ma il desiderio di uno scambio di saperi ed esperienze.
Si è più volte ricordato quanto sia stato sempre vitale, benché oscurato dai media, il pensiero e la pratica delle donne, un fiume che non ha mai smesso di scorrere anche in superficie. Ed è a questo che si devono le conquiste e i diritti ottenuti dalle donne e che già esistono leggi a loro sostegno, anche se disattese dalle amministrazioni. Si sottolinea questo affinché le nuove generazioni non partano sempre da zero.

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elenco le proposte che ho annotato:
a) cambiamento della legge elettorale    - Da Oristano ci ricordano che abbiamo già due strumenti per far sì che l’Italia  sia democratica e costituzionale: a) la scheda referendaria e b) il voto. Siamo pronte a marzo a votare una donna? Dopo 60 anni di partitocrazia siamo arrivati alla s/partitocrazia. Bisogna cambiare e solo una donna può fare questo.
Per il Comitato del Friuli il primo obiettivo è” modificare la legge elettorale, poi bisogna affrontare il dibattito sulle quote rosa, il congedo parentale, la difesa della Costituzione ecc. L’autonomia delle donne è il frutto delle donne che ci hanno preceduto, dobbiamo mantenere storia e memoria”.

Molte, tra cui una ricercatrice economica di Messina, buttano lì quattro proposte concrete:
b) assegno maternità per tutte le donne madri o non madri,
c) tirare fuori il tesoretto di 4 miliardi accumulato con l’innalzamento delle pensioni delle donne,
d) norme contro le dimissioni in bianco,
e) congedo di paternità per gli uomini
A Serena  Sorrentino, Cgil, piace che “dal nesso cittadinanza-dignità-lavoro  si sia passati al nesso corpo-maternità-lavoro. E’ giunta l’ora anche del passaggio d’attenzione dalla conciliazione alla condivisione di casa e lavoro”

Bene, sono contenta che sia stato detto chiaramente. Una condivisione di responsabilità porterebbe benefici a  donne e uomini, ad esempio le prime misurerebbero nuovi spazi di libertà e creatività, i secondi sarebbero alleggeriti dall’angoscia di dovere  portare i soldi a casa di identificarsi col lavoro, la cui mancanza, ha spinto alcuni a gesti estremi. Per arrivare a questa condivisione  però credo sia necessario un gran lavoro di definizione della maternità, vissuta come ‘pulsione naturale’ estensibile a tutte le attività di cura, sia dagli  gli uomini che dalle donne, per cui i primi ne giustificano il rapporto di subordinazione in casa ma anche sul lavoro fuori, il cui stipendio è di serie b, e trovano ancora”naturale”, come è successo nella fabbrica di Inzago, di licenziare loro per fronteggiare la crisi.  Credo che sia questa ‘pulsione naturale’, che disorienta le donne, e nonostante prese di coscienza avanzata, difendono le qualità femminili dell’accoglienza, della cura anche quando sono sfruttate e mortificate (che non è certo naturale). Faticano a collocarsi, con la maternità,  nel conflitto tra natura e cultura. Ogni volta che sento parlare di desiderio ormai non mi interrogo più sulla  sua radice, sento solo l’importanza della sua forza vitale come una chiamata, che mi va di scambiarla, regolamentandola, nel flusso delle mie relazioni sociali (perché è qui che è cresciuto), in base ai valori in cui credo, e accettandone i rischi. Non ho le idee chiare sulla maternità, ma ne ho ora accennato perché sento in giro molte donne, soprattutto giovani, desiderose di ‘cercare’ le donne, sé stesse, in mezzo a tutta la varietà di modelli di cui sono bombardate.

f) leggi contro la puabblicità sessista - Sono molto arrabbiate le donne  e  le “Donne in Quota” di Milano insieme a “ABCD” e CGIL l’hanno già proposta. E fare operazioni di contrasto alla rappresentazione delle donne, oltre al
g) boicottaggio di prodotti che sfruttano questo immaginario, anche
h) l’istituzione di una ‘Banca delle Competenze’
i) Lotta per il 50 e 50 -  Per Simona Lembi Presidente del Consiglio Comunale di Bologna ci vogliono strumenti per costruire ponti con le donne delle istituzioni e alcuni ci sono già ma sono datati e vanno ripensati. Basta votarli senza passare per iter burocratici. All’inizio si danno liste ai Sindaci per le nomine dentro i poteri veri: Consigli di amministrazione, Fondazioni ecc.
Poi fare una Banca, una
l) rete di Amministratrici per il Benessere (raccolta dati di buone esperienze delle amministratrici locali), che difendano la città contro le logiche ai tagli lineari ai servizi pubblici. Ma anche
m) boicottaggio, come stanno facendo le operaie della Omsa contro il marchio della Omsa e della Golden Lady
Una proposta che suona come una parola d’ordine è :
n) “nessuna paura del potere e conquistare i centri decisionali”, magari con le o) quote rosse invece che rosa, per acquistare più autorevolezza e
p) “progettare una diversa storia culturale nel nostro Paese” ma anche
q) guerra agli stereotipi che ci imprigionano in gabbie costruite dagli uomini per rappresentare i loro modelli preferiti travestiti di ‘naturalità’ e riassumibili  in quello materno ed erotico.
 
Gli interventi si sono susseguiti non stop, alternati da video bellissimi. Ad esempio il racconto di una giovane cui era stato consigliato di non far riconoscere dal padre il figlioletto per non perdere il posto all’asilo. Un’attrice precaria e una ricercatrice precaria di Taranto mettono in scena la realtà delle giovani nel mondo del lavoro. “E’ venuto il tempo che il mondo prenda a prestito gli occhi delle donne per cambiare il suo sguardo”.
Pia Covre e altre che professano la prostituzione difendono dignità e diritti sul lavoro e chiedono solidarietà perché sono attaccate in quanto donne
Non manca Concia e Lazzaro con  le loro denunce contro l’omofobia sempre dilagante.
Per ultimo cito, perché troppo divertente l’ Associazione di “Donne che si sono stese sui libri e non sui letti dei potenti”,  che non si  sentono rappresentate da nessuna parte.

Concludo. Per me il contributo è stato superiore alle mie aspettative. Certo non si potevano fare a Siena lezioni su questo modo di produzione capitalistico dissennato, che chiede alle donne di sacrificare diritti e conquiste nei tempi bui. Anche il conflitto, pur prezioso, perché aiuta ad individuare ciò che ci accomuna, gli obiettivi comuni oltre le visioni differenti, era in subordine ma ritengo che un movimento come questo, con tante donne che hanno per la prima volta scoperto l’importanza e la felicità di essere dentro uno spazio pubblico, dentro una collettività, ormai politica, che esprime i desideri di ognuna, abbia già espresso qualcosa di straordinario.

Per approfondire un report più ampio in pdf

 

21-07-2011

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