da
Liberazione del 10 Dicembre 2004 Il
femminismo è ancora in silenzio
Anche in passato il movimento delle donne ha avuto anime diverse, ma erano, per così dire, passionalmente in contrasto, spinte a incontrarsi dal bisogno di trovare un "punto di vista", un'angolatura da cui analizzare il rapporto tra i sessi, e produrre effettivi cambiamenti al riguardo. Rileggendo il libro appena ristampato, Dal movimento femminista al femminismo diffuso. Storie e percorsi a Milano dagli anni '60 agli anni '80 (a cura di Annarita Calabrò e Laura Grasso, edito dalla Fondazione Badaracco e da Franco Angeli), appare chiaro che la differenziazione ricalcava allora i poli opposti e complementari di una dialettica nota: sfera personale e sfera sociale, sessualità e politica, psicanalisi e marxismo. A tenere
insieme le donne in convegni nazionali affollatissimi si può pensare
che fosse il bisogno di interezza: non si poteva dividere il corpo dal
pensiero, il privato dal pubblico, l'amore dal lavoro, la famiglia dallo
Stato, il conflitto tra i sessi dal conflitto di classe, e così
via. Ci si muoveva, in altre parole, dentro una complementarietà
rivisitata criticamente, che rendeva necessarie le une alle altre. C'era
un corpo a corpo fatto di frequentazioni quotidiane, di scontri violentissimi,
di prese di posizione diversificate, di avvicinamenti e allontanamenti.
Tutto fuorché l'indifferenza. La possibilità di contrastarsi,
non era solo tollerata, ma ritenuta indispensabile per intaccare ragioni
inconsapevoli di consenso, adattamento a modelli imposti e interiorizzati
come propri. La mia impressione è che, nonostante si continui a scrivere, parlare e incontrarsi, ci sia comunque un grande silenzio: per tutto ciò che delle vite, dei rapporti con l'uomo e con le altre donne, non si riesce più a nominare, per paura di ulteriori divisioni, o per paura di perdere anche le persone più vicine. Per un movimento che è partito dalle problematiche del corpo e della sessualità, non riuscire a parlare dell'invecchiamento, della malattia, della morte, dei problemi legati alla cura (di un figlio, un marito, un genitore anziano), del rapporto con le donne straniere che vivono nelle nostre case, è senza dubbio una resa, una sconfitta. Lo stesso si può dire della difficoltà a esprimersi su un fenomeno drammatico e vistoso come la riduzione delle persone a nuda corporeità ( i corpi devastati dalla fame, dalla guerra, dalle malattie, dalle migrazioni), a pornografia, a sommatoria di organi. Il fatto che ci siano tanti temi, tante problematiche di ordine privato e pubblico all'attenzione del femminismo oggi, non significa maggiori capacità modificative di se stesse e dell'esistente. Invece di uno slogan ormai svuotato di contenuti, come il "partire da sé", dovremmo forse provare a chiederci se e quali cambiamenti produce la relazione con le altre donne (divenuta più solida, più continuativa, direi quasi "istituzionalizzata"), se ci sono ancora interrogativi, desideri di conoscenza e di cambiamento legati alle nostre vite, che lì, nella riflessione collettiva, possono trovare risposte, se il separatismo è diventato solo una rassicurazione -di appartenenza, identità, storia comune-, o se è ancora il luogo di modificazioni effettive, riguardo al modo di pensarsi, sentirsi e agire nel mondo. Una delle novità più interessanti dei Seminari sull'eredità del femminismo, che si sono tenuti in questi ultimi anni tra Milano e Roma, è stata la presenza attiva di generazioni diverse, che ha permesso di confrontare esperienze, ma anche di capire che cosa è passato di quell'intreccio originale di teoria e pratica che ha caratterizzato il movimento delle donne ai suoi inizi. Un tema ricorrente, proposto dalle più giovani è stato il rapporto tra femminismo e femminile. Il riferimento era in particolare ai modelli di femminilità che compaiono nella pubblicità, nei media, nei consumi, ma lo si potrebbe estendere a quella parte di esperienza personale che, per la generazione degli anni '70, è tornata ad essere un "privato" indicibile e che, per le più giovani, non è mai stata al centro di una pratica politica.
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