"SOCIALITA': AMICIZIE E LUOGHI D'ASSOCIAZIONE"
INCONTRO DEL 24 FEBBRAIO

Paola Gandolfi
Dalle nostre indagini risulta che gli/le amici/che generalmente sono le
persone che per prime ricevono la "confessione" della nostra
omosessualità. (Raramente lo sono i famigliari e neppure è
detto che lo sia la prima donna di cui ci si innamora.)
Non è una confidenza qualsiasi, di fatto dichiarando di innamorarci
di persone del nostro stesso sesso andiamo ad affermare "guarda che
io ho scoperto di essere una persona diversa."
Gli amici con cui ci confidiamo di solito sono delle persone molto aperte,
con le quali noi sentiamo di condividere una certa visione del mondo e
diamo quindi per scontato e ovvio che ci accettino.
Ma quanto in realtà? Il problema nasce quando andiamo a scavare
più in profondità, il fatto è che tutti noi comunque
siamo immersi in un mondo che da per scontata l'eterosessualità,
tutto è costruito assolutamente solo su questa: film, letteratura,
immaginario ecc
con un grande silenzio intorno all'omosessualità
che inizia ad essere incrinato solo ora, in questi ultimi anni.
Ed ecco che con i nostri amici ci imbattiamo spesso con quella che è
la rimozione o banalizzazione del problema.
"Dov'è il problema?" "Che problema c'è ad
essere lesbica?"
(Immaginatevi di essere in USA e dire ad un nero: "che problema c'è
ad essere di colore ! )
Non solo c'è una negazione della specificità di una persona
ma è anche come se ci fosse una lente appannata che impedisca di
vedere tutte le "micro" rimozioni e aggressioni che le lesbiche
subiscono.
Da parte nostra c'è anche una certa difficoltà a tematizzare
certi aspetti.
Parliamo facilmente delle nostre vicende amorose, della nostra donna,
delle nostre pene d'amore, ma di quanto sia invece "scomodo"
per noi essere lesbiche in questo tipo di società,difficilmente
ne parliamo.
E se ne parliamo allora
-"A
volte faccio fatica a parlare del mio essere lesbica perché tendo
a cadere in due modi opposti di pormi: da un lato il parlare di tutte
le difficoltà che ciò comporta ( accettazione, discriminazione,
ecc...) con il conseguente carico di sofferenza e dall'altra l'orgoglio
di essere quella che sono.
A volte prevale la paranoia della serie il mondo ce l'ha con me , a volte
l'orgoglio da rivendicare e in entrambi i casi penso che dopo un po' non
ne possono più sia dell'una che dell'altra cosa."
-"Mi
sembra di essere ossessiva nel sottolineare questo aspetto della mia vita.
Una smania di riconoscimento."
-"Per
quanto mi riguarda mi è difficile "prescindere" dall'essere
lesbica perché non è che io mi sveglio al mattino e mi dico
"AH sono lesbica!" Paradossalmente non è lo svegliarmi
con accanto una donna che me lo fa pensare, me lo fa pensare tutto ciò
che mi ritorna dagli altri.
Il dichiararsi lesbica non è la mia ossessione, io sono ossessionata
dalle domande ( sei fidanzata? hai il ragazzo?) che danno per scontato
che io sia etero e che quindi voglia un marito e dei figli, e che mi impongono
una scelta: svelarmi o no . E il non dire comporta di base una menzogna,
l'essere presa per qualcun d'altro."
Ma le/ gli etero incontrano delle difficoltà nell'essere nostre/i
amiche/i?
Anche il filone di noi che vuole essere il più "normale"
possibile è comunque di fatto con la sua
sola esistenza portatore di diversità. E quale è il messaggio
che tutte le diversità portano?
Fanno interrogare ovviamente su quelle che sono "le categorie date
entro cui ci muoviamo", ed è proprio andando a vedere ed approfondire
i momenti di disagio che se ne può prendere coscienza e mettere
in discussione.
-"Avendo amiche omosessuali mi è capitato di trovarmi , unica
etero, in un locale di sole lesbiche.
Non che ci fosse un atteggiamento negativo nei miei confronti, ma per
tutto un insieme di piccole cose non mi sentivo a mio agio, mi sentivo
fuori luogo, esclusa, colpevolizzata."
Di fatto
l'essersi trovata in un luogo in cui vi è un capovolgimento di
ottica, dove cioè è l'omosessualità onnipotente e
presupposta, ha fatto si che sperimentasse sulla sua pelle quello che
noi più o meno sperimentiamo sempre, di essere minoranza.
Ma è anche nel comunicare ad altri la propria amicizia con una
lesbica che i nostri amici apprendono i "disagi" di vivere in
una società ancora così discriminante.
-"Una
volta mi è capitato di dire ad un uomo, che reputavo colto e intelligente,
di essere amica di una lesbica. Mi sono sentita dire "Ma la tua amichetta
ti ha fatto il servizietto?"
Non è stata solo la volgarità a colpirmi, ma il capire come
facilmente certe persone possano sminuire un sentimento, ridurre una persona
solo a quello."
-" Sono
amica di una coppia lesbica e ho problemi a parlarne, non perché
siano mie amiche, ma per riservatezza, perché ho paura di toccare
una loro sfera privata, di violare la loro privacy.
Vivendo in un paese di provincia so che mi chiederebbero subito i nomi
o cercherebbero di intuirli e non vorrei che col saperlo gli altri cambiassero
opinione su di loro."
-"Sono
amica di una lesbica." "Ah
." E quel ah in sospeso
era come se io in qualche modo dovessi dare altre spiegazioni, e un conto
è se chi hai di fronte è una persona sensibile e con una
certa visione del mondo con cui puoi parlare ed approfondire, ma se non
è così ho paura o che si faccia fantasie non gestibili o
che banalizzi o volgarizzi il tutto."
Con le amiche
etero vi è inoltre la difficoltà di possibili fraintendimenti
ed ambiguità:
-"Quando
l'ho saputo mi sono chiesta se mi avrebbe fatto il filo e come avrei reagito
e anche come dovevo comportarmi per restare sul piano dell'amicizia."
-"Io
non pensavo che avesse interesse per me, come ho fatto a non capire! Mi
è rimasto il dubbio che è difficile definire un confie fra
amore e amicizia tra due donne. Da parte mia vivevo quel rapporto come
amicizia pura, invece per lei aveva assunto un aspetto differente che
l'ha spinta a rompere i rapporti con me. Ne ho molto sofferto e mi sono
sentita tradita."
La cosa che
viene da dire è che si "gioca senza rete" non ci sono
tutte quelle barriere e/o quei codici a cui noi siamo così abituati.
Non essendoci tutti i soliti "presupposti", ci si sente spiazzate.
La cosa più interessante è proprio questo mettere in discussione
le regole.
Attraverso noi, che siamo lo scarto dalla regola, si può vedere
quanto assurde siano le regole.
Questo ci mette in una condizione di non dare più niente per "presupposto".
Ci fa riflettere che non esiste nulla di scontato e che gli schemi di
comportamento sono da ridefinire per tutti.
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